Arriva la sentenza per gli incubi del 1944

Domani a Verona nove anziani superstiti della divisione Goering rischiano l’ergastolo per le stragi del Falterona Monte Morello e Mommio
Furono promossi e decorati per quelle azioni criminali costate oltre trecento vittime

Domani a Verona nove anziani superstiti della divisione Goering rischiano l’ergastolo per le stragi del Falterona Monte Morello e Mommio
Furono promossi e decorati per quelle azioni criminali costate oltre trecento vittime


DOMANI sarà una giornata importante. Il Tribunale militare di Verona, seconda sezione, emetterà la sentenza su alcune stragi compiute dalla Wehrmacht nella primavera del 1944 in Toscana ed Emilia. In ordine cronologico: 18 marzo ‘44, Monchio di Montefiorino (Modena), 136 morti; 20 marzo, Montefiorino di Reggio Emilia, 24 morti; 10 aprile, Monte Morello, Sesto Fiorentino, 20 morti; 13-18 aprile, varie località sul Monte Falterona: Castagno d´Andrea, Stia, Vallucciole, Pratovecchio, Bibbiena, Serelli, oltre 200 morti; 4-5 maggio, Mommio (Massa e Carrara), 28 morti.
Un grosso processo: dieci anni di indagini, 51 udienze. Alla sbarra, purtroppo solo simbolicamente, i sopravvissuti del Reparto esplorante e della decima e diciassettesima batteria contraerea della divisione “Hermann Goering”. La contraerea, sì, perché questi soldati, truppe di élite, fra le migliori apparse sulla scena della Guerra, giravano per le montagne a sparare con i cannoni su case di contadini e pastori, sbalorditi di trovarsi al centro di tanto spiegamento militare, “mansueti come agnelli” li descrive un teste, mentre si mettono in fila per farsi ammazzare.
La loro colpa? Nessuna: non c´erano apprezzabili contiguità con l´attività partigiana. Niente se non trovarsi sulla strada di una macchina disumana il cui compito era solo intimidatorio: seminare il terrore a futura memoria, mentre altrove la guerra partigiana si irrobustiva per davvero e nei piani di Kesselring c´era il completamento della Linea Gotica a cui questi paesi avevano la sfortuna di trovarsi troppo vicini. “Feci un sopralluogo a Castagno, non c´erano partigiani, ma il paese mi parve ideale per ospitarli” spiega un teste giustificando la distruzione, le violenze, i 13 morti della frazione di San Godenzo.
E´ anche un processo diverso, questo, dagli altri nati dall´”Armadio della vergogna”. Perché stavolta il grosso del materiale arriva dalla Germania, come spiega l´avvocato Andrea Speranzoni, 40 anni, da Bologna, specialista di crimini di guerra. Dal 2002 infatti si occupa del processo per Marzabotto, ottiene 9 ergastoli, prosegue con la strage di Casalecchio anche questa conclusa con un accertamento di responsabilità. Assume centinaia di parti civili, stavolta ne ha 93, lavora spesso gratis. Non è l´unico legale naturalmente in questo processo, per i fatti di Vallucciole le parti civili sono affidate a Eraldo Stefani, mentre per Monte Morello chi difende il Comune di Sesto Fiorentino è Franco Zucchermaglio. La stessa Regione Toscana è parte civile e per la prima volta intende rivalersi anche contro la Repubblica Federale Tedesca.
«Tutto nasce dall´Armadio della vergogna – racconta Speranzoni – un fascicoletto che finisce a Spezia nel 1996. La lenta istruttoria accelera improvvisamente fra 2002 e 2005 perché beneficia di un´altra inchiesta nata a Dortmund sulla base del sequestro del diario di guerra dell´ex ufficiale Wolfgang Bach. Il nodo si stringe. Le autorità tedesche fanno centinaia di intercettazione telefoniche e nel 2003 tutto viene inviato a Spezia. Il pm Marco De Paolis prima, Luca Sergio e Bruno Bruni poi, ascoltano circa 200 testimoni italiani e 140 tedeschi. Alla fine il quadro è chiaro. Oggi ci aspettiamo nove ergastoli per i massacri del Falterona, quattro per Monte Morello».
Tuffarsi sia pure in una piccola parte delle carte processuali limitandosi alla zona del Falterona è un´esperienza di memoria concreta. Molti fiorentini sono venuti a contatto nella loro vita con i racconti di queste stragi. Fantasmi terribili, tramandati a voce di padre in figlio, solo da pochi anni oggetto di una seria indagine storica. “Prima” c´era un´aura di fiaba, orrenda e inspiegabile, qualcosa di vago per cui sarebbe stato impensabile chiedere giustizia.
Ecco invece la novità di oggi. Quei fatti hanno un´ora e una dinamica, si conoscono gli armamenti e i mezzi di trasporto, si sanno, finalmente, i nomi e le diverse responsabilità. Ed è questo che conta, qualunque sia la sentenza di oggi. I nomi di coloro che inseguivano la gente di Vallucciole per i prati tirando come alla selvaggina; che ammazzarono Viviano Gambineri, 3 mesi, sbattendolo contro il muro a Casa Trenti di Stia; che non trovando partigiani da fucilare si accontentarono di 15 civili messi in fila lungo il muro del cimitero di Stia, fra loro il fratello di Luciano Lama, Lelio; che entrando all´alba a Castagno sparavano alle finestre delle case che via via si illuminavano senza nemmeno scendere dai blindati.
Facciamoli dunque un po´ di nomi, vivi e morti, tutti insieme. Comandava il colonnello George-Henning von Heydebreck, rampollo di una delle più nobili famiglie tedesche; c´era Hermann von Poschinger che guidò l´azione di Castagno; il capitano Kurt Cristian von Loeben; Hans Georg Winkler, diventato poi primario medico e descritto come uomo “tanto simpatico”. C´era Fritz Olberg, la spia smascherata dai partigiani; l´onnipresente Ferdinand Osterhaus, fervente nazionalsocialista, che oggi sorride con scherno davanti agli inquirenti: è lui il boia di Vallucciole. Helmut Odenwald, comandante della contraerea, che sparava a portoni e campanili. C´era il caporale Alfred Luhmann, un inquietante forestale che teneva la contabilità dei massacri su un diario poi diventato la più importante prova del processo. Un certo Thies, responsabile di una violenza sessuale che gli valse la Disciplinare. E poi Stark, Koeppe, Mess, Wilke, Haussman, Ellwanger, Rossmann, Mai, Heimann, Muller, Wasche, Klimpel e tanti altri, un centinaio di assassini per ciascuna compagnia. Il 20 aprile ‘44 rientrati a Bologna dal Falterona furono promossi e decorati. Hanno poi avuto vite lunghe, indisturbate, membri di associazioni di ex combattenti, fieri e omertosi, molti hanno fatto carriera. Uno, Hilmar Lotz, dello Stato Maggiore della Goering, divenne relatore al ministero degli Interni e a quello dell´Economia e nel 1963 fu insignito della Gran croce al merito della Repubblica Federale.
Oggi ne restano in vita nove. E sono questi coloro sui quali si pronuncerà oggi la giustizia: Osterhaus, Luhmann, Stark, Olberg, Winkler, Odenwald, Wilke, Koeppe e Mess.
«Dalle intercettazioni risulta evidente che il legame fra ex commilitoni è ancora fortissimo dopo oltre 60 anni. E che l´intento di tutti, nessuno escluso, è di tacere, fingere di aver dimenticato, comunque mai fare i nomi di altri camerati. Pentimento? No, direi che nelle carte non se ne trova traccia. Anche se alcune deposizioni sono state decisive per l´istruttoria». Già, però nella memoria restano soprattutto quelle frasi sprezzanti che i vecchietti si scambiano al telefono, uno che si riferisce ai fatti del Falterona come “una gita in montagna”, un altro che spiega “ci davamo dentro, avevamo i nervi a fior di pelle”, quello che s´inventa che “gli italiani erano più feroci e armati e ci attaccavano alle spalle”.
Poi, in giornate come questa, c´è da chiedersi a cosa serve, materialmente, perseguire dei novantenni che non potranno più scontare le giuste pene per i loro crimini. «Il senso di questi processi – spiega Speranzoni – più banalmente è che riguardano reati imprescrittibili; ma il significato più profondo è l´accertamento della verità: se si arriva a un processo penale non è più uno storico o un politico a dire certe cose, ma un´istituzione dello Stato. Infine, è importante dare voce ai familiari delle vittime che fino ad oggi sono rimaste nell´oblio. E poi non è vero che non c´è modo di mandarli in carcere. E´ in carcere Josef Sheungraber, responsabile della strage di Falzano di Cortona, detenuto in Germania. Per quanto riguarda le sentenze di Marzabotto ci troviamo invece in una strana impasse. È stata chiesta l´estradizione, o in alternativa l´esecuzione in Germania e qui non si sa se il ministero italiano non ha inoltrato la richiesta, o se è il ministero tedesco che non l´ha ricevuta».

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“Non trovammo partigiani quindi cinque volontari fucilarono dei civili”

Portarono via la mamma e tutta la famiglia, ma lei voleva sapere se la sorella era morta. Allora inventò una scusa e si fece riportare a casa Il corpo era ancora lì, ed era freddo
I camerati tornarono dicendo che la località era stata trucidata Ma c´era stato uno scambio di nomi. Era stata un´azione terribile loro erano molto mal ridotti

Stia, volontari per uccidere
Ci recavamo in prima mattinata, ancora al crepuscolo, da Casalecio al Reno (Casalecchio di Reno, ndr) per Stia. La nostra Compagnia aveva l´ordine di sterminare i partigiani che si trovavano nella zona. Ma quel giorno non siamo stati in grado di catturare i partigiani, vennero riuniti circa 15 civili della località di Stia e successivamente fucilati. Si trattava di civili, cioè di donne inermi, bambini e uomini anziani. L´ordine per la fucilazione l´avrà dato presumibilmente il capitano Vogel. Il plotone di esecuzione era composto al massimo di 5 appartenenti della Compagnia, erano armati con delle pistole mitragliatrici, i quali si erano presentati volontari. Io mi trovato durante la fucilazione nell´immediata vicinanza ed ho visto tutto. Dopo la fucilazione, la nostra Compagnia è tornata al nostro alloggio. Il mio Comandante di Plotone era allora il sottotenente Friedel.
Teste Mertens Werner

Sparate alle finestre!
Una volta siamo entrati di notte in un villaggio. Qui hanno raccolto la gente. Cosa è successo con loro in seguito non lo so. Non dovevamo assolutamente scendere dai veicoli. Ma dai nostri veicoli venne sparato nel paese con la mitragliatrice alle finestre delle case. Posso dire con certezza che nelle case c´erano persone, perché avevano acceso la luce. Sempre quando veniva accesa la luce i nostri soldati addetti alla mitragliatrice sparavano nelle rispettive finestre. Ci fu un altro fatto di giorno. Cercavamo nuovamente i partigiani. Il sottotenente chiese a un contadino. Poi il contadino fu semplicemente fucilato. Questo l´ho visto io personalmente. Adesso mi ricordo di un altro fatto. Eravamo su una strada di campagna sul Monte Falterona con la Compagnia (è la 3° Compagnia, e l´episodio è l´eccidio delle Fontanelle, ndr). Qui furono presi quattro o cinque partigiani. Cercarono di fuggire e furono fucilati. So ancora che tutte le fucilazioni in tutti i casi dei quali io ero testimone, venivano eseguite da graduati. I soldati semplici non hanno mai fatto niente del genere.
Teste Gottlieb Maier
“Non erano partigiani”
Siamo stati mandati in un paese nelle montagne della Toscana. Non so più dire dove esattamente. Il nostro Comandante di Plotone ci aveva dato l´ordine di selezionare la popolazione maschile di questo paese. Il mio Comandante di plotone era il sottotenente Osterhaus. Non mi sono accorto di uccisioni. Mi ricordo una strada lunga. Siamo entrati nel paese, sciamati nelle case e abbiamo portato fuori gli uomini. Donne e bambini rimanevano nelle case. Gli uomini sono stati radunati in un posto. Poi la mia Compagnia è partita. Ovviamente sono rimaste delle guardie a sorvegliare gli uomini. Le guardie indossavano le stesse uniformi come me. Dopo essere partiti dal luogo della missione, per me l´azione era finita e sono tornato nel Quartiere a Bologna. Non si è più parlato di cosa fosse successo agli uomini. Non sapevo cosa sarebbe successo agli uomini. Ovviamente avevano messo in conto che questi uomini potevano essere uccisi. Non è da escludere che siano stati uccisi anche degli innocenti. I civili non si sono difesi durante l´azione. Se l´avessero fatto sarebbero stati inseguiti. Ho capito che nel caso di questi civili forse non si trattava di partigiani. Dopo un attacco della Wehrmacht non si sarebbero trattenuti nel paese. Sono sicuro che questi uomini che abbiamo radunati non erano partigiani.
Teste Ludwig Heller

La strage per sbaglio
Quel giorno la mia Compagnia è dovuta andare ad eseguire un attacco antipartigiano. Dopo il loro ritorno mi hanno raccontato che la località dove dovevamo combattere era stata scambiata. La località scambiata, in base ai loro racconti è stata trucidata. I miei camerati erano abbastanza mal ridotti da questa missione. Il nome della località non lo so più. I miei camerati hanno raccontato all´epoca, che il loro comandante doveva andare per questa azione davanti al Tribunale di guerra. Credo che l´azione da me descritta in precedenza sia stata a Vallucciole. Per lo meno i camerati hanno raccontato all´epoca che sia stata un’azione terribile. Ma non lo ricordo con sicurezza.
Teste Georg Popp

Castagno rasa al suolo
Gli abitanti maschi di Castagno con più di 17 anni dovettero radunarsi nel campo sportivo. Noi dovemmo perquisire tutte le case e radere al suolo quelle case in cui si fossero trovate armi e munizioni. Avevamo anche il compito di cercare i partigiani (…). Noi quindi abbiamo appeso alle maniglie delle porte delle bombe a mano, erano le granate a uovo, predestinate proprio allo scopo, e abbiamo fatto saltare le porte. Prima abbiamo fatto saltare le porte di casa e poi abbiamo gettato bombe a mano negli ingressi. (…) Dopo che avemmo perquisito le case ci dirigemmo sulla montagna, perché alcune tracce facevano supporre che i partigiani fossero nascosti lassù. A una diramazione il tenente Von Poschinger incaricò me ed il sottufficiale Stark di controllare una fattoria in un´altra valle, un compito non privo di rischi. Con grande tensione ci avvicinammo alla fattoria di montagna. Non accadde nulla. Sulla porta di casa ci venne incontro un uomo anziano che ci pregò di entrare. Non era una trappola (…) Con gli abitanti della casa parlammo in italiano che io sapevo già abbastanza. Ad ogni modo volevamo raggiungere la Compagnia il più presto possibile. Nella zona dei pini sulla vetta incontrammo di nuovo i nostri uomini.
Teste Reinhalt Hintz

La sorella uccisa
La notte fra il 12 e il 13 aprile, quando tutti stavano dormendo, sentirono bussare alla porta: “Aprite! Aprite!”. Quindi capirono che erano i tedeschi che gli dicevano di uscire dalle case. Elisa (Innocenti, ndr) si alzò e andò a bussare alle porte di quelle persone che erano in casa per avvertirle di scendere e passando nel corridoio dove c´erano le finestre che davano sulla strada i tedeschi mitragliarono e la colpirono. Fu la prima vittima di Castagno. La cosa appunto che la mamma ci raccontava sempre che l´aveva lasciata parecchio scioccata fu anche il fatto che loro furono obbligati in piena notte a uscire lasciando lì questa sorella, senza sapere se fosse viva o fosse morta, perché loro gli impedirono di controllare. Quindi in piena notte li portarono tutti nelle scuole del paese, separando gli uomini dalle donne e dai bambini; loro stavano lì, non sapendo poi questa sorella… C´era anche la mamma e il babbo, nessuno sapeva niente. Allora la mamma ci raccontava che la mattina dopo lei voleva a tutti i costi sapere quale era la sorte di questa sorella, allora inventò come scusa che avevano perso un bambino per poter tornare in casa e le dettero il permesso. La fecero accompagnare da un soldato tedesco molto giovane. Lei si diresse subito nel corridoio dove sapeva che ci doveva essere la sorella, sentì che era fredda e quindi capì che era morta. Nel frattempo il soldato, quando si rese conto che andava lì, la portò via. Quindi lei tornò a queste scuole dove la tennero lì tre giorni e lei, oltre il dolore di questa sorella che aveva visto che era morta, non sapeva come fare a dirlo perché lì c´erano il babbo, la mamma, le altre sorelle, fra l´altro una sorella che aveva tre bambini, uno partorito da due o tre giorni proprio. Noi fin da piccoli, a me e alle mie sorelle, la mamma ci ha sempre raccontato di questo fatto che ha segnato molto la sua vita.
Teste Carla Fossati

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