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Segreti di Moro nelle carte dei Servizi

La pubblicazione dei documenti declassificati prodotti dai servizi segreti italiani durante il sequestro e dopo la morte di Moro costituisce una significativa operazione di trasparenza che aiuta a diradare il panorama dalle nebbie della dietrologia. Si tratta di fonti interessanti che consentono soprattutto di ricostruire la genealogia di alcune informazioni raccolte dai giornali in quegli anni ormai lontani, di cui però non si conosceva la provenienza. Questo aspetto non deve stupire. Come scriveva Mino Pecorelli su Op nel dicembre 1976 «Notizie, si sa, a un certo livello non esistono. Esistono invece “fughe di notizie”. Cioè quelle soffiate, quelle “indiscrezioni” con cui ciascun centro di potere in questa repubblica pluralistica cerca di condizionare, ammonire, minacciare, altri centri di potere».

La pubblicazione dei documenti declassificati prodotti dai servizi segreti italiani durante il sequestro e dopo la morte di Moro costituisce una significativa operazione di trasparenza che aiuta a diradare il panorama dalle nebbie della dietrologia. Si tratta di fonti interessanti che consentono soprattutto di ricostruire la genealogia di alcune informazioni raccolte dai giornali in quegli anni ormai lontani, di cui però non si conosceva la provenienza. Questo aspetto non deve stupire. Come scriveva Mino Pecorelli su Op nel dicembre 1976 «Notizie, si sa, a un certo livello non esistono. Esistono invece “fughe di notizie”. Cioè quelle soffiate, quelle “indiscrezioni” con cui ciascun centro di potere in questa repubblica pluralistica cerca di condizionare, ammonire, minacciare, altri centri di potere».

«In questo senso, parlare di “giornalisti-spia” è parlare di acqua fresca. Il giornalista è insieme una spia e il suo contrario. Spia in quanto per accedere a certe informazioni deve stabilire dei contatti con determinati centri di potere, magari tappandosi il naso, ma senza timori virginali sul candore delle proprie mani. Antispia, perché offre subito al suo pubblico ogni indiscrezione della quale entra in possesso».
Queste carte non sfuggono a tale regola: sono inedite, ma non del tutto nuove, come certe storie d´amore. Tuttavia, sono importanti sul piano civile in quando vengono messe per la prima volta a disposizione dell´opinione pubblica, che ha il diritto di essere informata, e non solo a un ristretto gruppo di studiosi. In effetti, la Commissione Moro già nel 1995 pubblicò un fascicolo “Riservato. Segretissimo” che riassumeva l´attività documentabile e raccontabile del Sismi durante il sequestro e, nel 1996, dei supporti informativi del Sisde (CM, voll. 106 e 126). Salvo errore, l´impressione è che questi nuovi materiali facciano parte e integrino quei fascicoli consentendo ora un´analisi più completa e organica di quelle fonti.
Contrariamente a quanto si crede, considerando che dal rapimento e dalla morte di Moro sono trascorsi appena 33 anni, i documenti consultabili sono sufficientemente abbondanti se confrontati con analoghi episodi che riguardano la storia contemporanea in Italia e all´estero. Ciò è avvenuto perché la vigilanza dell´opinione pubblica è stata particolarmente attenta e, accanto all´infaticabile azione della magistratura, si è avuta anche un´apprezzabile attività parlamentare con l´istituzione di ben tre commissioni di inchiesta (Moro, P2 e Stragi). Infine, nessun governo dal 1978 a oggi ha opposto il segreto di Stato alla magistratura e dunque, fino a prova contraria, non dovrebbe esistere ulteriore documentazione di straordinario valore informativo.
Da queste nuove carte emergono almeno due questioni rilevanti: da un lato, lo sforzo compiuto dai servizi di relegare l´attività delle Br dentro un orizzonte nazionale, privo di qualsivoglia contatto con l´estero. Sorprende la coincidenza di questa insistita riflessione con quella delle stesse Brigate rosse, una volta arrestate e sconfitte. Dall´altro, si trova conferma di un assunto più generale: i primi fomentatori della dietrologia sul caso Moro sono stati proprio i servizi che hanno imboccato le strade più disparate con l´efficacissima intenzione di alzare una cortina fumogena sulla loro effettiva attività. Non a caso il capostipite del genere misteriologico è stato Franco Mazzola, il sottosegretario alla Difesa con delega ai servizi in quei 55 giorni, che scrisse un libro, I giorni del diluvio, prima in forma anonima e poi col suo vero nome, in cui raccontava un´altra storia rispetto alla versione ufficiale, inserendo la vicenda dentro un confuso e avvincente intreccio di relazioni internazionali sul fronte mediorientale e di complicità massoniche. In queste carte lo troviamo il 18 maggio 1978 intento a chiedere al generale Santovito informazioni su Toni Negri e sorge il dubbio se lo stesse facendo in forza della sua delicatissima funzione istituzionale o per raccogliere spunti utili al suo romanzo. Insomma, si ha la conferma, per citare l´altro prigioniero del Novecento italiano Antonio Gramsci, che nel nostro Paese il «”sovversivismo” popolare è correlativo al “sovversivismo” dall´alto, cioè al non essere mai esistito “un dominio della legge”, ma solo una politica di arbitrii e di cricca personale o di gruppo». In questo senso anche questi nuovi documenti aiutano a spiegare l´affaire Moro e, raccontando l´Italia di ieri, ancora parlano a quella di ogg

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