Quelle incursioni in Eritrea agli ordini del capitano Diavolo

Colonialismo e suggestioni gotiche. Là Africa continua a nutrire il suo immaginario. Unàonda lunga che parte dalla fine dell’Ottocento, dalla disfatta di Adua, e giunge ai barconi dei migranti di oggi, in un flusso continuo in cui però qualcosa si è inceppato.

Colonialismo e suggestioni gotiche. Là Africa continua a nutrire il suo immaginario. Unàonda lunga che parte dalla fine dell’Ottocento, dalla disfatta di Adua, e giunge ai barconi dei migranti di oggi, in un flusso continuo in cui però qualcosa si è inceppato.

«Adesso arrivano da clandestini sui barconi, hanno nomi che dovremmo conoscere, che dovrebbero dirci qualcosa. In fondo siamo stati lì per settant’anni. Invece sono qualcosa che non riconosciamo, che sentiamo come estraneo» , dice Carlo Lucarelli, autore di Sotto la luna, il corto del «Corriere» in cui torna a pescare nella stessa parte della carta geografica che ha nutrito il suo ultimo romanzo L’ottava vibrazione e poi il racconto uscito nel 2008 nella collana del «Corriere» «I corti di carta» , Ferengi. Una familiarità che Lucarelli avverte ogni volta che, spinto dal mal d’Africa, va in Eritrea, «dove cammini per strada, una strada con alberi tipicamente africani, in un ambiente diverso da quello che conosci e poi entri in un bar, ordini un caffè espresso e ti sembra di essere a Roma» . D’altro canto l’Eritrea è la colonia che ebbe la più forte presenza di italiani (nel 1939 solo ad Asmara ne furono censiti 53 mila su una popolazione totale di 98 mila) e Lucarelli vi ritorna con un racconto di guerra denso di suggestioni letterarie dal sapore gotico. Su tutto il racconto aleggia un’atmosfera conradiana, ma i «debiti» letterari Lucarelli li paga alla fine, quando fa incontrare il suo protagonista con grandi autori dell’epoca, che nella loro opera hanno declinato più o meno assiduamente il fantastico, come Rudyard Kipling, Ambrose Bierce, Lovecraft, Pirandello. Prima di tutto questo, però, il protagonista, il sottotenente Emilio Marconi, arrivato a Massaua con i rinforzi del generale Heush per tamponare le falle della disfatta di Adua, desideroso di fare la sua parte sul campo e di non restare nella guarnigione a bere grappa in attesa delle decisioni del negus Menelik, conoscerà il vero volto della guerra, incarnata nel misterioso capitano Evangelista, che dalle incursioni notturne in campo nemico torna sempre da solo coperto di sangue e si è guadagnato in questo modo il soprannome di Becchino da parte dei connazionali e di Seitàn, il Diavolo, da parte dei locali. «Io ce l’ho con i ragazzini come lei perché voi credete che la guerra sia bella e sia facile. Voi l’amate la guerra perché vi sembra eroica» , lo rimprovera il maggiore Sanna quando gli chiede di essere mandato con Evangelista, prima di esaudire il suo desiderio, punendolo così di essere figlio di un generale che gli ha fatto avere le stellette saltando le graduatorie, mentre quelli come lui «si sono fatti il culo in tutte le guerre del regno» . Il giovane sottotenente scoprirà il segreto del suo superiore e soprattutto imparerà la lezione: il capitano Evangelista è solo una metafora della guerra, perché la guerra non è «cariche a cavallo, baionetta in canna e un colpo al cuore» , ma violenza e sangue, qualcosa di molto più sporco, primitivo. Lucarelli si è avvicinato alle vicende della colonizzazione italiana spinto dal bisogno di ritrovare un’epica nostrana che soppiantasse nel suo immaginario il generale Custer, Little Big Horn, il colonialismo inglese e via dicendo: «Ho scoperto di poter raccontare un’epica da Far West in un bacino che parla la nostra lingua, oltretutto in un momento in cui il colonialismo italiano è tornato di attualità, sia negli studi storici, basti pensare a Angelo Del Boca, ma anche nella narrativa, tanto che nello stesso periodo in cui io scrivevo L’ottava vibrazione, Gianfranco Manfredi scriveva la miniserie Volto nascosto, una graphic novel in 14 volumetti che si svolge alla fine dell’Ottocento tra Roma, l’Etiopia e l’Eritrea» . Anche qui Lucarelli guarda alle imprese italiane con grande rigore nei dettagli, ma senza troppa condiscendenza, mettendo in luce ciò che gli è sempre interessato e cioè il lato oscuro, la parte che resta in ombra e che a volte soltanto uno scrittore può portare alla luce.

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