Parco Cecchin, la paura della piazza nera

A Roma intitolato un giardino (a due passi da Forza Nuova) a un militante di destra ucciso nel 1979

A Roma intitolato un giardino (a due passi da Forza Nuova) a un militante di destra ucciso nel 1979

Le facce, le bandiere, i gesti. Colore prevalente: il nero. E ancora gli atteggiamenti militareschi, la poca voglia di interagire con l’esterno, ma al tempo stesso la rabbia per una presunta emarginazione socio-culturale. La liturgia è completa. Immobile. Uguale a trenta e oltre anni fa, cambiano solo le generazioni. Luogo prescelto: Roma. L’occasione: l’intitolazione di un giardino di Piazza Vescovio, quartiere Trieste, a Francesco Cecchin, militante di destra ucciso da ignoti nel 1979. Ucciso in maniera infame. Per dirlo ci sono volute indagini su indagini, processi, accuse di scarsa capacità investigativa, polemiche infinite. La prima tesi fu: è morto perché caduto da un terrazzino mentre scappava da un’aggressione. L’ultima verità: qualcuno l’ha buttato di sotto dopo averlo inseguito, raggiunto e picchiato. Di sicuro, il biondo diciottenne con gli occhi azzurri è rimasto in coma per diciannove giorni. Poi è morto. Da allora è una sorta di “milite noto” dell’estrema destra romana, ricordato ogni anno con manifestazioni e picchetti, affissioni e pubblicazioni. Ogni anno lo organizzano sempre lì, proprio dietro piazza Vescovio, ai lati del portone nel quale aveva tentato di rifugiarsi e dove hanno aperto uno spazio-libreria, ritrovo dei militanti di Forza Nuova.
IN VETRINA testi sul Führer, altri su Mussolini, saggi su Salò, poi magliette, oggettistica, insomma, tutto quanto fa militanza. Parole poche, insulti molti e altrettanti gesti plateali, della serie: è meglio se ti levi di torno. Per loro, la maggior parte, i giornalisti dicono solo bugie, meglio non interagire, se poi uno scrive sul Fatto Quotidiano, ancora peggio “siete di parte, vattene. Che stai registrando? (nessuna stava registrando, ndr). E tanto di noi dite solo bugie”. Quindi inutile chiedere della paura riscontrata in molti degli abitanti della zona: due pensionati ci raccontano di aggressioni verbali, minacce perché trovati a leggere il Manifesto. Altri denunciano atteggiamenti bulleschi e comunque un clima poco sereno, peggiorato in questi ultimi giorni dopo le polemiche suscitate dalla decisione di intitolare il luogo a Cecchin. Si sono ribellati intellettuali, cineasti, cittadini comuni. Ma il sindaco Gianni Alemanno, il presidente del municipio Sara De Angelis e lo stesso ministro Giorgia Meloni sono andati avanti. Per loro nessun dubbio rispetto alla scelta fatta, al contrario una certa commozione manifestata al momento di scoprire la targa.
Comunque, per ottenere qualche risposta ci siamo allontanati dal gruppo principale. Scopriamo che in molti hanno votato al referendum, Silvio Berlusconi non è il loro punto di riferimento morale, credono nella solidarietà sociale e vogliono uno Stato maggiormente presente. Per carità, mai dimenticare il motto “ordine e disciplina”, passano gli anni, ma resta sempre un caposaldo. Quindi i più giovani: sono ancora nell’età di chi si sente portatore di risposte assolute, la maggior parte è inquadrata militarmente dai più grandi, si schierano ordinati in fila per un picchetto d’onore all’altezza della situazione. Rispondono a comandi come “riposo” o “libertà”. Indossano una maglietta nera con su scritto “in un mondo di menzogne la verità è rivoluzionaria”. Una frase “rubata” ad Antonio Gramsci che appunto diceva: “La verità è sempre rivoluzionaria”.
GLI OVER 50 sono diversi. Hanno relativizzato. Hanno subìto sulla loro pelle certe scelte. “Sai una cosa? – ci spiega Daniele – Francesco (Cecchin, ndr) lo conoscevo, ero con lui: un ragazzo meraviglioso, non ci posso pensare. E comunque anche io ho pagato con quattro anni e mezzo di galera. Come mi giudico se penso a quegli anni? Un cretino”. Gli si strozza la voce, si inumidiscono gli occhi. Se ne va. Accanto un gruppo veste una polo, nera, con su scritto “Arriverà il nostro momento”. Ci credono. E una giornata come questa diventa l’indice di un percorso, quello giusto. Poi un anziano rompe il silenzio e urla “camerata Cecchin, presente!”. Scoppia l’applauso di alcuni, ma anche l’imbarazzo di molti altri.

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