Estradato il “boia di Srebrenica”. Prima la visita alla tomba della figlia morta suicida. Il difensore fino all’ultimo ha tentato di giocare la carta della instabilità mentale
Estradato il “boia di Srebrenica”. Prima la visita alla tomba della figlia morta suicida. Il difensore fino all’ultimo ha tentato di giocare la carta della instabilità mentale
BELGRADO – “Per noi sei un santo” inneggiava una folla di diecimila serbi bosniaci che si era radunata a Banja Luka per acclamare il suo ex capo militare mentre a Belgrado il ministro della Giustizia annunciava che l´ex comandante delle forze serbe in Bosnia era in volo per l´Aja dove lo aspetta un´imputazione per crimini di guerra e genocidio. La piazza di Banja Luka era tappezzata di striscioni: “Mladic è un eroe serbo”. Le ferite della Bosnia sono ancora tutte aperte, sedici anni dopo quel giorno di luglio del 1995, quando Mladic, entrando con le sue truppe a Srebrenica, teoricamente protetta dai caschi blu dell´Onu, annunciò alla tv: «Daremo in regalo questa città al popolo serbo: è venuto finalmente il momento di vendicarsi contro i turchi (così i nazionalisti serbi chiamavano i bosniaci che durante l´impero ottomano si erano convertiti all´islam).
«Secondo il mio ruolo costituzionale ho firmato l´atto di estradizione di Ratko Mladic dopo che il tribunale ha confermato l´atto di accusa e respinto l´appello della difesa. Abbiamo dimostrato che manteniamo le promesse fatte, anche se questo non è che una piccola consolazione per le vittime», ha detto il ministro della Giustizia, Szenana Malavic. L´avvocato della difesa Saljic aveva insistito fino all´ultimo sull´instabilità mentale di Mladic, 69 anni e in fuga da 16, che lo renderebbe incapace di sostenere un processo. Anche ieri, ci ha detto Saljic, quando è stato interrogato dai giudici di Belgrado a riguardo di un arsenale che era stato scoperto nella casa della moglie dove presumibilmente era stato a lungo nascosto, Mladic invece di dare risposte sensate aveva farfugliato della bellezza delle montagne innevate. Ma nemmeno questa ultima recita ha evidentemente convinto i giudici.
La giornata era cominciata con un momento di verità, quando i giudici avevano permesso a Mladic di visitare la tomba della figlia Ana, nel cimitero di Topcider. Ana si era uccisa nel 1994 sparandosi un colpo con la pistola del padre dopo un viaggio in Russia, dove presumibilmente aveva saputo su quello che succedeva in Bosnia molto di più delle bugie propagandate dalla tv di Belgrado. Ma la famiglia ha sempre sostenuto che fosse stata uccisa, pur rifiutando un´autopsia.
Alle 16.30 un lungo convoglio di macchine, in una delle quali si pensava si trovasse Mladic, ha lasciato il tribunale per l´aeroporto; ma poco dopo è partita una seconda colonna che è arrivata direttamente sulla pista, dove un aereo speciale era in attesa fin dalla mattina. Destinazione probabile Rotterdam, da cui Mladic potrà essere trasferito in elicottero al carcere di Scheveningen, come accadde con Karadzic nel 2008. Lì dovrà comparire, forse già domani, davanti ai giudici per pronunciarsi colpevole o innocente. In un primo momento il tribunale di Belgrado aveva fatto sapere che Mladic avrebbe ricevuto visite fino alle 19, tra le quali ancora una della moglie e del figlio, che in mattinata gli avevano portato una valigia, e di Liljana Bulatovic, un´amica di famiglia che ha scritto una sua biografia. Ieri aveva avuto invece la visita dei nipotini, di cui il piccolo di 5 anni sembra non avesse mai visto prima. Ma quando Bulatovic si è presentata al tribunale il secondo convoglio era già partito.
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