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«Quella traccia nel mio film sul caso Mattei»

Francesco Rosi, uno dei più grandi registi italiani, è stato testimone d’accusa al processo per la scomparsa di Mauro De Mauro: «L’avevo conosciuto sul set di “Salvatore Giuliano”e avevo avuto la sensazione fosse un giornalista straordinario. Lavorò anche per il film su Mattei, ma non riuscì a finire»

Francesco Rosi, uno dei più grandi registi italiani, è stato testimone d’accusa al processo per la scomparsa di Mauro De Mauro: «L’avevo conosciuto sul set di “Salvatore Giuliano”e avevo avuto la sensazione fosse un giornalista straordinario. Lavorò anche per il film su Mattei, ma non riuscì a finire»

MILANO— «Certo che mi ricordo. Mi stavo preparando per andare alla prima del mio film Uomini contro. Suonò il telefono: era Vittorio Nisticò, direttore de L’ora di Palermo. “Guarda la televisione”mi disse, “perché è scomparso De Mauro”. Poi, dopo un attimo di silenzio, mi chiese: “Ma è vero che gli hai dato un incarico?”» . Era vero. Francesco Rosi, uno dei più grandi registi italiani, 88 anni portati con serena pazienza, è stato anche testimone d’accusa al processo per la scomparsa di Mauro De Mauro. Negli ultimi giorni del luglio 1970 contattò il cronista per fargli ricostruire sul campo le ultime giornate siciliane tra corse a Gagliano Castelferrato dal presidente dell’Eni Enrico Mattei, prima di salire sul «Morane Saulnier» precipitato in un campo a Bascapè, in provincia di Pavia. Appena due giorni dopo la sparizione del giornalista, Rosi venne sentito da un poliziotto che poi sarebbe diventato famoso, Bruno Contrada, e dal giudice Cesare Terranova, assassinato dalla mafia nel 1979. «L’avevo conosciuto sul set di Salvatore Giuliano e avevo avuta la sensazione netta che si trattasse di un giornalista straordinario. Non riuscì mai a consegnarmi il suo lavoro. Mi fece una telefonata per dirmi a che punto stava, quali persone aveva sentito. È lo stesso colloquio che ricorre nel mio film, Il caso Mattei, uscito poi nel 1972. Decisi di apparire in prima persona proprio per rendere un tributo a Mauro, del quale si erano perse le tracce da oltre un anno, e per dimostrare il mio rispetto nei suoi confronti. Mi esposi in prima persona per parlare di lui, e purtroppo siamo ancora alle ipotesi fatte nel film. La scomparsa di Mattei e le sue inchieste sul golpe Borghese, nel mio film c’è anche un accenno a quella pista, attuale ancora oggi. Lì dentro c’è davvero tutto quel che io so e penso su questa storia. Dopo la sua scomparsa, il giudice mi mostrò alcuni appunti che aveva preso, del tutto innocui. Quarantuno anni dopo la scomparsa di Mauro, si torna al punto di partenza. Un altro mistero italiano destinato a rimanere tale» . La riapertura dell’inchiesta, avvenuta nel 2006, era stata accolta con favore da Rosi. A suo modo era stato anche doloroso, ripensare a quegli avvenimenti ormai lontani. «Mi sono messo a disposizione della magistratura per ripetere quel che so. Ma sarebbe stato più semplice rivedersi le scene de Il caso Mattei dedicate a Mauro. Adesso, la penso esattamente allo stesso modo di allora. Alla mia età mi capita ancora di essere inseguito da alcuni film che ho girato. Sicuramente, anche a causa della vicenda De Mauro, Il caso Mattei è uno di questi film. No, non mi sono mai sentito responsabile per la sua scomparsa. Aveva già lavorato al caso Mattei per conto del suo giornale, per quello mi ero rivolto a lui. Non gli avevo dato nuove incombenze o istruzioni precise» . Sulla sentenza di ieri, Rosi ha un’opinione che va oltre la colpevolezza eventuale di Totò Riina. «Credo che il potere della mafia consista anche nel portare avanti relazioni con una verità intelleggibile soltanto agli uomini di Cosa nostra. Questa assoluzione non aggiunge e non toglie nulla. È probabile che i giudici non siano giunti a una convinzione definitiva. Del resto, in questi 41 anni sono state fatte ipotesi di ogni genere. Credo piuttosto che questo processo, fatto da magistrati di valore, sia stato comunque un atto doveroso e giusto nei confronti di Mauro De Mauro» .

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