La Cina e la rivoluzione francese la frase storica era una “bufala”

Nel 1972 frainteso Zhou Enlai. Tutti gli altri equivoci memorabili. Un diplomatico Usa svela l’errore sul celebre giudizio del braccio destro di Mao. Cosa penso della Rivoluzione francese? Che è troppo presto per giudicarla

Nel 1972 frainteso Zhou Enlai. Tutti gli altri equivoci memorabili. Un diplomatico Usa svela l’errore sul celebre giudizio del braccio destro di Mao. Cosa penso della Rivoluzione francese? Che è troppo presto per giudicarla

new york – «Cosa penso della Rivoluzione francese? Che è troppo presto per giudicarla». È il 1972 quando il premier cinese Zhou Enlai pronuncia questa frase memorabile a un banchetto ufficiale per la storica visita di Richard Nixon a Pechino. Citata all´infinito, in Occidente è diventata un simbolo della saggezza cinese, che valuta la storia solo nell´arco di millenni. Peccato che Zhou Enlai volesse dire tutt´altro. Lo si è scoperto ora, grazie alla rivelazione di un diplomatico, Chas Freeman, che assisteva l´allora segretario di Stato Henry Kissinger nella delegazione americana. Freeman lo ha raccontato a Washington alla presentazione dell´ultimo saggio di Kissinger, “On China”.
Forse per via della traduzione (si dice sempre così: è più facile dare la colpa agli interpreti), più probabilmente perché condizionato dal clima politico interno, il braccio destro di Mao Zedong credette che la «rivoluzione francese» su cui gli chiedevano un parere fosse il Maggio Sessantotto, non quella del 1789. Il malinteso rivelato oggi da Freeman trova una conferma nelle trascrizioni ufficiali di quel dialogo. Altro che saggezza millenaria della Cina. Il premier Zhou avendo capito male reagì con il suo tipico opportunismo, che gli aveva consentito di sopravvivere alle purghe maoiste. Guai a esprimersi dopo soli quattro anni sul Maggio parigino, dove la Gauche francese si richiamava proprio al maoismo: qualsiasi giudizio avrebbe potuto ritorcersi contro Zhou nelle feroci battaglie politiche della nomenklatura comunista di Pechino.
È un caso delizioso di malinteso multiplo: su un´incomprensione di Zhou gli occidentali hanno costruito a loro volta una “teoria” della classe dirigente cinese più mitologica che reale. La clamorosa rettifica storica ha indotto il Financial Times a smascherare altre citazioni errate. Restando in Cina, c´è lo slogan di Deng Xiaoping con cui s´identifica l´inizio della conversione al capitalismo nel 1979: «Arricchirsi è glorioso». Efficace, certo, ma non risulta da nessuna traccia che Deng l´abbia detto davvero. Allargandosi nel tempo e nello spazio Daniel Finkelstein sul suo blog Comment Central (sito online del Times) elenca dieci frasi celebri mai pronunciate, o attribuite a torto. La palma della notorietà forse spetta a Voltaire con il detto: «Non sono d´accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo». Un fulgido esempio di tolleranza da parte del filosofo illuminista francese. Che non la scrisse mai: appartiene a Evelyn Beatrice Hall, biografa di Voltaire. È Finkelstein a ricordare che l´America attribuisce ad uno dei padri della patria, Benjamin Franklin, la frase «al mondo abbiamo solo due certezze, la morte e le tasse». In realtà l´aveva coniata molto prima Christopher Bullock, e Franklin la riprese perché era una battuta già popolare. Al grande economista inglese John Maynard Keynes viene messa in bocca la citazione: «Quando cambiano i fatti io cambio le mie opinioni, e voi?» Ottimo esempio di pragmatismo, ma in realtà Keynes disse «quando cambio opinione io lo ammetto», che è tutt´altra cosa, semmai un invito alla trasparenza.
Ai politici le attribuzioni sbagliate possono costare care, soprattutto in epoche in cui non esistevano trascrizioni televisive o digitali per “andare alla fonte” e verificare l´originale. Il premier laburista Jim Callaghan nel 1979 si giocò la poltrona per la frase «crisi, quale crisi?» che i tabloid gli attribuirono, incollandogli addosso l´immagine di un politico insensibile alle condizioni reali del paese. La Gran Bretagna era in recessione, il Labour perse le elezioni, per una frase mai detta. L´elenco delle dieci bufale di Finkelstein potrebbe allungarsi se si includessero i due scrittori più prolifici nell´ironia: l´inglese Oscar Wilde e l´americano Mark Twain. Il loro sense of humour è talmente irresistibile, che continuano a sfornare nuove battute un secolo dopo essere morti.

 

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password