I 110 anni della FIOM

TUTE BLU Iniziative a Bologna e Milano. E nasce il primo social network dedicato ai diritti

TUTE BLU Iniziative a Bologna e Milano. E nasce il primo social network dedicato ai diritti

ROMA – Dopo 110 anni ci si ritrova a parlare quasi come all’inizio della corsa. Allora i diritti erano tutti da conquistare; oggi sono tutti da difendere, perché «l’attacco portato dalle imprese è senza precedenti». La Fiat è la capofila, ovviamente. Ma si rischia che «tutto il sistema delle relazioni industriali si sgretoli e crolli». Non lo ha detto un sindacalista estremista, ma Vincenzo Ilotte, presidente dell’associazione delle imprese metalmeccaniche torinesi, che ha appena perso una causa con la Fiom sull’applicazione del contratto (2008, firmato anche dalla Fiom, invece che quello «separato» del 2009) e ha rinunciato a proporre appello pur di ritrovare un filo di dialogo.
Cento più dieci sono gli anni della Fiom; qualcuno in più della Cgil, che da lì è nata. Si doveva parlare soprattutto delle varie feste organizzate un po’ in tutta Italia nel corso del mese di giugno. Ma anche nella conferenza stampa di presentazione hanno fatto irruzione i temi del conflitto sociale e sindacale attuale. Del resto, in mattinata Luigi Angeletti (segretario generale Uil) aveva annunciato la disdetta degli «accordi del ’93» (che diedero il via alla problematica stagione della «concertazione»). E Maurizio Landini, l’ormai notissimo segretario generale dei metalmeccanici, sapeva bene per quale motivo e obiettivo: «quella disdetta significa cancellare le Rsu e tornare alle Rsa; non si tratta di una vocale diversa, è la differenza tra un organismo eletto dai lavoratori e titolato a trattare in loro rappresentanza, e invece una delegazione di ‘nominati’ dalle strutture sindacali». Un ritorno al passato che va a a far «cadere un punto di rappresentanza molto preciso».
Sul piano sindacale, in effetti, questa è la posta in gioco: chi rappresenta chi? E come si fa a stabilire regole certe? Dopo il «modello Marchionne» il gioco è chiarissimo: alcune imprese (di fatto le multinazionali o quelle che possono delocalizzare facilmente) pensano che ci sia lo spazio per archiviare il sindacato «che rappresenta i lavoratori», scegliendosi invece degli interlocutori professionali «firmatari dei contratti». Sulla stessa linea si posizionano i «complici» di Cisl e Uil e, naturalmente, il ministro Maurizio Sacconi. Un tema che è al centro anche della causa avviata dalla Fiom contro la Fiat, ma che considera centrale «la truffa» perpetrata con le newco, che aggira l’art. 2112 (in caso di cessione d’azienda i lavoratori mantengono contratto e salario), costringendoli « dimettersi» per essere poi (forse) riassunti.
Il problema è che manca una legge che disciplini la rappresentanza. La Fiom per l’allargamento del principio di partecipazione dei lavoratori, eleggendo i delegati, approvando o bocciando con referendum ogni accordo. Cisl e Uil, certe imprese e il governo starebbero invece preparandosi a farne approvare una che va nella direzione esattamente opposta: nessuna rappresentanza reale (al massimo dei soli iscritti – una minoranza, tra i lavoratoti) e soprattutto nessun diritto di voto, fuori da ogni trattativa chi (la Fiom, altre categorie della Cgil, i sindacati di base) non abbiano firmato i primi «contratti capestro». Landini lo dice apertamente: «se tutta questa discussione è fatta per andare in soccorso alla Fiat, perché si arrivi a una legge che le consenta di fare quel che vuole» e che oggi è illegale, «credo che la storia delle leggi ad personam abbia fatto il suo tempo». È la discussione che ha portato Alberto Bombassei – vice presidente di Confindustria – a ipotizzare che «un’impresa deve poter scegliere tra contratto nazionale e aziendale», in aperto contrasto con le finalità stesse dell’associazione degli industriali.
Ma il nodo della rappresentanza torna anche nei riferimenti ad alcune affermazioni della Marcegaglia, che fanno pensare a un lavorio sotterraneo con i tre segretari confederali. Qui Landini sgombra il campo: «so che c’è una proposta della Cgil e non mi pare che abbia ricevuto grandi consensi dalle altre organizzazioni e da Confindustria; e non mi risulta che ci siano trattative in corso per fare intese sulla rappresentanza».
Tutte materie che nelle prossime settimane verranno alla ribalta delle varie feste della Fiom. Centrali saranno le iniziative di Bologna e Sesto S. Giovanni (Milano), ma altre sono in preparazione in varie città. Nomi importanti della cultura (Nadia Urbinati, Paul Ginsborg, Marco Revelli, Stefano Rodotà), del giornalismo (Lucia Annunziata, Corradino Mineo, Paolo Flores D’Arcais, e in più una serata bolognese tutta gestita da Michele Santoro). Impossibile dar qui conto di tutte le iniziative. La Fiom ha deciso che le questioni del lavoro «vanno portate all’aperto, tra la gente». E non solo con le feste e le manifestazioni. Ieri mattina è stato annunciato anche il primo social network dedicato interamente al lavoro (FiomNetwork), dove «si parla delle persone, dei loro diritti, dentro e fuori la fabbrica, di democrazia, contratto nazionale e aziendale». I tempi cambiano le forme, non il ruolo. E allora 110 anni non son poi troppi…

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