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Dalla Grecia a Obama. Il nostro bisogno di epica

Intervista a Marcel Detienne. Lo studioso dell’antichità  “erede” di Lévi-Strauss racconta perché gli Stati moderni hanno usato i simboli classici per costruirsi un’identità . “Ma l’Ellade vera e propria non esiste: è un’invenzione culturale nata tra ‘700 e ‘800”. “È l’ideologia che crea un ponte fra i morti illustri e i vivi che ne rivendicano l’eredità “

Intervista a Marcel Detienne. Lo studioso dell’antichità  “erede” di Lévi-Strauss racconta perché gli Stati moderni hanno usato i simboli classici per costruirsi un’identità . “Ma l’Ellade vera e propria non esiste: è un’invenzione culturale nata tra ‘700 e ‘800”. “È l’ideologia che crea un ponte fra i morti illustri e i vivi che ne rivendicano l’eredità “

Il mito non è una fuga dalla realtà. Al contrario, è una chiave per capire i grandi problemi del presente, dalla politica all´immigrazione. A dirlo è Marcel Detienne, il più grande mitologo del nostro tempo. Il Lévi-Strauss della Grecia antica. Professore emerito di Lettere classiche alla Johns Hopkins University di Baltimora e fondatore, assieme a Jean-Pierre Vernant, del prestigiosissimo Centro di ricerche comparate sulle società antiche all´Ecole des Hautes Etudes di Parigi. Nel senso comune il mito viene considerato l´opposto della ragione. Il Washington Post ha addirittura una rubrica intitolata Five Myths che a ogni puntata si propone di sfatarne cinque su un tema, dall´energia nucleare agli insegnanti nelle scuole.«Ci si dimentica che la filosofia e la mitologia non vengono l´una dopo l´altra, ma nascono insieme. Mitologia e ragione non si escludono mai, era vero nell´antica Grecia è vero nella modernità. Lévi-Strauss sostiene che compito del mito è quello di mettere ordine nella realtà. E senza ordine non esiste significato. La differenza sostanziale tra pensiero mitico e pensiero scientifico è che quest´ultimo procede distinguendo i fenomeni e cercando di risolverli uno dopo l´altro. Mentre la mitologia brucia le tappe, e tende a proporre spiegazioni immediate, abbreviate, iconiche». Delle scorciatoie, insomma. Usando la forza dei simboli che spesso arrivano più lontano delle parole. Molto prima di Lévi-Strauss è Platone nel Protagora a dire che si può spiegare la realtà sia attraverso il mito sia attraverso il logos. E che le due vie hanno pari dignità conoscitiva. «Anche se il mito, aggiunge Platone, è più bello. I Greci hanno inventato storie meravigliose, tanto che ancora oggi personaggi come Edipo e Medea abitano il nostro immaginario, ci parlano di noi». E poi il mito non è solo quello greco, tutte le culture inventano i loro miti.

«Sì e oltretutto la Grecia non esiste».
Detto così è un´affermazione un po´ forte.
«Quello che esisteva nella realtà erano circa 1.400 città-stato straniere le une alle altre».
Quella che Rilke chiamava la Grecia prima della Grecia.
«Mentre quell´Ellade patria dell´arte, della cultura, della libertà, della democrazia che abbiamo conosciuto sui banchi di scuola è la costruzione culturale sette-ottocentesca di un Occidente in cerca di antenati illustri».
Uno start up fatto apposta per confermare la superiorità dell´Occidente moderno.
«Tutti gli stati moderni hanno usato la Grecia per costruire la loro mitologia identitaria, dalla Francia di Maurice Barrès, alla Germania di Hitler, fino agli Stati Uniti».
Sta dicendo che l´identità nazionale è un mito?
«Sì, è un vero e proprio mito ideologico, perché è l´ideologia a creare un ponte fra un certo passato e il presente. Fra i morti illustri e i vivi che rivendicano la loro eredità. È anche un modo per affermare che noi siamo i veri discendenti di quel grande passato, escludendo gli altri».
Del resto anche negli Usa Obama è stato costretto di recente a mostrare alla nazione il suo certificato di nascita per dissipare ogni equivoco intorno alla sua origine. Come dire che il rapporto tra sangue e terra resta l´algoritmo dell´identità. E questo sembra risvegliare gli antichi miti dell´autoctonia: come nascono?
«Nel caso della Grecia il mito dell´autoctonia nasce da un racconto, molto diffuso nelle città elleniche, che parlava di uomini nati direttamente dalla terra, letteralmente figli legittimi della patria. Ma è solo ad Atene che questo mito diventa ideologia politica, grazie alla nascita di un genere letterario come l´orazione funebre. Sparta invece non ha conosciuto l´orazione funebre e quindi non ha monumentalizzato i morti e il suolo che li accoglie. In fondo per costruire una nazione ci vogliono dei cimiteri e degli storici».
Quindi vuol dire che anche la storia è un mito?
«Certo, sono gli storici che scrivono la mitologia delle nazioni. Basti pensare a quello che fa Ernst Troeltsch per la Germania e per la Francia Ernest Lavisse e Maurice Barrès, che nel 1899 inventa uno slogan come “La terra e i morti”».
Ma il mito dell´autoctonia, oltre che a fare le nazioni, qualche volta può servire a disfarle. Non a caso l´Europa di oggi è piena di movimenti autonomisti, baschi, catalani, fiamminghi.
«Per non parlare dei vostri padani. Con la loro mitologia celtica. Ridicola sul piano scientifico ma efficace su quello politico, perché sostiene una serie di rivendicazioni e di spinte che hanno tanta presa da condizionare il governo italiano».
Quindi la Lega è una sorta di cantiere mitologico in piena attività?
«Certo, quando cominciano a circolare pseudo storie e la gente ci crede o vuole crederci, siamo davanti alla costruzione di una mitologia politica che usa simboli storici rimescolandoli a suo uso e consumo. L´ampolla del Po, Alberto da Giussano, il dna celtico, i riti druidici, i Padani come veri autoctoni in quanto discendenti di quei Celti che si erano rifugiati sulle montagne per resistere ai Romani».
I miti dell´autoctonia sono universali e dunque inevitabili, o sono uno scheletro nell´armadio dell´Occidente?
«Quando nomino l´autoctonia in Giappone non capiscono nemmeno di cosa io stia parlando. Del resto si tratta di un paese dove non esistono le carte d´identità. Possiedono solo il passaporto nel caso in cui vogliano uscire dal paese. Non c´è un sistema di identificazione dei cittadini. Persino negli Stati Uniti e nel Regno Unito non sono ancora riusciti a istituire un documento di identificazione analogo alla carta d´identità. Anche perché in base all´Habeas corpus il cittadino è titolare esclusivo della sua persona e della sua identità. E negli Stati Uniti un poliziotto non può chiedere a una persona le sue generalità, a meno che non abbia una pistola fumante e un cadavere accanto».
Perché l´Europa allora è ossessionata dall´identità e ha tanta paura degli immigrati?
«Perché dimentica di essere il risultato di una grande mescolanza di sangue e di popoli. Un continente nomade».
Non pensa che questa paura venga fomentata ad arte visto che oggi la sicurezza è la merce che si vende meglio sul mercato della politica?
«Certo, tant´è vero che si finisce per controllare e securizzare tutto, perfino la storia».
David Cameron ha preso anche lui le distanze dal multiculturalismo.
«Avrà visto i sondaggi».
Questo cambierà veramente le cose?
«No, l´Inghilterra è già multiculturale e da molto tempo. L´Europa stessa è multiculturale».
Ha ancora senso studiare il mito? Non sappiamo già tutto quel che c´era da sapere?
«No, c´è ancora molto lavoro da fare per i mitologi come per gli antropologi. Perché è la vita stessa a produrre il mito. Che è la scatola nera dell´umanità».

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