Posso dire che capisco Hitler perché comprendo l’uomo che è pieno di male. Mi sento vicino agli ebrei ma in fondo non troppo perché Israele è un come un dito nel c…
Posso dire che capisco Hitler perché comprendo l’uomo che è pieno di male. Mi sento vicino agli ebrei ma in fondo non troppo perché Israele è un come un dito nel c…
CANNES – Quanto era vera o paradossale la simpatia di Lars von Trier per Adolf Hitler? Quanto aveva bevuto Mel Gibson prima di dire che gli ebrei «sono responsabili di tutte le guerre del mondo»? Com´è stata distorta dai giornalisti maligni la frase «Io amo Hitler» detta dallo stilista John Galliano? Perfino Cannes ha deciso di non credere al copione troppo visto dell´antisemitismo contrabbandato per scherzo, provocazione, postumi di una sbronza, equivoco mediatico, e di cacciare da subito Lars von Trier dal festival come «persona non grata». Lui e non il film Melancholia, per non regalare la pubblicità dello scandalo a un film peraltro brutto. Ma se dovesse vincere un premio, ipotesi remota, «il regista farebbe bene a non presentarsi per ritirarlo», ha chiarito il presidente Gilles Jacob.
La decisione, inedita nella storia del festival più importante del mondo, è stata annunciata ieri all´ora di pranzo, ma era sembrata «inevitabile per salvare la dignità del festival», come ci ha detto un organizzatore, già nella serata di mercoledì, quand´erano piovute sulle agenzie le reazioni di orrore delle comunità ebraiche internazionali. Gli organizzatori, che in un primo momento si erano limitati a condannare le frasi del regista danese, accettando le sue scuse, hanno cominciato a cambiare idea dopo aver visionato il filmato della conferenza stampa, ormai in cima ai contatti su Internet.
Lars von Trier non si limita una volta a esprimere «simpatia per Hitler», ma torna sull´argomento esprimendo «grande ammirazione per Albert Speer», architetto del Fuehrer, ma anche ministro degli armamenti e feroce sfruttatore dei lager, e infine esprime il fastidio per lo stato d´Israele («a pain in the ass») . E´ visibile da subito il crescente imbarazzo della protagonista Kirsten Dunst, che prima si sforza di sorridere e poi lancia disperati sguardi intorno a sé. Impenetrabile in sala, ma furibonda dietro le quinte, è stata la reazione dell´altra protagonista, la francese Charlotte Gainsbourg, figlia di due icone della sinistra artistica, Serge Gainsbourg e Jane Birkin, e sposato all´attore Yvan Attal, israeliano di nascita. La Gainsbourg ha annullato subito tutte le interviste e si è rifiutata di partecipare alla cena del cast, poi saltata per l´abbandono degli altri attori.
Nel pomeriggio era arrivata la richiesta delle comunità ebraiche francesi di espellere il regista danese, insieme a una specie di appello alla rivolta alla folta comunità ebraica del cinema: «Lars von Trier non c´entra nulla con un festival nel quale molti dei partecipanti avrebbero potuto essere mandati al campo di sterminio da Hitler, quest´uomo per il quale lui prova tanta simpatia». Sullo stesso tono il comunicato dell´associazione americana delle vittime dell´Olocausto, per la quale la permanenza di von Trier a Cannes avrebbe significato «la catastrofe etica» della manifestazione. La stessa associazione ha poi salutato l´espulsione come «una scelta che dichiara al mondo come la sofferenza delle vittime non possa mai essere soggetto di scherzi o di gratuita pubblicità».
Ma c´è qualcosa che addolorerà il regista più del bando di Cannes. Nonostante gli sforzi della produzione di minimizzare («Il cammino dei film di von Trier prosegue nel mondo») , nel pomeriggio sono piovute le disdette dei contratti di acquisto del film. A cominciare dal distributore statunitense che avrebbe detto di non volere i film di von Trier «neppure gratis». E´ stato forse a questo punto che Lars von Trier è sceso dalla suite al bar dell´albergo super lusso e ha detto a un paio di giornalisti di passaggio: «Okay, datemi un pugno, me lo merito».
Il caso di Cannes insomma avrà l´effetto di liberarci per un po´, forse per molto, dell´autore di Idiots, chissà quanto autobiografico. Ma non è questo il punto. Quali che siano stati gli antidepressivi ingurgitati dal regista danese quella mattina, quale che fosse il suo stato alcoolico, il delitto di Lars von Trier è l´aver usato alla perfezione gli stilemi e gli alibi più infami e odiosi del nuovo antisemitismo. Esiste un antisemitismo consapevole e purtroppo in crescita parallela al diffondersi dei populismi, che rimane a livello di chiacchiera da bar, luogo comune da mercatino, intollerabile in un consesso civile. Quando questo antisemitismo si affaccia nei luoghi del dibattito pubblico si maschera ogni volta d´inconscio, errore di comprensione, passeggero stato d´alterazione, semplice caduta di gusto nel fare una battuta innocente. In questo modo, ogni giorno, si allargano i confini della banalizzazione del razzismo e del nazismo. Tanto un´ora dopo si può sempre smentire, correggere, chiedere scusa, invocare la libertà d´opinione e perfino fare la vittima dell´altrui mancanza di umorismo. E´ il fetore di questo trucco ad aver sollevato la reazione della comunità. Indicativo di un costume pericoloso che va ben oltre il caso personale di Lars von Trier, il quale in ogni caso non sbaglia a lasciare in fretta un paese dove il negazionismo è reato.
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