Stare in società  in nome del riconoscimento

Tra passato e presente. Un saggio sulla filosofia del diritto di Hegel. Tre serrati passaggi per una critica dell’individualismo liberale. «L’etica della democrazia» di Lucio Cortella per Marietti editore

Tra passato e presente. Un saggio sulla filosofia del diritto di Hegel. Tre serrati passaggi per una critica dell’individualismo liberale. «L’etica della democrazia» di Lucio Cortella per Marietti editore

Molte vicende della filosofia politica contemporanea si potrebbero ricostruire come aspetti della interminabile contesa tra due stili concorrenti di pensiero, quello kantiano e quello hegeliano. L’orientamento filo-kantiano ha prevalso decisamente nei grandi autori che si sono affermati nell’ultima parte del secolo scorso, dopo che si era consumata la crisi del marxismo: tra gli altri, Rawls e Habermas. Ma la reazione hegeliana non si è fatta attendere e così, negli ultimi anni, hanno suscitato più interesse quegli autori che, come Axel Honneth e Charles Taylor, hanno riallacciato un dialogo fitto con Hegel e, soprattutto, con uno degli aspetti più suggestivi della sua teoria, oggetto di innumerevoli interpretazioni, e cioè con il tema della lotta per il riconoscimento. 

Si iscrive in questo filone, con un suo punto di vista molto personale, il libro appena uscito che il filosofo veneziano Lucio Cortella ha dedicato alla reinterpretazione e attualizzazione della Filosofia del diritto di Hegel (L’etica della democrazia, Marietti, pp. 376, euro 25). Utilissimo anche come commento esplicativo a molte parti del testo hegeliano (un testo che di commento non può fare a meno, perché è complicato come pochi) il libro propone però anche una precisa linea di interpretazione. 
Volendo articolare il discorso in tre passaggi, secondo il modo di procedere che Hegel adottava quasi sempre nei suoi testi, potremmo dire che anche l’interpretazione di Cortella si snoda in tre momenti: in primo luogo la valorizzazione degli aspetti più fortemente innovativi della filosofia politica hegeliana, anche in rapporto critico con Kant. In secondo luogo la messa in risalto dei limiti idealistici e identitari che anche un lettore simpatizzante come Cortella non può non riconoscere nel pensiero hegeliano. E infine la delineazione di una proposta teorica nuova, che in sostanza costituisce una democratizzazione e dialogizzazione dell’universo politico hegeliano.
Vediamo qualche aspetto saliente di questa compatta e coerente linea di ragionamento. Il punto anche oggi imprescindibile di Hegel come pensatore politico è la potenza concettuale della sua critica al (tuttora regnante) individualismo liberale. Hegel mostra che l’individuo può essere libero solo in quanto svolge la sua soggettività dentro una trama di relazioni sociali e di rapporti comunicativi. Relazioni che non vanno intese come qualcosa che viene dopo (quasi che prima ci fosse l’individuo isolato e poi si rapportasse agli altri) ma come costitutive e dunque in un certo senso più originarie dell’individuo stesso. La mia identità è un risultato del riconoscimento accordatomi dagli altri (e da me a loro), cioè delle relazioni cui prendo parte. In altre parole si potrebbe dire, contro il liberalismo individualista, che c’è libertà in quanto la società assicura agli individui spazi e istituzioni relazionali dove realizzare se stessi. 
Tra queste sfere c’è anche quella della società civile e del mercato, dove ognuno persegue il proprio interesse personale. Ciò è perfettamente legittimo, purché però si comprenda che quella sfera è solo una dimensione nella tessitura della socialità, e che deve iscriversi dentro una superiore sfera politica dove è messo a tema l’interesse generale. 
Peccato però che il limite di Hegel sia da vedersi proprio nel modo in cui egli finisce per delineare la sfera statale. L’accusa di iperstatalismo, tante volte indirizzata contro il pensatore di Stoccarda, viene molto discussa da Cortella, ma alla fine non respinta, anzi riformulata in modo nuovo: «manca una vera e propria legittimazione delle istituzioni sulla base di un processo di riconoscimento». Il rapporto tra cittadini e Stato non è di simmetria e reciprocità, come Hegel stesso ribadisce con la massima intransigenza: «lo Stato non esiste per i cittadini», mentre loro devono essere sempre pronti a compiere verso lo Stato i loro doveri, tra cui quello di rischiare la vita in guerra. 
Per essere messo a frutto nella direzione di un’etica della democrazia, come vuole Cortella, il pensiero di Hegel va dunque valorizzato, ma anche criticato. Punto di partenza rimane certamente l’idea del riconoscimento reciproco, della natura relazionale della soggettività. E questa idea può essere declinata in senso democratico perché, come scrive Cortella, è attraverso di essa che passa «l’affermazione dell’eguaglianza fra tutti gli esseri umani». Ma il riconoscimento deve essere sul serio riconoscimento dell’altro, deve mantenersi aperto nei confronti della sua differenza, e dunque deve prendere nettamente le distanze da quelle pretese di compiuta trasparenza, di realizzata conciliazione tra individuo e universale cui giungeva la teorizzazione hegeliana dello Stato. Per quanto rivisitato, però, il concetto hegeliano dell’ethos fa riferimento a qualcosa che è già presente, a pratiche abituali come quelle che, sostiene Cortella, già strutturano le istituzioni della moderna società democratica. 
Ma allora, obietterebbero i kantiani (e i marxiani), non si rischia, seguendo Hegel troppo da vicino, di livellare sull’esistente e dunque di neutralizzare il potenziale critico della teoria?

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