Se gli invisibili della società  si trasformano in movimento

Dalla Spagna alla Gran Bretagna, dalla Grecia all’Italia, la protesta dei giovani rappresenta una richiesta di rinnovamento della politica. Non è la prima volta nella storia che una mobilitazione di massa nasce sulla base di emozioni repentine e motivi morali. Partono da questioni molto materiali che poi diventano generali e inventano uno spazio pubblico nuovo che non è più quello della televisione

Dalla Spagna alla Gran Bretagna, dalla Grecia all’Italia, la protesta dei giovani rappresenta una richiesta di rinnovamento della politica. Non è la prima volta nella storia che una mobilitazione di massa nasce sulla base di emozioni repentine e motivi morali. Partono da questioni molto materiali che poi diventano generali e inventano uno spazio pubblico nuovo che non è più quello della televisione

Il movimento degli indignados presenta caratteristiche tradizionali e al tempo stesso aspetti piuttosto innovativi, che hanno una portata che va al di là della penisola iberica. Gli spagnoli non sono i soli a protestare contro il deterioramento della situazione sociale. Da mesi l´austerity introdotta nei vari Paesi europei si scontra con una resistenza sempre più forte. Il risultato è un crollo di popolarità dei capi di Governo, performances elettorali negative dei loro partiti o delle loro coalizioni e scioperi e manifestazioni di vasta portata, come ad esempio in Grecia, in Portogallo o in Gran Bretagna. Il malcontento si esprime dunque secondo modalità ben note in democrazia: disaffezione verso i leader al potere, rovesci elettorali, azioni collettive classiche.

Le proteste spagnole aggiungono indubbiamente un elemento nuovo a questo scenario. Innanzitutto perché sgorgano da legami spontanei creati inizialmente da internet, che è servita da cassa di risonanza di eventi-mondo o eventi-mostro (nel senso che schiacciano gli altri): i manifestanti di Madrid si ispirano al modello egiziano. In secondo luogo perché aggregano principalmente, ma non esclusivamente, giovani, come già era successo in Italia o in Gran Bretagna. Questi mileuristas (cioè i ragazzi che guadagnano mille euro al mese) come li ha definiti la romanziera spagnola Espido Freire, esprimono la loro collera. Hanno lauree su lauree ma non trovano lavoro (in Spagna un giovane su due al di sotto dei trent´anni non ha un impiego, e il tasso di disoccupazione è al 20 per cento) o sono sottoposti a un lunghissimo precariato che incide sugli altri aspetti della loro vita, come la possibilità di avere una casa o di crearsi una famiglia. In Spagna come in altri Paesi, i baby loosers, secondo la formula del sociologo Louis Chauvel, devono farsi carico del peso dei numerosi vantaggi ottenuti dai baby boomers. La vecchia Europa rischia di andare incontro a un vero e proprio clash of generations.
Ma il movimento spagnolo ha un altro aspetto ancora, quello dell´indignazione, eco del famoso saggio Indignatevi!, di Stéphane Hessel, diventato un best seller in Europa. Che una mobilitazione nasca per motivi morali e sotto la spinta di emozioni repentine non ha nulla di strano. In Sicilia, dopo i sanguinosi attentati contro il generale Dalla Chiesa nel 1982 e contro i magistrati Falcone e Borsellino nel 1992, una parte della società civile si sollevò contro la mafia. In Francia, l´avanzata del Fronte nazionale nel 1984 suscitò una mobilitazione dei giovani contro il razzismo con lo slogan «Non toccare il mio amico». Questi due esempi illustrano la differenza con le azioni a cui stiamo assistendo. Le lotte contro la mafia in Sicilia e contro il razzismo in Francia furono rapidamente strumentalizzate dai partiti politici, la Rete di Leoluca Orlando e il Pci in Italia e il Partito socialista di François Mitterrand in Francia.
L´indignazione non basta a fare una politica. I giovani spagnoli ne sono consapevoli e infatti intrattengono un rapporto ambivalente con la politica. Si scagliano contro il Governo, ma diffidano dell´opposizione, e temono qualsiasi strumentalizzazione. Contemporaneamente, elaborano riforme della legge elettorale, del Senato e del sistema dei partiti. Additare il loro movimento come un fenomeno di antipolitica quindi sarebbe un grande errore. Al contrario, la loro esistenza attesta che l´Europa è in preda a processi contraddittori. Da un lato registra la spettacolare avanzata di partiti populisti che accusano le presunte élites di costituire un unico blocco uniforme, stigmatizzano i partiti di Governo, tessono le lodi del popolo eretto a unico detentore di qualsiasi verità, combattono l´immigrazione, sfruttano tutte le paure, patrocinano un ripiegamento sull´ambito locale, regionale o nazionale, rivendicano una democrazia plebiscitaria fondata su referendum riguardanti le problematiche più complesse e seducono gli strati popolari. Dall´altro lato vede svilupparsi mobilitazioni di altro genere che partendo da questioni molto materiali diventano via via più generali, inventano un nuovo spazio pubblico di deliberazione che non è quello della televisione, esigono trasparenza, intendono controllare i Governi, vogliono essere ascoltati, propongono di migliorare il funzionamento dei sistemi politici, sono aperti al mondo e creano una democrazia partecipativa in cui si riconoscono prevalentemente i rappresentanti dei ceti medi.
Certo, questa seconda tendenza è ancora incerta e fragilissima, e può rivelarsi effimera (soprattutto se a Madrid gli indignados falliranno nel loro tentativo di condizionare le politiche pubbliche, com´è successo finora alle mobilitazioni tradizionali dei loro padri), può essere oggetto di manipolazioni da parte di piccoli gruppi di militanti ed è fortemente contraddittoria quando si propone di inventare un´altra politica aggirando i rappresentanti eletti e le loro organizzazioni. Ma lancia una sfida reale a tutte le persone responsabili. Come integrare questa ricerca di un modo migliore per vivere insieme e di una democrazia rinnovata? Se le élite politiche e i partiti classici rimarranno sordi a queste grida, se si accontenteranno di riformette di facciata invece di fornire risposte istituzionali in grado di ridisegnare l´agorà moderna e consentire di soddisfare questa profonda aspirazione alla partecipazione, rischieranno di deludere e aggravare ulteriormente la crisi della rappresentanza politica.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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