Saramago: «Fare di ogni cittadino un politico»

In un libro-intervista dell’amico scrittore Baptista Bastos, il Nobel portoghese si racconta
Dalla letteratura alla politica Il volume uscirà  domani per L’Asino d’oro. Anticipiamo un brano del libro-intervista «Josè Saramago. Un ritratto appassionato», che esce domani per L’Asino d’oro. Nato ad Azinhaga il 16 novembre 1922, Saramago è morto a Lanzarote il 18 giugno 2010.

In un libro-intervista dell’amico scrittore Baptista Bastos, il Nobel portoghese si racconta
Dalla letteratura alla politica Il volume uscirà  domani per L’Asino d’oro. Anticipiamo un brano del libro-intervista «Josè Saramago. Un ritratto appassionato», che esce domani per L’Asino d’oro. Nato ad Azinhaga il 16 novembre 1922, Saramago è morto a Lanzarote il 18 giugno 2010.


Baptista-Bastos Il romanzo è l’immaginario che aspira a ricondurre la «verità» del «reale» ad altre «verità» e altre «realtà»?
José Saramago A parte il mio modesto piacere nel raccontare storie, il romanzo credo sia per me oggi il modo di trasmettere una serie di preoccupazioni, o se vuoi, in qualche caso, anche ossessioni. Certe volte sono portato a chiedermi se sono davvero un romanziere o se i miei libri siano in realtà dei trattati in cui ho inserito personaggi. Forse non sono uno scrittore nel senso con cui lo si intende di solito, non mi ci vedo, non mi sono mai visto a scrivere romanzi perché si deve pur vivere, un romanzo dopo l’altro. Questo atteggiamento spiega, o almeno dovrebbe, la ragione per cui nei miei romanzi non si trovano filoni ricorrenti, benché in fondo le mie tematiche siano sempre quelle. Dopo Memoriale del convento, ad esempio, non mi sono interessato all’acquedotto di Águas Livres per scrivere un libro sulla sua costruzione; quel filone è rimasto lì. Baptista-Bastos Hai espresso molte volte il tuo debito verso padre António Vieira. Ma se non sbaglio non hai mai, o quasi mai, alluso al tuo debito nei confronti di Cervantes, soprattutto per quanto riguarda le rotture temporali e la noncuranza per la cosiddetta cronologia del romanzo.
José Saramago Il mio rapporto con la scrittura di padre António Vieira vorrebbe davvero essere (e non vuol dire che lo sia) un rapporto basato sul linguaggio. Nessuno, ne sono consapevole, ha mai scritto in portoghese come ha fatto padre An-
tónio Vieira, e questa sorta non dico di modello, perché non credo alla loro esistenza né alla loro validità, questa sorta di limite, che a questo punto è il limite dell’ineffabile, esercita su di me una certa attrazione. Sì, so quanto padre Vieira possa perdersi in concettismi e occultismi anche esasperanti. Ma è il mio ascendente letterario più forte e quindi forse pure la causa o la conseguenza – me ne accorgo io e se ne accorgono lettori e critici – di un certo mio barocchismo nella costruzione delle frasi. O forse non è proprio barocchismo, perché ha radici molto più vicine alla narrazione orale, alla maniera di raccontare tramite effetti di sospensione oratori dominata dai bravi narratori, i quali non si limitano a raccontare storie in modo lineare. Adoperano allusioni, gestualità, espressività, sospendono, interrompono, guardano il pubblico negli occhi. È una specie di teatro dei burattini, in cui attraverso il solo uso della parola il narratore presenta, oltre all’azione e ai personaggi, sentimenti ed espressioni. Esiste una manipolazione della parola secondo me affine a quanto accade (in modo invisibile per chi assiste) dietro il piccolo riquadro entro cui le marionette si muovono. Per quanto riguarda Cervantes, è vero, è stato una mia lettura fin da piccolo, alcune fra le Novelle Esemplari e soprattutto Don Chisciotte. Ma se certe mie caratteristiche derivano da lui è per assimilazione inconscia, al limite per induzione, penetrazione, non attraverso la mente ma attraverso la pelle. È come se leggendo Cervantes mi rendessi conto di quanto anche lui mi appartenga, ma non in maniera cosciente. Baptista-Bastos Sei uno scrittore comunista o un comunista scrittore?
José Saramago Se dicessi scrittore comunista, significherebbe uno scrittordo ancora non ero comunista, dunque ho cominciato come scrittore, direi. Ma è anche vero che i miei romanzi più importanti sono venuti quando ero già un comunista militante, intento a far passare il messaggio – per usare una parola trita – del comunismo. Se dicessi di essere un comunista scrittore, allora sarei un comunista che ha deciso di diventare scrittore per trasmettere lo stesso messaggio. Preferisco dichiararmi una persona che è, allo stesso tempo, comunista e scrittore. E se proprio devo scegliere un ordine, allora sarà necessariamente un ordine cronologico. Ho cominciato a scrivere a 25 anni. Il mio primo libro è uscito a quell’epoca, quando ancora non ero comunista, dunque ho cominciato come scrittore, direi. Ma è anche vero che i miei romanzi più importanti sono venuti quando ero già un comunista militante. Baptista-Bastos La caduta del muro di Berlino, il collasso dell’Est europeo, lo svuotamento delle ideologie ti hanno mai spinto a chiederti se il comunismo è morto, se è mai esistito, se ne è valsa la pena?
José Saramago Prima di tutto, ne è valsa la pena. A prescindere dagli errori, da tutti i crimini, ne è valsa la pena. In secondo luogo il comunismo non è mai esistito. Quando il signor Brežnev, con il sistema già in agonia, affermò forte e chiaro che l’Unione Sovietica era ormai entrata nella fase del comunismo, se con il senno di poi ricordiamo cosa succedeva allora, non viene voglia di ridere per niente. Sto cercando di dire – è una cosa ben poco marxista e probabilmente abbastanza idealista – che tutta questa storia mi ha insegnato (e non me lo ha insegnato adesso, lo dicevo già prima della caduta del muro di Berlino) che non può esistere socialismo senza socialisti. Cioè, dal momento in cui ogni necessità materiale fosse stata soddisfatta, avrebbe dovuto prodursi nell’essere umano un salto di qualità tale da creare l’uomo nuovo. Ma, e lo dimostrano i fatti, tre generazioni di socialismo con o senza virgolette non hanno formato un bel niente. Quelli che saremmo tentati di chiamare uomini nuovi hanno tutti lo stesso nome, si chiamano tutti Eltsin. Pertanto, quando dico che non può esistere socialismo senza socialisti sto ragionando all’inverso, perché credo che essere socialisti sia un atteggiamento dello spirito. Baptista-Bastos Anche se quasi tutto scompare, rimane il terreno di coltura? José Saramago Sì, c’è una fertilizzazione continua. Il terreno dove piantiamo il seme perché nasca l’albero è nutrito ripetutamente dalla storia, ne è irrigato e a volte perfino distrutto; è un tipo di suolo in costante mutamento, in cui le idee mettono radici. Quantomeno anche qui si vede come nulla si perde e tutto si trasforma. Baptista-Bastos Cosa si è realizzato dei tuoi desideri politici? José Saramago Molto e poco al contempo. Perché chi come noi è stato ridotto politicamente a mera statistica, quando oggi si trova in una situazione in cui gode di un certo numero di libertà, capisce quanto i propri massimi desideri di allora, benché realizzati, fossero tutto sommato esigenze minime: libertà di pensiero, di costituirsi in partito, di non dover andare in giro con la paura della polizia politica… Tutto quello che ci sembrava un bisogno assoluto si è rivelato il minimo. Il minimo cui abbiamo diritto. Pertanto, quando ci dicono che la democrazia è un grande traguardo, certo, lo è, ma è anche il minimo, perché a partire da qui si comincia ad aggiungere quello che manca davvero, ossia la possibilità per il cittadino di intervenire in ogni circostanza della vita pubblica: fare di ogni cittadino un politico, vale a dire rendere i cittadini come i politici che dedicano, o almeno così dicono, la propria vita al bene del popolo e dello Stato, rinunciando quindi a soddisfazioni di altro genere – in qualche caso magari accade davvero. Secondo me tutti i cittadini dovrebbero sentirsi impegnati in quest’opera tanto quanto dicono di esserlo i politici. Ecco perché le libertà di stampa e di associazione sono il minimo, perché da lì comincia la ricchezza spirituale e civica del cittadino autentico. Baptista-Bastos La morte non ti fa paura?
José Saramago No, non mi fa paura. Credo di essere guarito dalla paura della morte quando, a 16 o 17 anni, ho avuto la rivelazione della sua ineluttabilità in un modo che non auguro a nessuno. Sono stati mesi duri, in circostanze normalissime mi confrontavo con l’evidenza di questo fatto e ne restavo completamente paralizzato: devo morire, morirò. Quasi fosse stato quello il momento della mia morte. Poi mi è passata del tutto. Alla fin fine ho avuto una vita piuttosto lunga. Evidentemente, come ogni vita, si avvicina alla sua fine, benché nessuno sappia quando morirà. Anche chi muore a 20 anni, si può dire, muore nella sua personale vecchiaia, pur senza saperlo. Ma a ogni modo, lo sappiamo, esiste un limite naturale a cui mi sto avvicinando. E per tornare alla questione del diario, è questa coscienza, fra l’altro, a spingermi a fissare il tempo. Mi ritrovo con un bisogno di parlarne, benché sia un bisogno niente affatto morboso. Quasi volessi esorcizzare non una paura, perché non ne ho, ma è come se dicessi: «Non così in fretta, ho ancora qualcosa da fare».

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