Salta l’alibi delle centrali del vicino

«Da Milano a Palermo fermiamo il nucleare». Così era scritto domenica sera su uno striscione appeso acrobaticamente da Greenpeace sopra lo stadio olimpico di Roma. Qui, davanti a 70 mila persone, due squadre di Milano e di Palermo giocavano al calcio la finale di Coppa Italia, per il 150mo anniversario dell’Unità . Un’idea non troppo diversa l’ha avuta Angela Merkel, per l’area di sua competenza: la Germania. «Fermiamo il nucleare», ha detto, entro il 2022; e senza se e senza ma, raggiungeranno l’obiettivo.

«Da Milano a Palermo fermiamo il nucleare». Così era scritto domenica sera su uno striscione appeso acrobaticamente da Greenpeace sopra lo stadio olimpico di Roma. Qui, davanti a 70 mila persone, due squadre di Milano e di Palermo giocavano al calcio la finale di Coppa Italia, per il 150mo anniversario dell’Unità . Un’idea non troppo diversa l’ha avuta Angela Merkel, per l’area di sua competenza: la Germania. «Fermiamo il nucleare», ha detto, entro il 2022; e senza se e senza ma, raggiungeranno l’obiettivo.

La soluzione tedesca è molto importante per noi tutti, di Milano, di Palermo, di Roma. L’argomento più forte, contro il referendum sul nucleare era infatti questo: a poca distanza dalle nostre frontiere vi sono tante centrali atomiche. Lo ripeteva la Confindustria, era il mantra di Pierferdinando Casini, l’esponente del Centro; concordavano moltissimi esponenti della destra e anche qualcuno del centrosinistra, come per esempio Matteo Colaninno, responsabile per lo sviluppo industriale e la finanza d’impresa della direzione del Pd. Se vicino alle frontiere sorgono svariate centrali nucleari, proclamavano, a che pro’ rischiare lo stesso fall-out altrui senza godere di un’energia elettrica copiosa e a prezzi ridotti? Ora è avvenuto che dopo l’Austria che le ha sempre rifiutate, la grande Germania ha già pronto un programma di chiusura e la Svizzera ha deciso di fare lo stesso, sia pure in un arco di tempo più lungo. La Germania non riapre le otto già ferme, chiude altre nove entro il 2020-1, mantenendo le ultime tre in stand by per ovviare a possibili interruzioni di fornitura. Nell’ultimo anno21-22 chiudono altre due e una soltanto rimane in disponibilità. Poi, dopo il 2022 più niente. Per la Svizzera, nessun rimpiazzo, nessun prolungamento di attività per le cinque centrali che andranno in pensione tra 2019 e 2034 e che oggi coprono il 40% del fabbisogno di energia elettrica.
In Germania, prima di marzo, prima del terremoto giapponese, era nucleare il 24% della produzione elettrica. Il tagliarla via non è cosa da poco. Il progetto tedesco potrebbe essere preso ad esempio da noi che partiamo più avanti, non abbiamo centrali da chiudere. Gli aspetti rilevanti della soluzione tedesca sono in primo luogo la discussione nella quale il governo ha coinvolto le opposizioni: verdi, socialdemocratici, sinistra; e poi gli stati regionali, gli ambientalisti, l’industria, il sindacato. Tutti avevano interessi da far valere e conoscenze da mettere a disposizione di un bene comune che solo una parte dell’industria ha criticato (Dieter Zetsche della Mercedes). Inoltre va notato che il programma di uscita dal nucleare contempla un notevole risparmio energetico con rimodulazione di case e quartieri, altre tecniche costruttive e usi di vita più sobri. Se l’affare è dei verdi, il governo non si tira indietro questa volta. Fukushima ha spezzato ogni ambiguità. Non si può, non è corretto, non è conveniente agire a rimorchio, controvoglia, mentre l’intera popolazione sa di essere in lotta contro i pericoli del reattore nucleare, con tutte le infinite conseguenze future e al tempo stesso contro l’immediata scadenza del riscaldamento globale. Così si riprogettano le forme di energia elettrica necessarie per la transizione al tutto rinnovabile, da realizzarsi interamente tra il 2030 e il 2050 ma con obiettivi intermedi molto ambiziosi. Si inventa e si investe, l’obiettivo è davvero formidabile. Far fuori, in un’unica partita, quasi in una volta sola, metodicamente, con bravura e impegno, con quattrini e fantasia, il nucleare e l’energia fossile. E adesso tocca a noi, il 12-13 giugno.

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