“Ribellarsi è giusto alla Shoah dei diritti”

Il pamphlet di Massimo Ottolenghi, 95 anni, ex partigiano Come Hessel, esorta i giovani a non subire lo statu quo

Il pamphlet di Massimo Ottolenghi, 95 anni, ex partigiano Come Hessel, esorta i giovani a non subire lo statu quo

Massimo Ottolenghi presenterà oggi alle 11, allo spazio Ibs del Lingotto il suo libro

Ribellatevi, ragazzi. Ribellarsi è giusto. «Serve un urlo vibrante che faccia sobbalzare chi è al potere e tremare i servi sciocchi, gli ipocriti, i disonesti, i salta fossi, i profittatori voltagabbana annidati nei luoghi di comando, gli abbioccati di consumismo». L’esortazione arriva da un uomo di 95 anni che certamente ha urlato quando doveva, e ancora lo sta facendo con questo libro. Ribellarsi è giusto (edizione Chiarelettere), presentato oggi al Salone, in libreria dalla prossima settimana. L’autore è Massimo Ottolenghi: «Io sono un resistente, tessera 343 del comitato di liberazione nazionale piemontese. Sono un ragazzo del 1915, figlio del secolo della pianificazione della morte e della desertificazione di tutti i valori. Sono un superstite…». Da qui si incomincia.
Torinese di famiglia ebrea, già militante del Partito d’azione con Ada Gobetti, Alessandro Galante Garrone e Giorgio Agosti, nel dopoguerra Ottolenghi è stato magistrato e poi avvocato civilista. Nel suo libro cita Gramsci e Calamandrei, ma guarda al futuro, alle nuove generazioni, alla primavera araba. La sua è una chiamata alle armi contro l’indifferenza, per una nuova resistenza civile. «Prendete partito non solo a difesa della scuola pubblica e della cultura, ma della giustizia, della costituzione, della libertà democratica del nostro Stato. Per essere partigiani, voi giovani non avete bisogno di una bandiera e di un’ideologia: avete la costituzione. Quella è la vostra patria, più importante del territorio che difendereste da qualsiasi invasione nemica».
Ottolenghi potrebbe essere il nostro Stéphane Hessel, lo scrittore tedesco, naturalizzato francese, che ha combattuto nella resistenza ed è stato deportato nel campo di concentramento di Buchevald. Con il suo ultimo libro scritto a 94 anni e intitolato Indignatevi! – un altro appello rivolto ai giovani – sta conquistando un vasto pubblico europeo. Anche l’orazione civile di Ottolenghi nasce dal vissuto. Dalla paura e dal coraggio, dall’abominio delle leggi razziali e dal tempo da partigiano nelle valli di Lanzo: «Le nostre montagne hanno accolto tutta la gioventù dispersa, spaesata e senza mezzi. Il comandante era un sommergibilista Sardo, Pietro Sulis. Quello della colonna Giustizia e Libertà in val Grande, era uno studente calabrese, Bruno Toscano, medaglia d’oro, fucilato a San Maurizio Canavese. L’ufficiale di collegamento era l’ebreo Enrico Lowenthal, figlio di un tedesco. Mentre il medico che aveva organizzato l’ospedale da campo era un ebreo ungherese, Simon Teich Alasia, sfuggito all’eccidio nazista di Budapest». Alla fine della guerra di liberazione, Alasia fondò il centro grandi ustionati del Cto, ancora oggi un’eccellenza nella disastrata sanità italiana. Ma questa è un’altra storia.
Quella che preme testimoniare a Massimo Ottolenghi, a suo giudizio, ha delle tragiche assonanze con il presente: «Purtroppo riconosciamo i miasmi di una democrazia malata, di un Paese a rischio. I segnali sono chiari. Quando per rafforzare a ogni costo maggioranze stente in parlamento, si raccattano anche rimasugli di estrema destra con esponenti nostalgici nazisti, antisemiti storici, aprendo le porte del potere a una xenofobia razzista, quando si contrassegnano le scuole con simboli celtici, quando si escludono dalle cattedre del nord docenti del sud, quando si invocano a Milano tram separati per gli extracomunitari e si vuole vietare l’uso di panchine a gente di colore, quando si vogliono censire i bambini zingari e istituire campi ghetto per i rom, allora si favoriscono situazioni che sono preludi di pogrom».
Per Ottolenghi questi nostri giorni sono quelli segnati dalla shoah dei valori e dei diritti. «I giorni dell’illegalità praticata dovunque apertamente, a tutti i livelli, nella politica come nella pratica quotidiana». Parole lapidarie: «L’inosservanza della legge si è fatta cultura». Ma non c’è traccia di cinismo in questo libro, nessuna resa. La speranza è nei giovani. «Dall’alto non potete attendervi nulla – scrive Ottolenghi – perché tutto si costruisce solo dal basso. Bisogna superare l’attuale tendenza di certe élite e di troppi clan, preoccupati solo dei propri interessi particolari. Occorre intervenire direttamente in tutte le forme di attività associative, vecchie e nuove. Occorre usare ancora di più la rete, che è una risorsa straordinaria». Ma può esserci futuro solo per chi conosce la storia: «Contro la casta, contro l’anti-Stato e gli “uomini della provvidenza”, come esponenti della chiesa hanno definito prima Mussolini e poi Berlusconi, si impone una frattura, una discontinuità. Occorre una ricostruzione che sia soprattutto epurazione. Questa solo voi giovani potete attuarla. Noi non siamo riusciti a farlo dopo la seconda guerra mondiale». Alla fine, resta una dichiarazione d’amore per la vita, la politica e la patria dei Padri Costituenti: «Bisogna reagire. Serve un nuovo Risorgimento. Un miracoloso soprassalto. Ora tocca a voi…».
Torinese di famiglia ebrea, già militante azionista con Ada Gobetti, Galante Garrone e Giorgio Agosti, è stato magistrato e avvocato

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