Perché Marx sopravvive alla fine del comunismo

  Hobsbawm: capì per primo la globalizzazione

  Hobsbawm: capì per primo la globalizzazione

Marx non è morto. Chi voleva rottamare l’opera del barbuto filosofo tedesco, padre del materialismo storico, si deve ricredere. Lo afferma convinto lo storico inglese Eric Hobsbawm nel libro Come cambiare il mondo, che in Gran Bretagna ha avuto un notevole successo ed è appena uscito in Italia da Rizzoli. Al di là dei dati statistici per cui su Google Karl Marx si trova alla pari con Charles Darwin, mentre batte nettamente Immanuel Kant, Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud, è la crisi dell’economia globale, secondo Hobsbawm, a dimostrare che si tratta ancora di una lettura altamente istruttiva. Estensione planetaria dei mercati, con il conseguente sconvolgimento dei modi di vita tradizionali; concentrazione della ricchezza in poche mani; instabilità patologica del capitalismo, con scossoni sempre più minacciosi. Tutti indizi evidenti, scrive Hobsbawm, del fatto che Marx è «un pensatore per il XXI secolo» . Inoltre lo storico britannico pensa che il fallimento del sistema sovietico non abbia affatto segnato una rude smentita per Marx, ma anzi lo abbia liberato da un’identificazione deleteria con il regime leninista. Pur non ritenendo che i suoi seguaci ne abbiano falsificato le teorie, Hobsbawm sottolinea i limiti delle soluzioni che adottarono. A suo avviso «bisogna porre le stesse domande che si pose Marx, rifiutando al contempo le risposte dei suoi vari discepoli» . In Italia questo libro trova terreno fertile, dato che persino alla Luiss, università della Confindustria, si organizzano convegni annuali sul filosofo di Treviri per iniziativa di Corrado Ocone, autore del saggio Karl Marx (Luiss University Press). Mentre nelle librerie abbondano volumi come Marx di Stefano Petrucciani (Carocci), La forma filosofia in Marx di Paolo Vinci (manifestolibri), Karl Marx di Nicolao Merker (Laterza), Marx. Istruzioni per l’uso di Daniel Bensaid (Ponte alle Grazie). Ad esempio Diego Fusaro, autore del saggio Bentornato Marx (Bompiani), è per molti versi in sintonia con Hobsbawm: «Oggi Marx — sostiene — è un naufrago, scampato all’incorporazione del suo pensiero nello stalinismo, ma anche alla demonizzazione di chi gli addebita il Gulag. Inoltre è un segnalatore d’incendio, che ci mostra come la società capitalista sia ambigua, sospesa tra grandi promesse di emancipazione e concreta negazione di tali prospettive per gran parte dell’umanità, e produca una profonda alienazione, per cui nel nostro mondo i protagonisti non sono gli uomini, ma le merci, con i loro riflessi incantatori e feticisti» . Discorsi condivisi solo in parte da Luciano Pellicani, autore di libri come Miseria del marxismo (Sugarco) e, più di recente, Anatomia dell’anticapitalismo (Rubbettino). «Marx— osserva— fu un geniale analista del capitalismo, che capì la globalizzazione con 150 anni di anticipo: tutti gli siamo intellettualmente debitori. Dicendo questo, però, Hobsbawm scopre l’acqua calda. Poi ci sono i limiti dell’opera marxiana: è vero che il capitalismo vive crisi continue, ma esse sono parte del suo eccezionale dinamismo, mentre non sono mai sfociate nel collasso generale ipotizzato da Marx. Lo stesso recente crac finanziario ha evidenziato i difetti del fondamentalismo di mercato tipico degli Stati Uniti, ma non ha certo annullato gli enormi progressi resi possibili dal capitalismo» . Fusaro è invece molto severo verso la società presente: «Il grande misfatto del capitalismo è la manipolazione illimitata della natura umana. Marx riprende la visione della filosofia greca per cui l’uomo ha delle potenzialità multiformi, mentre il capitalismo lo riduce all’unica alienante dimensione del lavoro produttivo. Lo hanno dunque clamorosamente frainteso i sovietici, creando un capitalismo di Stato volto alla crescita economica smisurata, incurante di ogni senso del limite. Molto più vicini al concetto aristotelico di misura, essenziale nel pensiero marxiano, mi sembrano i discorsi del Papa in difesa della natura umana» . Al contrario Pellicani nega che Lenin e Stalin abbiano tradito il maestro: «Abolizione della proprietà privata, eliminazione del mercato, concentrazione dei mezzi produttivi nelle mani dello Stato sono ricette indicate da Marx. Il fatto è che nella sua opera c’è una teoria critica del capitalismo, ma nessuna idea precisa di come far funzionare il socialismo. Lui pensava che sarebbe sorto spontaneamente dalla storia, ma non è stato così. E chi ha cercato di edificarlo per via rivoluzionaria ha prodotto disastri» .

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