L’egemonia ritrovata nel noir

In Italia è boom per il noir. Un genere minore o la chiave giusta per raccontare la società ? Il Belpaese è un acido «nero»?

In Italia è boom per il noir. Un genere minore o la chiave giusta per raccontare la società ? Il Belpaese è un acido «nero»?

James Ellroy non ha mai nascosto la sua visione del mondo, che lo porta a votare a destra, anche se lo scrittore statunitense è stato spesso qualificato come un «anarchico di destra», definizione che solo negli Stati Uniti significa qualcosa. Ed è uno scrittore «politico», cioè ha un’indubbia capacità di descrivere alcuni aspetti della società americana come pochi scrittori «radical» riescono a fare. Il «noir» è sempre stato un genere che si presta a un suo uso politico. E «noir» non coincide con il «giallo». Il termine è stato proprio scelto per differenziarlo dal poliziesco e dal suo cugino oltreoceano dell’hard-boiled. E non è mai stato un prodotto di nicchia. A considerarlo tale sono stati i difensori del canone dominante, relegandolo ai margini solo perché incontrava il successo di pubblico. Ma quello che è accaduto in Italia, da almeno tre lustri, è che autori appunto noir hanno cominciato a raccontare storie per descrivere i conflitti sociali e un esercizio del potere politico strettamente aderenti agli interessi delle imprese. Con una attenzione all’intreccio inestricabile tra attività legali e illegali. È questa la vera novità. Se prendiamo autori come Carlo Lucarelli e Massimo Carlotto tutto ciò è evidente. Sono autori di nicchia? C’è da dubitarne. L’aspetto che è stato però poco indagato è che sono autori che riescono a sviluppare un ordine del discorso egemone, cosa che non riescono a fare molti autori e studiosi che pure offrono una lettura critica della realtà. Il «noir» è cioè il genere letterario che supplisce alla perdita di capacità egemonica del pensiero critico. Possono non piacere le storie raccontate – chi scrive le preferisce ad altre – ma il nodo da sciogliere, al di là del noir, è il perché il pensiero critico ha perso la sua capacità egemonica. Un nodo urgente da sbrogliare, perché da quasi un ventennio egemoni sono gli agit-prop del populismo e del liberismo. 

La società italiana può essere raccontata attraverso qualsiasi genere, il noir è solo quello che riscuote più successo tra il pubblico. L’Italia è spesso coinvolta in intrighi adatti al noir, ma presenta anche aspetti degni della fantascienza. Tra i romanzi non noir che l’hanno raccontata cito “Nicola Rubino è entrato in fabbrica” di Francesco Dezio, “Pausa caffè” di Giorgio Falco e “Tutti giù per terra” di Giuseppe Culicchia. Andrea Muccini Il noir è il mezzo migliore per raccontare e spiegare i meccanismi di “questa” Italia. Stefano Caffari Il noir m’è sempre parso noiosissimo. Questione di gusti, certo. Solo che a mio parere fa troppo caso singolo, “mostruosità”, compiacimento, ecc. per raccontare una società. Eppoi mi pare ormai un po’ stantio come stile interpretativo, è diventato innocuo. Livia Il genere noir, nel mondo letterario attuale, è tutt’ altro che “minore”; basterebbe citare un nome a caso,ovvero quello di James Ellroy… In Italia, poi, ad esempio Carlotto mi sembra un buon autore, perché è capace di scrivere romanzi ben congegnati, con una trama solida e con uno stile diretto ed efficace. Se poi, invece, occorra anche per forza “politicizzare” tale tipo di letteratura, a me pare materia molto opinabile. Infatti, gli autori che fanno quel tipo di scelta, si auto-relegano di fatto in una specie di nicchia, entro un recinto per pochi “eletti”, la piccola cerchia dei soliti noti, quando invece potrebbero (anzi, dovrebbero!) parlare a tutti. D’altra parte, non è che ad esempio la visione “da sinistra” delle vicende attuali, della società, della politica, ecc. sia per forza migliore e/o più aderente alla realtà, rispetto a tante altre… Insomma, per scrivere un buon “plot” occorre inventiva, immaginazione, una visione azzeccata e centrata della realtà che si vuole raccontare e descrivere; l’attualità politica, invece, considerandone anche l’evidente squallore, penso che non serva affatto a scrivere qualcosa di valido ed interessante; anzi, potrebbe persino appesantire inutilmente la trama, come sempre avviene quando si voglia per forza sostenere una tesi pre-costituita adhoc… Fabio Vivian D’accordissimo sul fatto che un genere minore, come il noir, sia adatto a raccontare la società italiana e a farlo anche in chiave politica – per quanto siamo anche pieni di noir che non hanno affatto una visione politica. Però vorrei sottolineare che questo trend non è di marca italiana, in quanto siamo pieni di noir e gialli che magari non sono apertamente politicizzati ma certamente tendono a rivelare gli aspetti nascosti e malati della società di “appartenenza” (che poi tutto il mondo è paese): penso alla Francia (per esempio l’acclamatissima Fred Vargas), la Bartez spagnola, gli svedesi etc. Dopodiché si è sempre trattato di un genere che ha costruito “egemonia” – per esempio costruendo spesso la abse per cinema e televisione, e questo è avvenuto molto più negli Usa che non in Italia dove ci accontentiamo di Montalbano – pensiamo al tipico bestseller del compianto Crichton, che spesso ambiva addirittura a svelare le terribili implicazioni future delle scelte presenti. Detto questo, io di tutto questo giallo e nero mi sono stufata. È come stare davanti alla tv: divertente, coinvolgente. Ma alla fine il giallista o l’autore noir non deve approfondire il carattere del personaggio, può anche fregarsene di una trama a prova di bomba (a volte per sciogliere gli intrecci si fanno delle scelte davvero poco verosimili) e in quanto alla scrittura sì ben fatta, ma Danzieri-Lucarelli-Carlotto rischiano di sembrare il “bel canto” dei vincitori dei reality show. Insomma, con tutto quello che sta succedendo io sogno la nascita di uno Steinbeck italiano… Cinzia È stato lo scrittore Massimo Carlotto ad aprire, dalle pagine del manifesto, un dibattito sul noir come strumento di interpretazione e racconto della società. Micromega nell’ultimo numero rilancia il dibattito sulla politicità di un genere considerato «minore». E autori come Genna, Evangelisti, lo stesso Carlotto, Dazieri, hanno un grande successo editoriale.

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