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L’Olanda vieta ai turisti gli spinelli nei coffee shop

Il governo di centrodestra olandese approva una legge antidroga con norme più severe I locali che vendono stupefacenti leggeri saranno club aperti solo ai cittadini residenti. In tutto il paese sono circa 670 i bar dove il “fumo” viene tollerato. L’opposizione protesta: gli unici che ci guadagnano con questa stretta sono gli spacciatori

 

Il governo di centrodestra olandese approva una legge antidroga con norme più severe I locali che vendono stupefacenti leggeri saranno club aperti solo ai cittadini residenti. In tutto il paese sono circa 670 i bar dove il “fumo” viene tollerato. L’opposizione protesta: gli unici che ci guadagnano con questa stretta sono gli spacciatori

 

BERLINO – Tramonta in Olanda un mito-simbolo che, nel bene e nel male, segnò la cultura giovanile della fine del ventesimo secolo: i coffee shop, i locali celebri o famigerati a seconda delle opinioni in cui dagli anni Settanta puoi entrare e ordinare marijuana o hashish come un cappuccino, non saranno più locali pubblici. Dovranno trasformarsi in club privati e saranno vietati ai visitatori stranieri. Il governo conservatore del premier Rutte, piegandosi al pressing della destra radicale di Geerd Wilders, ha varato una severa legge antidroga, che appunto pone duri limiti anche ai coffee shop. E che alla fine dell´estate entrerà in vigore. Con queste vacanze estive imminenti, dunque, comincia l´ultima stagione di fumo di fatto libero di droghe leggere per chiunque visiti Amsterdam. Poi, addio al col turismo dello spinello tra Grachten e canali.

Finisce così, sullo sfondo della generale svolta a destra olandese, un emblema della cultura della Gedoogd, quell´idea di paziente tolleranza verso chi senza disturbarti vive a modo suo, anche con abitudini anticonformiste e che fanno storcere il naso ai benpensanti. Un´idea che dal dopoguerra, e soprattutto dalla fine degli anni Sessanta, aveva fatto dell´Olanda un simbolo e un paradiso dei desideri di piccoli paradisi proibiti di generazioni di giovani e meno giovani. Piccoli paradisi proibiti come appunto le droghe leggere: finora in Olanda possesso e consumo di hashish o marijuana non erano autorizzati esplicitamente, ma comunque tollerati entro certi limiti: nei coffee shop potevano essere immagazzinati fino a 500 grammi, anche se poi polizia e gendarmeria non andavano mai a controllare e pesare pacchi d´erba e pani di hashish. Fino a 5 grammi, il consumo era accettato.
La nuova legge non introduce divieti espliciti, ma imporrà ai coffee shop, che sono circa 670 in tutto il regno, di trasformarsi in club privati. Potranno continuare a vendere hashish e marijuana, ma solo ai membri. Ogni volta, dovranno controllare all´ingresso tessera del club e documento d´identità, e ogni coffee shop potrà avere non più di mille-millecinquecento soci. Gli stranieri saranno esclusi: solo cittadini olandesi maggiorenni potranno diventare membri dei club del joint tollerato nel chiuso del locale, ha spiegato il ministro della Giustizia Ivo Opstelten.
Finisce un mondo, per la gioventù (o ex gioventù) anticonformista europea e mondiale: comunque la si voglia giudicare, per quella cultura o sottocultura il colpo è mortale. I coffee shop sorsero negli anni Settanta. Ad Amsterdam, attorno a Leidseplein – la piazza dei club culturali e dei movimenti alternativi – o nel quartiere del Jordaan, sono i più noti. Nomi famosi, nell´ambiente: da Mellow yellow, che si racconta fu il primo ad aprire, a Bulldog, da Dolphins a Pink Floyd, a Jamaica che sembra risuscitare sogni e motivi di Bob Marley. Pochissimi tra i coffee shop possiedono la licenza di servire anche alcolici (Dolphins è un´eccezione). Di solito, offrono panini, caffè o te, e su un menu separato diverse varianti di hashish o marijuana, e spesso anche buona musica, adatta all´occasione. I camerieri sono esperti, consigliano volentieri quale assaggio scegliere. I coffee shop non hanno mai avuto l´autorizzazione di farsi pubblicità diretta, quindi hanno sempre vissuto di fama, di reportage dei media, di voci sparse tra gruppi di amici.
«Quello dei coffee shop è un movimento per la cultura della dignità umana», ha spiegato più volte un leader storico dell´ambiente, Nol van Schaik. «Fin dall´inizio, abbiamo aiutato a tenere lontani dalle droghe pesanti i giovani che vogliono farsi una fumatina». Logica forse ambigua, ma finora, dicono i gestori dei coffee shop, ha funzionato: chi poteva andare in un locale, bere un tè e ordinare uno spinello, non era in balìa di spregiudicati spacciatori sempre pronti a proporre a sorpresa il primo assaggio di droghe pesanti. «Sappiamo bene che a causa della nuova legge le entrate del turismo rischieranno di calare, specie nelle grandi città, ma vogliamo combattere la criminalità organizzata», dicono i portavoce governativi. Sciocchezze, ribattono i partiti d´opposizione: gli unici ad avvantaggiarsi del Muro dei coffee shop saranno gli spacciatori.

 

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