«La traduzione non è creativa, ma l’unico mestiere possibile»
La storia della traduzione in Italia, dal ventennio 1820-1840 ai primi del nostro secolo, mostra tutto l’arco e tutta la ricchezza della contraddizione fra la traduzione che chiameremo poetica, che da Berchet, Scalvini, e Tommaseo giunge a Carducci e Pascoli, e quella filologico-storica da Leopardi a Settembrini, a Acri o Valgimigli, non senza scambi fra le due funzioni (penso a Graf).
«La traduzione non è creativa, ma l’unico mestiere possibile»
La storia della traduzione in Italia, dal ventennio 1820-1840 ai primi del nostro secolo, mostra tutto l’arco e tutta la ricchezza della contraddizione fra la traduzione che chiameremo poetica, che da Berchet, Scalvini, e Tommaseo giunge a Carducci e Pascoli, e quella filologico-storica da Leopardi a Settembrini, a Acri o Valgimigli, non senza scambi fra le due funzioni (penso a Graf).
«La traduzione non è creativa, ma l’unico mestiere possibile»
La storia della traduzione in Italia, dal ventennio 1820-1840 ai primi del nostro secolo, mostra tutto l’arco e tutta la ricchezza della contraddizione fra la traduzione che chiameremo poetica, che da Berchet, Scalvini, e Tommaseo giunge a Carducci e Pascoli, e quella filologico-storica da Leopardi a Settembrini, a Acri o Valgimigli, non senza scambi fra le due funzioni (penso a Graf).
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