Dopo il sì Bertone, Fiom nella bufera

Landini: «Non firmiamo, e con le Rsu non ci sono contrasti». Ma piovono gli attacchi dalla «sinistra» e da Melfi Gongolano Confindustria e Cisl: «Cgil lontana dalla sua base». Alcuni delegati lucani chiedono ora l’ok a un’altra intesa contestata

 

Landini: «Non firmiamo, e con le Rsu non ci sono contrasti». Ma piovono gli attacchi dalla «sinistra» e da Melfi Gongolano Confindustria e Cisl: «Cgil lontana dalla sua base». Alcuni delegati lucani chiedono ora l’ok a un’altra intesa contestata

  La Fiom è nella bufera dopo il referendum alla ex Bertone che ha visto vincere il sì con oltre l’87% dei voti. La scelta dei delegati di accettare quanto chiesto dall’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne, inedita rispetto ai no emersi a Pomigliano e Mirafiori, espone la dirigenza nazionale a un fuoco di fila, da «destra» e da «sinistra». Sono soddisfatti ovviamente alla Cisl e alla Confindustria, incassando quella che viene letta come una «sconfessione» da parte della base della strategia di conflitto scelta fino a oggi dai metalmeccanici Cgil. E dall’altro lato la sinistra rappresentata da Giorgio Cremaschi, come i lavoratori di diversi stabilimenti, a partire da Pomigliano, ritengono che si sarebbe dovuto tenere un atteggiamento più intransigente, respingendo in toto il «ricatto» del Lingotto (firmate o la ex Bertone chiuderà). Ma il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, ha ribadito che la sua organizzazione non firmerà l’accordo, che è invece stato siglato proprio ieri pomeriggio dalle Rsu Fiom, subito prima di dimettersi dall’incarico.

Ad aggiungere critiche alla Fiom nazionale sono 11 delegati della Fiat di Melfi (la maggioranza in fabbrica, dato che in tutto sono 18), che ieri hanno scritto una lettera a Maurizio Landini e alla segretaria generale Cgil Susanna Camusso, affermando che un altro contestato accordo, quello sul sistema di lavoro Ergo-Uas e sul taglio delle pause, «avrebbe dovuto essere firmato». La Fiom nazionale invece, contro il parere di questi 11 (il fatto risale al mese scorso) decise solo di siglarlo e di lasciare la firma in sospeso, chiedendo chiarezza sull’automatismo o meno del passaggio da 40 a 30 minuti di pausa. «La chiarezza non è mai arrivata da parte della Fiat – ha risposto ieri il responsabile nazionale auto Fiom Enzo Masini agli 11 – e così non abbiamo firmato e mai firmeremo quell’accordo». Netta anche la posizione di Emanuele De Nicola, segretario regionale Fiom Basilicata: «Gli 11 furono invitati a un’assemblea che tenemmo il 19 e 20 aprile, con 2 mila operai, per mettere al voto quell’accordo: ebbene, è stato respinto all’unanimità. Solo 2 degli 11 si presentarono, votando peraltro pure loro no: vorremmo coerenza, e ci chiediamo se non si debbano ora dimettere, come hanno fatto alla ex Bertone».
Insomma, tra i metalmeccanici Cgil non è certo il momento dell’unità interna, e probabilmente il comitato centrale che si terrà lunedì prossimo sarà molto teso, e voleranno anche parecchi stracci. Ma d’altra parte è pure inevitabile, quando le decisioni da prendere sono difficili. In ogni caso, dall’interno dell’organizzazione si tende a respingere le interpretazioni che vorrebbero disegnare un contrasto tra la Fiom nazionale e i delegati della ex Bertone.
Il coltello nella piaga era stato affondato dalla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che ieri a Radio24 definiva la Fiom «spaccata» tra i vertici e la sua base: «C’è un pezzo della Fiom, una parte, non tutta, che ragiona più sulle ideologie che sulle cose concrete – ha detto – È successo in tante imprese, anche nella mia: i lavoratori capiscono, seguono le trattative, poi c’è una componente nazionale della Fiom che dice no, no, no… Ma chi è nelle aziende ed è iscritto alla Fiom comprende».
Il segretario della Fiom Landini replica che non è vero: «L’idea che i delegati Rsu della ex Bertone avrebbero deciso contro il parere della Fiom è una sciocchezza pura – ha spiegato – Le Rsu hanno una loro precisa autonomia, sono delegati dei lavoratori, e con loro sono stati decisi scientemente tutti i passaggi di questa vicenda. Le Rsu hanno fatto un ragionamento e hanno rifiutato, non avendo potuto condurre alcuna trattativa con l’azienda, la responsabilità di scaricare sui lavoratori la chiusura dello stabilimento. È un atto di legittima difesa e anche intelligente: i delegati hanno chiesto alla Fiom di non firmare l’accordo e la Fiom non lo firmerà».
Intanto, come detto, ieri i delegati ex Bertone, subito dopo aver firmato l’accordo (solo loro, in assenza della Fiom nazionale), si sono dimessi: e rappresentando la maggioranza di tutte le Rsu, adesso si dovranno tenere nuove elezioni. Che saranno delicatissime: manterrà la Fiom, a questo punto, la maggioranza dei delegati nello stabilimento? Insomma, i lavoratori sono stati persuasi dal «doppio binario» percorso dai metalmeccanici Cgil? Il sì dei lavoratori e la firma delle Rsu tiene infatti aperto lo stabilimento, ma nel contempo la Fiom nazionale prosegue nel contrasto a quello stesso accordo, con la causa già depositata al tribunale di Torino (contro l’illegalità del contratto Mirafiori-Pomigliano, che è poi il medesimo applicato in Bertone).
Dalla segreteria Cgil, arriva l’avallo per il comportamento delle Rsu ex Bertone: «Lo trovo positivo – commenta Susanna Camusso – Alla loro scelta responsabile deve corrispondere la scelta Fiat di discutere con le Rsu delle condizioni di lavoro». Quanto al ricorso presentato dalla Fiom sull’accordo di Pomigliano, Camusso ha spiegato: «Penso sempre che il primato sia quello della contrattazione e degli accordi. Chiaramente laddove le condizioni non ci sono si può anche ricorrere alla magistratura ma per far ripartire la contrattazione non perché dalla magistratura ci arriveranno le soluzioni».
A rendere la tensione che si respirerà nel prossimo comitato centrale Fiom due note diverse, ma comunque in disaccordo con la maggioranza guidata da Landini: quella del «cremaschiano» segretario nazionale Sergio Bellavita – che chiama a una «profonda riflessione», perché «anche alla ex Bertone ci sarebbe voluta la straordinaria resistenza operaia di Pomigliano e Mirafiori ai diktat di Marchionne»; e quella di Fausto Durante, della minoranza moderata, che invece sostiene gli 11 delegati di Melfi e chiede che «l’accordo sia firmato».

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