Corteo di egiziani a Gaza? «Inutile, restate al Cairo»

È un anniversario della Nakba («catastrofe», 15 maggio) figlio delle rivolte e dei fermenti che scuotono il Nordafrica e il Vicino Oriente quello che hanno cominciato a commemorare i palestinesi e gli arabi. Ieri in Giordania e in Egitto migliaia di persone hanno manifestato a sostegno della proclamazione dello Stato di Palestina e per il diritto al ritorno dei profughi palestinesi (oltre 4 milioni).

È un anniversario della Nakba («catastrofe», 15 maggio) figlio delle rivolte e dei fermenti che scuotono il Nordafrica e il Vicino Oriente quello che hanno cominciato a commemorare i palestinesi e gli arabi. Ieri in Giordania e in Egitto migliaia di persone hanno manifestato a sostegno della proclamazione dello Stato di Palestina e per il diritto al ritorno dei profughi palestinesi (oltre 4 milioni).

Al Cairo alcune centinaia di persone hanno manifestato davanti all’ambasciata di Israele, chiedendo l’espulsione dell’ambasciatore e la chiusura della sede diplomatica mentre a Piazza Tahrir, dove si è svolto il «Venerdì di unità nazionale e di sostegno all’intifada palestinese» si preparavano a partire una ventina di autobus con centinaia di attivisti decisi a raggiungere Gaza. Un’iniziativa che non piace alle autorità egiziane post-Mubarak che pure si sono proclamate a favore della fine del blocco di Gaza. L’esercito ha bloccato gli accessi verso il Sinai e ha schierato 1.500 soldati a el Arish, a una cinquantina di chilometri dal valico di Rafah. E con il governo egiziano si è schierato a sorpresa proprio il movimento islamico Hamas che ha chiesto agli attivisti egiziani di non andare a Gaza. 
Il leader in esilio di Hamas, Khaled Mashaal, con l’evidente intento di compiacere il governo del Cairo, più aperto verso gli islamisti palestinesi rispetto all’esecutivo dell’ex raìs Mubarak, ieri ha affermato che Hamas preferisce che gli egiziani non marcino su Gaza. «Chiediamo di sostenere la causa palestinese da un punto di vista politico, mandando aiuti finanziari o con boicottaggi. Non vi chiediamo di marciare» ha detto Mashaal esortando gli egiziani a badare agli affari interni del loro paese «in modo da favorire una rapida conclusione del periodo di transizione, con la formazione di un governo forte». Mashaal ha spiegato che Hamas non può chiedere agli egiziani «di impegnarsi in uno scontro diretto contro l’entità sionista» in questa fase critica per la loro politica interna. Pragmatismo e diplomazia che ribadiscono la linea morbida scelta da Mashaal e dall’ala politica di Hamas per ottenere quei riconoscimenti arabi e occidentali che reclamano invano da anni. 
Nel Sinai però si trovano già dozzine di attivisti egiziani che proveranno ugualmente a entrare nella Striscia, dove sono attesi da un’ottantina di italiani (e alcuni attivisti di altri paesi) giunti a Gaza giovedì con il convoglio «Restiamo Umani», dedicato alla memoria di Vittorio Arrigoni, a un mese dall’assassinio dell’attivista e giornalista. A Gaza invece non riesce a entrare una delegazione della Provincia di Roma, guidata dal consigliere e vice presidente della commissione ambiente Gianluca Peciola. Israele non ha ancora concesso l’autorizzazione all’ingresso della delegazione ferma da giorni a Betlemme. 
Ma la tensione per la Nakba è in aumento anche a Gerusalemme. La polizia israeliana durante scontri nella zona araba della città, ha ferito gravemente un 17enne palestinese, Milad Ayyash, che ieri sera lottava tra la vita e la morte all’ospedale Makassed.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password