EVROS · Quattro centri di detenzione sono l'unico sostegno che la Grecia offre ai migranti

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Carcere e niente diritti

EVROS · Quattro centri di detenzione sono l’unico sostegno che la Grecia offre ai migranti

EVROS · Quattro centri di detenzione sono l’unico sostegno che la Grecia offre ai migranti

Il paesaggio nelle vicinanze del confine con la Turchia non è certo esaltante. Sarà l’aria piena di pioggia, il cielo cupo e il fatto che, soldati a parte, in giro non si vede un’anima, ma l’impressione è di trovarsi davvero in una sorta di terra di nessuno. I campi sono abbandonati, l’erba cresce alta lungo strade fangose in fondo alle quali un agglomerato di casette basse, con i panni stesi all’aria, sembra essere l’unico insediamento civile consentito. Per il resto il confine di terra è punteggiato dalle torrette di guardia dei soldati. In tutto ce ne sono 12, sei greche e sei turche che si alternano. In lontananza la macchina di Frontex fa avanti e indietro lungo il fiume alla ricerca di immigrati. Una «caccia» che prosegue anche di notte con l’aiuto di telecamere a raggi infrarossi. In attesa di costruire il suo muro, tutto ciò che la Grecia riserva oggi agli immigrati sono, come al solito, centri di detenzione in cui uomini e donne, ma anche interi nuclei familiari con bambini, vengono ammassati senza troppi riguardi. Nella regione di Evros ce ne sono quattro. A Fylakio, a nord, si trova l’unica vera struttura pensata per richiudere gli stranieri ed è gestita dalla prefettura di Evros, mentre le altre tre si trovano a Feres, Tychero e Soufli, nel sud della regione, e non sono altro che posti di polizia adibiti a prigione. A guardarli dall’esterno, bisogna davvero fare uno sforzo per trovare qualcosa di umano in questi luoghi. Sovraffollamento, condizioni igieniche inesistenti, scarsa attenzione ai diritti dei migranti sono infatti una caratteristica tristemente comune a tutte le strutture. A Fylakio, il più grande tra i quattro centri, sulla carta ci sarebbe posto per 374 persone. Quando una delegazione dell’European union agency for fundamental rights (Fra) è venuta in Grecia proprio per capire cosa sta accadendo alla frontiera di Evros e nei centri di detenzione, ce ne erano richiuse circa 450, divise in 7 celle e senza alcuna separazioni tra uomini e donne né tra adulti e bambini. Stessa cosa negli altri centri. A Feres, che il teoria potrebbe ospitare al massimo 30 persone, se ne contavano 140-150, divise in tre celle. Altrettante si trovavano a Tychero, dove al massimo ce ne entrerebbero 45, con la differenza che qui le celle sono solo due. E altre 140-150 erano rinchiuse a Soufli, (capacità massima 38 posti), ammassate in una sola cella di circa 110 metri quadrati. Ancora oggi la situazione non è cambiata. Quasi ovunque i vetri delle finestre sono rotti e ci si protegge alla meglio dal freddo ammassando cartoni e teli di cellophane contro gli infissi, una puzza nauseabonda appesta l’aria e gli immigrati sono appesi alla grate aspettando la scarcerazione che a volte arriva solo dopo svariati mesi di detenzione. «I problemi più gravi che abbiamo individuato riguardano situazioni di grave sovraffollamento, ma anche l’assenza di alternative alla detenzione per donne incinte, famiglie con bambini e bambini separati dai genitori, alcuni dei quali sono molto piccoli e che spesso sono tenuti nella stessa cella con gli uomini», spiega Waltraud Heller, portavoce di Fra. «Manca un’informazione legale, ma anche biancheria pulita, i servizi igienici e le docce sono rotti e non c’è nessuna possibilità di trascorrere del tempo libero all’aria aperta. Da considerare poi che nei centri non c’è nessun supporto psico-sociale per gli immigrati». Un quadro ancora più esplicito gli inviati di Fra lo hanno scritto nel loro rapporto dopo aver visitato il centro di Soufli: «Le persone erano distese nei letti e sul pavimento, attaccate le une alle altre. Per spostarsi lo staff doveva camminare sopra i loro corpi. Una persona dormiva in una doccia non funzionante, altre tre sopra il buco nero del bagno. L’aria era puzzolente – prosegue il rapporto – le finestre erano coperte con cartoni e spazzatura. Un grande raccoglitore era pieno di spazzatura in decomposizione, ma doveva rimanere nella cella per altri due giorni dal momento che viene rimosso ogni tre giorni. La porta del bagno era fuori dai cardini e appoggiata al muro. La doccia aveva solo l’acqua fredda, con una temperatura esterna di circa 0 gradi. Alcune persone erano evidentemente malate. Un richiedente asilo ha sostenuto che era detenuto lì dal 12 agosto 2010, il che significa più di sei mesi». Diverse organizzazioni internazionali hanno criticato duramente queste condizioni di detenzione. Da Human right watch, al Comitato europeo per la prevenzione della tortura all’Unhcr, l’organismo delle Nazioni unite per i rifugiati che per Evros ha parlato dell’esistenza di una vera «crisi umanitaria». Anche perché per gli immigrati è difficile anche poter contare su un’adeguata assistenza legale, fondamentale per il riconoscimento dello status di rifugiato. «Anche se molte persone provengono da Paesi a rischio come l’Afghanistan, la Somalia o l’Iraq, nel 2010 a Evros sono state avviate solo 80 domande di asilo politico », denuncia ancora Fra. L’unico sostegno arriva da Medici senza frontiere che a Evros ha spedito una squadra composta da due medici e undici infermieri guidata da Thanasis Spyratos, un greco di 55 anni con un passato da manager in una multinazionale. Ogni giorno due macchine di Msf fanno il giro del centri portando medicinali e visitando gli immigrati arrivati durante la notte,molti dei quali con sintomi di congelamento, e controllando lo stato di salute degli altri. Nel corso della sua missione a Evros Msf ha curato più di 850 migranti affetti prevalentemente da infezioni respiratorie, problemi gastrointestinali e infezioni della pelle. Thanasis e i suoi fanno quello che possono, soprattutto quello che le autorità greche gli consentono di fare. Ma non è poco. Il lavoro di Msf non si limita infatti alla sole curemediche. A ogni immigrato viene consegnato anche un kit di sopravvivenza. Thanasis nemostra uno, dentro c’è il minimo indispensabile: cappello, guanti, sciarpa e un sacco a pelo per resistere al freddo, ma anche spazzolino e dentifricio. «Dall’inizio di gennaio ne abbiamo distribuiti più di duemila», spiega. «La situazione alle frontiere terrestri esterne dell’Ue tra Grecia e Turchia, costituisce una emergenza dei diritti fondamentali – conclude il portavoce di Fra -. Le condizioni di vita nei centri di detenzione e gli ostacoli per accedere a procedure di asilo creano motivi di preoccupazione per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’Unione europea».

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