Ricorso della difesa: “È malato, no al processo”. Durante la lunga latitanza trovò rifugio anche all’interno di un monastero
Ricorso della difesa: “È malato, no al processo”. Durante la lunga latitanza trovò rifugio anche all’interno di un monastero
BELGRADO – Le suore del monastero di S. Melania dovranno prepararsi a domande scomode se, come ha annunciato il governo, chi ha protetto la latitanza di Ratko Mladic sarà chiamato a risponderne. Fu in quel monastero di Zrnjamin infatti, poco distante dal villaggio di Lazarevo dove Mladic è stato scoperto e arrestato giovedì (nella casa di proprietà di un cugino) che l´ex comandante in capo dell´esercito serbo, accusato dal Tribunale dell‘Aja di aver ordinato l´eccidio di Srebrenica, si rifugiò nel 2006 dopo esser stato colpito da infarto. Lo hanno detto a Blic fonti dell´arcivescovado da cui dipende il monastero. Le condizioni dell´ex generale sarebbero state così gravi che le suore avevano già preparato la sua tomba nella cripta. Ma Mladic, da uomo forte qual è, dopo un mese fu in grado di lasciare il monastero e andarsene senza lasciare indirizzi.
Dov´era Mladic? Se la domanda “dov´è?” ha per 15 anni minato la credibilità dei governi di Belgrado, anche la risposta su dove sia stato può diventare scomoda per molti politici serbi. Da quanto tempo stava nel rifugio dove l´hanno trovato? E se da almeno otto anni aveva cambiato decine di abitazioni, da Belgrado alla Vojvodina, chi ha finanziato la sua fuga? Secondo le voci di Belgrado anche sull´ex presidente Kostunica e il suo capo dei servizi segreti ci sarebbero notizie interessanti, se qualcuno vorrà accertarle.
«Almeno, questa è la fine del principio dell´impunità», dicono al centro per i diritti umani di Natasha Kandic. «Ora almeno chi va in giro col faccione di Mladic sulla t-shirt o scandendo noz, zica, Srebrenica (coltello, filo spinato, Srebrenica) dovrà risponderne». Ma proprio questo slogan scandivano ieri sera migliaia di persone che arrivavano dalla provincia per partecipare ad una manifestazione di protesta contro “il tradimento” fatto a Mladic. «Perderemo voti alle elezioni ma abbiamo agito nell´interesse del paese» ha detto il ministro del Lavoro Llajic a un quotidiano di Sarajevo. È difficile fare previsioni in un paese in cui il pendolo oscilla più violentemente che altrove tra paralisi e voglia di vivere, o dove due terzi degli studenti non sono mai stati all´estero anche se tutti i giovani vorrebbero andarci a vivere permanentemente.
Mladic, come ci aveva annunciato l´avvocato, nega ogni responsabilità per Srebrenica, non riconosce il Tribunale dell´Aja ma si difenderà. All´Aja ci si aspetta una estradizione imminente (oggi o domani), ma l´avvocato insiste che le condizioni di Mladic «sono enormemente peggiorate nelle ultime 24 ore». Soprattutto dal punto di vista psichico: «ha perdite frequenti di memoria, smarrimenti, vuole che gli portino la bara della figlia Ana (morta suicida sparandosi un colpo con la pistola del padre)». Allo stesso tempo ha chiesto di poter usare un computer e un registratore, perché ha difficoltà a scrivere con la mano destra semiparalizzata, si è scusato con la famiglia per le sofferenze procurate in questi anni (lo ha detto la moglie Bosjlka), e si è tenuto scrupolosamente alla dieta di pollo e verdure, pesce e purè prescrittagli dai medici. Mladic ha sempre avuto fama di asceta: né fumo né alcol né donne. «Il nostro uomo migliore» dicevano ieri gli striscioni nel suo villaggio natale di Kalinovic, ribattezzato dagli abitanti Mladicevo, nella Repubblica Srpska, la parte della Bosnia dove dopo la pulizia etnica degli anni 90 sono rimasti solo serbi.
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