Facebook ha rotto l'isolamento, i giovani sono protagonisti di una nuova politica. Un moto d'istinto può avere forza propulsiva: è accaduto anche in Tunisia con Bouaziz. È appena uscita dal carcere dopo quindici giorni di sciopero della fame 

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“Uno schiaffo per la Rivoluzione così i siriani diventano cittadini”

Parla la dissidente al-Atassi, la donna-simbolo che ha sfidato gli agenti. Facebook ha rotto l’isolamento, i giovani sono protagonisti di una nuova politica. Un moto d’istinto può avere forza propulsiva: è accaduto anche in Tunisia con Bouaziz. È appena uscita dal carcere dopo quindici giorni di sciopero della fame 

Parla la dissidente al-Atassi, la donna-simbolo che ha sfidato gli agenti. Facebook ha rotto l’isolamento, i giovani sono protagonisti di una nuova politica. Un moto d’istinto può avere forza propulsiva: è accaduto anche in Tunisia con Bouaziz. È appena uscita dal carcere dopo quindici giorni di sciopero della fame 

DAMASCO – Lo schiaffo che ha risvegliato la Siria è stato assestato dalla piccola mano che adesso porge il benvenuto sulla soglia di casa a Dummar, un nuovo quartiere fuori della capitale. Dietro, appare il sorriso luminoso di Suhair al-Atassi, la dissidente forse più in vista nel Paese. «Davvero, è un sogno esser qui. Ancora dieci ore fa, m´aspettavo le peggiori torture», si congratula la minuta donna in jeans, 39 anni, due occhi che scintillano d´entusiasmo.
Non che quel ceffone a un robusto agente della sicurezza di cui si favoleggia nella primavera delle libertà, fosse da osare a cuor leggero. Animatrice del salotto politico più rispettato in città, erede di un´illustre dinastia, gli Atassi – presidenti, ministri, ambasciatori, magistrati, tutti caparbi nella richiesta di democrazia, figli dell´”Età liberale araba” a cavallo del secolo – Suhair è appena tornata dal carcere dopo 15 giorni di sciopero della fame. È uscita con la liberazione dei prigionieri politici avviata dal nuovo governo.
Signora Atassi, perché è stata arrestata?
«Glielo racconto. Il primo “giorno della rabbia”, il 15 marzo, quand´ho visto i giovani scendere in piazza, maschi e femmine di ogni etnia e religione, ho annunciato che i siriani ora sono veri cittadini, non più pecore. Che la patria non ha un sayyed, un Signore. Parole pericolose agli occhi del regime. In più, c´era quel precedente: la storia dello schiaffo». 
Com´è andata quella storia?
«In febbraio eravamo stati presi a cinghiate per un raduno di solidarietà con i tunisini e gli egiziani. Ho sporto reclamo alla centrale del mukhabarat di Bab Touma. Sa cos´ho ottenuto in risposta? Solo insulti e minacce. Un mukhabarat mi ringhiava: “Vedrai, qualcuno ti ammazzerà. Ripuliremo le piazze dagli scarafaggi, dalle prostitute come te. Poi, m´ha colpita. Ecco, in quel momento m´è partita la sberla». 
Un atto impulsivo o una mossa plateale?
«Un moto d´istinto, però dettato dalla dignità del cittadino. Dopotutto, nel risveglio arabo, una sberla non è più il gesto infame di uno sbirro, senza conseguenze. Ha una forza propulsiva, da quando il 17 dicembre in Tunisia il giovane Bouaziz dopo una simile mortificazione s´è immolato col fuoco, innescando la rivolta di milioni dalle coste dell´Atlantico alle dune dell´Hijaz». 
La sua ribellione, però, ha avuto conseguenze?
«Non mi sono fatta intimidire. Ho ripreso a manifestare. Sono stata arrestata il 16 marzo a un sit-in per i prigionieri politici. I mukhabarat volevano farmela pagare. Non scordo l´odio nei loro sguardi quando m´hanno presa, in due per le braccia, altri quattro a picchiarmi alle spalle. Sei mukhabarat contro me sola. Per ironia, alla centrale mi hanno medicata». 
Le è stata concessa la presenza di un avvocato?
«Sì, e il giudice simpatizzava con noi. Il vero nodo, però, è un altro: lo strapotere dei mukhabarat, che esautora la magistratura. Ho iniziato con le altre donne lo sciopero della fame. Quando hanno liberato tutte, tranne me, non sapevo cos´aspettarmi. I mukhabarat m´avevano giurato il sequestro, lo stupro, la morte se non avessi smesso l´attività del mio Forum, anche su Facebook. Avrebbero preso mio figlio in Libano. Sola in cella, pensavo fosse arrivata la mia ora. Ma poi, alle 8.45 di domenica sera, la galera s´è aperta al-Hamdulillah, Dio sia lodato. L´incubo è svaporato». 
Ripeterebbe il suo gesto?
«Ormai la piazza è spalancata. Facebook ha rotto l´isolamento della Siria con l´esterno, e del popolo al suo interno. Collega siriani e egiziani, dissidenti storici e giovani, protagonisti di un nuovo modo di fare politica». 
E l´opposizione che parte ha in questo scenario?
«E´ in ritardo, come in Egitto, tinta da ideologie di partito – comunisti, nasseristi, nazionalisti – e da un´età media di 60 anni. L´irruzione della gioventù ha scardinato la scena. Nel 2005, ho aperto il mio Forum a un comitato solo di giovani, portatori di strumenti inediti, dinamici, ben più pericolosi. E vuole sapere una cosa? Per ironia, tutto questo è successo sotto la guardia del presidente Bashar al Assad». 
Sarebbe a dire?
«Che le novità sono germinate sul terreno delle libertà concesse da Assad dopo l´arrivo al potere. Forse nemmeno lui s´aspettava il risultato. Se indovino la sua intenzione, lui voleva acquistare legittimità agli occhi dei siriani. Quando il regime s´è accorto del rischio, è iniziata la repressione. Ma sotto il suo regno è nata la società civile, si sono sviluppati Internet, i movimenti degli studenti nel 2003, fenomeni importanti di volontariato: quelli che ora sono in piazza». 
Secondo lei, qual è il corso della protesta siriana?
«Fino adesso l´opposizione riteneva che i giovani siriani non fossero impegnati quanto gli egiziani e i tunisini. Che la Siria non fosse matura. Che servisse tempo per gettare le fondamenta salde di una rivolta. A essere sincera, non so neppure io chi mobiliti davvero la ribellione. So, però, che quando scorre il sangue, non si torna più indietro. La Siria è cambiata. L´ho detto al giudice, e lui m´ha sorriso: vogliamo essere veri cittadini».

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