“Fate saltare il rapido 904” Riina il mandante della strage

 Nell’attentato del Natale ‘84 lo stesso esplosivo usato poi in via D’Amelio

 Nell’attentato del Natale ‘84 lo stesso esplosivo usato poi in via D’Amelio

NAPOLI – Doveva apparire come «un fatto politico», ma era opera di Cosa nostra. Il delirio stragista di Totò Riina, divorato dall´ira per i colpi durissimi inferti alla mafia dal maxi processo istruito da Giovanni Falcone, si manifestò per la prima volta il 23 dicembre del 1984, quando un micidiale ordigno fece saltare in aria il rapido 904 partito da Napoli e diretto a Milano. Un´inchiesta della procura di Napoli aggiunge un nuovo, significativo, capitolo alla ricostruzione giudiziaria di quell´attentato costato la vita a 16 persone. Ora Riina è indagato come mandante dell´azione per la quale è già definitiva la condanna all´ergastolo di un altro “uomo d´onore”, Pippo Calò. Ma soprattutto si fa più nitido il filo che lega la strage di Natale e quelle degli anni successivi: come il fallito agguato dell´Addaura del giugno 1989 contro Falcone e l´autobomba che nel luglio 1992 devastò via D´Amelio a Palermo uccidendo il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta.
I carabinieri del Ros hanno notificato nel carcere di Opera l´ordinanza cautelare firmata nei confronti di Riina dal giudice Napoli Carlo Modestino su richiesta dei pm Sergio Amato e Paolo Itri, del pool coordinato dal procuratore aggiunto Alessandro Pennasilico. I pm hanno interrogato in questi mesi pentiti di mafia come Giovanni Brusca, Gioacchino La Barbera, Leonardo Messina, e di camorra come Luigi e Guglielmo Giuliano e Salvatore Stolder. La lettura degli inquirenti napoletani non contrasta ma anzi integra quella delineata dalle sentenze della magistratura fiorentina e romana. 
Il cuore della nuova ricostruzione è rappresentato da una perizia depositata il 23 settembre 2010: per il rapido 904 fu utilizzata la stessa combinazione di esplosivi, Semtex H e candelotti Brixia B5, impiegata in via D´Amelio. Materiale appartenente a un´unica fornitura, la cui ultima parte fu sequestrata nel 1996 a San Giuseppe Jato. Un´altra analogia riguarda i telecomandi: i circuiti integrati dei congegni utilizzati in via D´Amelio avevano la stessa provenienza di quelli rinvenuti a San Giuseppe Jato. Le schede digitali, assemblate in entrambi i casi dalla stessa azienda di Treviso, risultano commercializzate da una ditta romana il cui titolare, indicato per «ragioni di cautela processuale» dai pm con la sigla Alpha, sarebbe la stessa persona che nel 1984 fornì il materiale elettronico utilizzato per la strage di Natale a Friedrich Schaudinn, uno dei condannati insieme a Calò per il rapido 904. E i candelotti di Brixia B5, presenti sul treno Napoli-Milano e rinvenuti a San Giuseppe Jato, componevano anche l´ordigno dell´Addaura.
Ecco perché, scrive il gip Modestino nella sua ordinanza, «se l´attentato all´Addaura mirò a colpire il giudice Falcone e la delegazione svizzera di Carla Del Ponte, se gli attentati del ´92 e le successive stragi del ´93 e ´94 mirarono prima all´eliminazione fisica dei due giudici per contemporaneamente colpire a fini di ricatto lo Stato e il suo patrimonio artistico culturale al fine di imporre la volontà dell´organizzazione, è altrettanto evidente – si legge ancora – che quello contro il rapido 904 fu, in ordine cronologico, il primo e forse più odioso evento stragista ideato e posto in essere con l´obiettivo di stroncare sul nascere l´iniziativa giudiziaria più minacciosa e quindi più temuta per la cosca mafiosa e per il suo indiscusso capo dell´epoca: il processo Buscetta».

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