«Ordine e ingiustizia sociale: svolta autoritaria dell’Ungheria»

ROMA — «Sono dispiaciuto per i miei connazionali. Con il passaggio della nuova Costituzione, si apre un periodo molto buio per l’Ungheria. La democrazia non è in pericolo, è finita: questo non è più un Paese democratico» . Al telefono da Budapest, il perfetto inglese di Gaspà¡r Tà¡mà¡s Miklà³s tradisce un tono grave e preoccupato.

ROMA — «Sono dispiaciuto per i miei connazionali. Con il passaggio della nuova Costituzione, si apre un periodo molto buio per l’Ungheria. La democrazia non è in pericolo, è finita: questo non è più un Paese democratico» . Al telefono da Budapest, il perfetto inglese di Gaspà¡r Tà¡mà¡s Miklà³s tradisce un tono grave e preoccupato.

Filosofo della politica, leader morale dell’opposizione progressista, Támás è una delle voci più allarmate che si levano dall’intelighentsja ungherese contro Viktor Orban, il primo ministro che lui conosce molto bene per averci militato insieme ai tempi della dissidenza contro il regime comunista. «Questa Costituzione — spiega Támás— combina in modo originale due elementi: un testo legale neo-conservatore, che sospende ogni diritto sociale, direi un sogno thatcheriano realizzato. Dal diritto al welfare al principio del giusto compenso, ogni traccia di giustizia sociale scompare per far posto a una sostanza fortemente anti-egualitaria. L’altro elemento è quello autoritario, che centralizza il potere nelle mani dell’esecutivo, ridimensiona gli organi di controllo, limita la libertà di espressione. In altre parole, riduce il ruolo dello Stato nei rapporti sociali, ma lo aumenta a dismisura nel mantenimento dell’ordine» . Ma lei parla di fine della democrazia, non è esagerato? «Il testo costituzionale rende impossibile ogni cambiamento. Le faccio un esempio: il sistema fiscale, basato sulla flat tax del 16%, è stato scritto nella Costituzione. Come dire che nessun altro governo potrà mai cambiare la politica fiscale, poiché nessuno avrà mai più una maggioranza dei due terzi in Parlamento, anche perché la legge elettorale (anch’essa nella Costituzione) lo impedisce. Anche se il centro-sinistra dovesse vincere le elezioni, non potrà cambiare la politica di questo governo. C’è poi un punto filosofico di fondo: in contraddizione con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dell’Onu, i diritti non sono dichiarati come dati e naturali come nelle Costituzioni democratiche, ma sono condizionati a obblighi e compiti: per esempio, chiunque goda di un beneficio statale come la pensione o l’assistenza sanitaria, ne ha diritto, cito la Costituzione, solo se fa un’attività utile alla comunità, in base al giudizio dell’autorità statale. Quindi invece di diritti naturali, avremo diritti concessi dallo Stato» . Ma in Parlamento c’è un’opposizione, lei dice liberamente quello che pensa. Come fa a parlare di fine della democrazia? «Questo è un regime autoritario che ammette qualche forma di competizione parlamentare e una limitata libertà di stampa. Certo l’Ungheria non è la Bielorussia di Lukashenko. Ma il principio è lo stesso e la Costituzione è congegnata in modo tale da marginalizzare ogni tipo di opposizione» . Ma lei stesso dice che c’è una certa libertà di stampa… «Sì, sopravvivono piccoli giornali a diffusione limitata e qualche radio. Ma la televisione è assolutamente occupata dal governo, sia quella privata che quella pubblica. Internet è inondato da siti sciovinisti e nazionalisti» . Ma quanto potrà durare questa Ungheria nell’Unione Europea? «Assistiamo a sviluppi antidemocratici ovunque in Europa. Sarkozy e Berlusconi si inseriscono nello stesso trend. Ma Orban è stato più conseguente. Assisteremo a qualche reazione indignata, come quella del governo tedesco, ci sarà una condanna dell’Europarlamento, ma nulla di sostanziale» . La nazionalità estesa agli ungheresi oltre i confini, prevista dalla nuova Costituzione, creerà problemi e tensioni con i Paesi confinanti, come Romania e Slovacchia? «Io vengo dalla minoranza ungherese della Transilvania e conosco bene il problema. Alla classe politica rumena non importa nulla, gli slovacchi sono un po’ più preoccupati. Ma il nodo è di principio. Ad esempio, la Costituzione precedente diceva che lo Stato protegge la lingua ungherese e le lingue delle minoranze. Quella nuova protegge la lingua ungherese e basta. La giustificazione unica della cittadinanza è l’origine etnica: dalla comunità civica passiamo a quella etnica. Ciò è molto pericoloso» . Ci saranno reazioni nella società civile? «Ne sono sicuro. Il governo è così deciso e aggressivo nel liquidare ogni forma di libera espressione culturale e artistica, ci sono stati tagli di fondi e rimozioni a catena da tutte le istituzioni, che io prevedo il sorgere di una forte resistenza da parte di artisti, intellettuali e studenti. Ci saranno forme di ribellione politica. E poiché Orban è ora molto forte, grazie alla Costituzione, potrebbe anche prodursi una situazione di caos» .

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