Libia. Una voce dal letame

Che dobbiamo fare, noi sinistra,  quando nel mondo arabo  dilaga una inattesa protesta  contro quelle dittature? Niente.

Che dobbiamo fare, noi sinistra,  quando nel mondo arabo  dilaga una inattesa protesta  contro quelle dittature? Niente.

Sperare che il re del Marocco o Assad  in Siria o Gheddafi in Libia  mollino qualche concessione o  perdano le loro forze armate. Se  queste passano con gli insorti tutto  va bene, possiamo elogiarli, se  la sono cavata con qualche centinaio  di morti, e inventare nomi insulsi  per le loro rivolte: per esempio,  dei “gelsomini” o “primavera  araba” (in memoria di quella di  Praga)  Mase un re o un dittatore si mette  a sparare sugli insorti, alt. Vedi il  caso di Gheddafi. Chi sono questi  insorti? Sono pochi e disorganizzati.

Ma sono armati! Chi gli ha dato  le armi? Non certo la sinistra europea,  il tempo dei Garibaldi o delle  Brigate Internazionali è finito. Se  poi gli insorti chiedono aiuto alle  Nazioni Unite, ecco che si rivelano:  sono il cavallo di Troia dell’occidente  per mettere le zampe sul  loro petrolio. Chi li sostiene è pericoloso  imbecille – l’utile idiota dei  nostri giorni. Questa qualifica, e altre  inerenti al letame, è quella che  Tariq Ali affibbia a gente come  me.

Risponderò a Tariq Ali due o tre  cose . Non mi piace, di Tariq Ali e  del manifesto, la equidistanza fra i  “lealisti” di Gheddafi e gli “insorti”  perché non si sa chi siano. Si sa bene  chi sono Gheddafi e il suo regime.

Si sa bene che cosa è un «basta  » di gente che non ha potuto  esprimersi né organizzarsi per alcune  decine di anni, conosciamo  l’esiguità di tutte le forze clandestine,  troviamo pulite le parole con le  quali il comitato di Bengasi si esprime.

Non mi piace che le Nazioni  Unite abbiano ordinato non una  guerra, che implica una invasione  e un’occupazione,ma un intervento  dai limiti poco chiari di interdizione  delle armi pesanti del regime,  quasi a ricreare un equilibrio  fra le parti. Mi rifiuto di sostenere  che contro Gheddafi e in aiuto di  chi non lo accetta più non si possa  che mandare, seppure con fini limitati,  tre eserciti o niente. Temo  che ecciti contro le rivolte chi già  le teme in casa sua. Onestamente,  però, non la definirei una spedizione  imperialista, non sottolinerei  soltanto le falle dell’impresa, che  ci sono, come ci sono quelle del regime.

E le nostre, perché a chi altri  attribuiremo gli almeno 150 affogati  sul barcone davanti alle nostre  coste? Non abbiamo una Greenpeace  per il salvataggio degli umani.

Non mi piace, anzi mi fa ribrezzo,  che Sarkozy abbia tirato a sé il  comunicato dell’Onu per rifarsi  una faccia dopo avere sostenuto fino  all’ultimo il tunisino Ben Ali.

Che i caccia Mirage e Rafale, forniti  dalla Francia alla Libia, siano tenuti  sotto scacco dai Mirage e Rafale  della medesima sta fra il grottesco  e il sanguinario. Non ho capito  perché Obama, pur intervenendo  il meno possibile, sia intervenuto.

Non lo considero un satrapo. Non  penso che voglia impadronirsi di  un petrolio che Gheddafi vendeva  senza problemi.

Non so se abbia  ragione Immanuel  Wallerstein  quando vede nei giovani  arabi un nuovo 1968. So  che non ho diritto di  chieder loro un attestato  prima di decidere se sono  per stare dalla loro  parte o per sparargli.

So di avere sbagliato  quando ho pensato che i  popoli arabi avessero bisogno  di una mano forte  per imparare a governarsi,  per cui ho fatto affidamento  ai partiti Baath,  ai Gheddafi, financo a  Khomeini. Non è vero  che basta essere nemici  degli Stati Uniti per essere  dalla parte giusta.

Non è vero che chi è  un loro nemico è un amico  nostro. Almeno, non  è il mio. Avrei preferito e  di molto che a chi prendeva  la parola rispondessero  folle europee, flottiglie  di sostegno, medici  e anche, sì, chi fosse  pronto a battersi, invece  che si muovesse l’Onu incaricando  alla fine la Nato  di una impresa che, temo,  non risolverà nulla.

Ma mi ricordo che anche  noi abbiamo avuto  bisogno degli “alleati”  per liberarci dal fascismo.

Sì, Gheddafi non è  il Terzo Reich e il comitato  di Bengasi non ha le  stellette del Clnai. Ma allora?  Per parlare come  Tariq Ali, faccio parte  del letame che vedendo  gente che chiede confusamente  pane e libertà  pensa: “Sono dei miei. E  io dei loro”.   

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