C'è un paese del Sud all'origine e ci sono tre donne di diversissima estrazione sociale che intrecciano le loro vite in questa storia: una donna povera ed emigrata in America, con l'uccisione di un uomo sulle spalle; un'altra ricca e generosa, impegnata per la sua difesa; una terza alla ricerca anni dopo delle storie di entrambe. ">

La signora di Sing Sing

C’è un paese del Sud all’origine e ci sono tre donne di diversissima estrazione sociale che intrecciano le loro vite in questa storia: una donna povera ed emigrata in America, con l’uccisione di un uomo sulle spalle; un’altra ricca e generosa, impegnata per la sua difesa; una terza alla ricerca anni dopo delle storie di entrambe.

C’è un paese del Sud all’origine e ci sono tre donne di diversissima estrazione sociale che intrecciano le loro vite in questa storia: una donna povera ed emigrata in America, con l’uccisione di un uomo sulle spalle; un’altra ricca e generosa, impegnata per la sua difesa; una terza alla ricerca anni dopo delle storie di entrambe.

C’è l’emigrazione con i suoi mali e i suoi pregiudizi (quelli di sempre) e c’è la fierezza e determinazione femminile a fronte di una cultura maschile povera e senza respiro. C’è poi il mistero di tante cose che riporta alla ribalta storie durissime e dimenticate. C’è infine la speranza, che non è l’ultima a morire come dice un proverbio consolatorio, ma la prima a vivere in questa storia riportata alla luce anni fa da un libro di una scrittrice (Idanna Pucci: «La signora di Sing Sing»), ripreso poi da uno spettacolo teatrale della compagnia lucana «SenzaTeatro» e infine, è notizia di oggi, dal cinema. Liliana Cavani dirigerà a breve la storia di Maria Barbella, emigrata lucana oltreoceano nel primo grande esodo di fine Ottocento, la prima donna condannata alla sedia elettrica negli Stati Uniti d’America. La sceneggiatura è degli scrittori Andrea Purgatori e Jim Carrington, la produzione è quella di Renzo Rossellini per Rai Cinema. È in definizione il cast degli attori, ma il film sarà girato per intero, con qualche ripresa in Italia, negli Stati Uniti entro il 2011. La storia di Maria Barbella si appresta quindi a vivere una seconda, stavolta più clamorosa, notorietà. E dio solo sa quanto ci sia bisogno di storie da riportare alla luce in un’epoca che ha fatto della distruzione della memoria del passato il suo sport preferito. Racconta Idanna Pucci: «Quando mi imbarcai in questa avventura, alla ricerca di uno degli impegni sociali più importanti di una mia bisnonna di cui ignoravo tutto, le scoperte furono tante. Su Maria Barbella, soprattutto a Ferrandina, suo paese d’origine, ma non solo, fu tutto molto difficile. Nel paese non si sapeva nulla di questa concittadina di cui si erano perse persino le tracce e la data di nascita, recuperata a fatica negli archivi polverosi della chiesa cattolica. Fu comunque per me una scoperta affascinante per l’intreccio della storia, per i risvolti penosi dell’emigrazione su persone semplici spesso stritolate in meccanismi infinitamente più grandi di loro, per la genesi di un impegno di massa, il primo in assoluto, contro la pena di morte che mi intrigava e appassionava». La bisnonna di cui parla Idanna Pucci è Cora Slocomb, ricca ereditiera americana, sposata a un friulano, che mise in moto il meccanismo di difesa di Maria Barbella. Da Ferrandina agli Usa Ferrandina, in provincia di Matera, è un bel paese della Val Basento di novemila abitanti, oggi in grave crisi per la ripresa dell’emigrazione, frutto della caduta del lavoro agricolo (olio innanzitutto, le cui olive vengono lasciate ormai spessissimo sulle piante perché non è conveniente raccoglierle) e del lavoro industriale nell’area a valle del paese. Ci sarebbe da mettere in piedi, approfittando della crisi che non è solo problema ma anche opportunità per cambiare, una politica nuova che faccia tesoro di tutti gli errori del passato per correggerli, ma non c’è nulla di tutto questo all’orizzonte. Né ci si può consolare con le tipiche case a schiera del centro storico o i bei monumenti o lo squisito sospiro, il dolcetto tipico del luogo che resiste saldamente agli attacchi della storia. Da questo paese, a fine 800 (la prima, grande ondata migratoria in Italia), precisamente nel 1892, emigrò con la famiglia la giovane poco più che ventenne Maria Barbella. Figlia di un sarto, giunse in America nel novembre del 1892 insieme ai genitori e 4 fratelli e si sistemò nella Little Italy newyorchese dopo il filtro umiliante di Ellis Island. Lì la giovane trovò lavoro in una sartoria (otto dollari la settimana) e conobbe un giovane lustrascarpe, Domenico Cataldo, anch’egli emigrato lucano di Chiaromonte. Il giovane iniziò un corteggiamento insistente, con rapporti sessuali strappati con la violenza oltre che con la promessa di un matrimonio che invece si allontanava sempre di più. Domenico non solo non aveva nessuna intenzione di sposarla (tra l’altro aveva nascosto a Maria di avere già moglie e figli al paese d’origine) ma le disse che stava per rimpatriare. Maria non accettò tutto questo, e il 26 aprile 1895 raggiunse Domenico in un bar dove stava giocando a carte con un italiano. Alle richieste della donna di mantenere fede alla parola data Domenico rispose con brutalità: «Solo un porco ti sposerebbe». Fu un attimo, Maria tirò fuori da sotto lo scialle un rasoio e gli tagliò la gola. Il giovane morì quasi subito e Maria ripeté ai poliziotti che stavano per accompagnarla a «Le Tombs», le famigerate carceri di New York dove restò prima di finire a Sing Sing, l’unica cosa che le uscì dalla bocca in quel frangente disperato: «Ho preso il suo sangue così non prende il mio». Maria Barbella dopo un primo processo sbrigativo e pieno di sottoculture razzistiche verso gli immigrati (siamo in epoca lombrosiana, tra l’altro), durato tre giorni, fu condannata amorte da eseguirsi sulla sedia elettrica da poco inventata. Il clima che si respirò in questo primo processo farsa fu del tutto violento e razzistico, come testimoniano anche i giornali del tempo in gran parte schierati contro la giovane. Scrisse ad esempio il New York Herald: «Se il professore Cesare Lombroso fosse in questa città, indicherebbe Maria come conferma di molte delle sue conclusioni riguardanti le donne criminali. Il suo aspetto mostra la predominanza della natura animale. La mascella è pesante, la fronte bassa e le orecchie sono sporgenti. Il lato destro del volto è più grande di quello sinistro. A dire il vero l’asimmetria è talmente marcata che il volto sembra essere stato violentemente contorto verso destra». Arriva Cora È in questo momento che la vita di Maria si intreccia con quella di un’altra donna del tutto diversa e opposta per estrazione sociale, Cora Slocomb. Cora è una ricchissima ereditiera americana di New Orleans che vive in Italia sposata a un nobile friulano, Detalmo di Brazzà, fratello dell’esploratore generoso del Congo francese (un antagonista del cinico Stanley). Ha deciso da sempre, fin da giovane, di dedicare la propria vita alla causa dei diseredati e soprattutto del mondo femminile. In Italia è un nome, ancora purtroppo poco indagato e valorizzato, nella storia della cooperazione femminile e dell’organizzazione industriale femminile tra fine Ottocento e Novecento. Cora vive in Italia, in Friuli, e riceve i giornali americani. Un giorno legge in un breve trafiletto di prima pagina del New York Times la notizia che Maria Barbella aveva ucciso un connazionale ed era atteso il processo, quello che la portò alla condanna a morte sulla sedia elettrica, la prima donna condannata a morte con questo nuovo strumento. Immediatamente, com’è del resto il temperamento della donna, Cora convince il marito, con cui c’è un legame fortissimo, a seguirla negli Stati Uniti per la causa di questa giovane emigrata lucana. Va a trovare Maria dapprima a Le Tombs, poi, con la revisione del processo, la seguirà a Sing Sing, unica donna in un carcere di soli uomini (fu approntata ad hoc la cella per lei). Resta ancor più colpita dalla semplicità e ingenuità della ragazza e capisce che senza una mobilitazione forte resterà stritolata dentro un meccanismo infinitamente più grande di lei. Del resto la sedia elettrica, nuovo barbaro strumento di morte, è lì che attende. Cora mobilita gratuitamente i tre avvocati più in vista di New York, stimola i giornali amici e tutto ciò che è utile nell’ambito del potere; oltre alla preparazione dell’opinione pubblica per questa causa a cui si dà anima e corpo. Ma, all’opposto, si prepara anche la controffensiva degli avversari. Si distingue, tra gli altri, soprattutto Charles Chapin, potente e cinico possessore di un giornale che le scatena contro una campagna durissima senza esclusione di colpi. Detalmo è preoccupato per la moglie e incontra il capo della polizia di New York per chiedere una protezione per Cora. Cosa che verrà accordata e sarà un altro emigrato italiano, poi divenuto famoso, Joe Petrosino, ad avere l’incarico di proteggere la donna. «Va detto che all’origine di questo impegno specifico per la ragazza lucana – riprende Idanna Pucci – c’era la vergogna profonda che Cora, americana, provava per come gli americani trattavano gli immigrati italiani. L’energia e l’intelligenza di Cora e di altre persone da lei coinvolte in quella che ben presto diventò la prima campagna contro la pena capitale, riuscirono a mobilitare la stampa e l’opinione pubblica, a partire dagli immigrati del Lower East Side fino agli influenti abitanti dei quartieri alti di New York, dilagando in tutti gli Stati Uniti per arrivare all’Europa». Si riapre il processo che dura 24 giorni e alla fine, il 10 dicembre 1896, Maria viene assolta per «incapacità di intendere e di volere» nel momento dell’uccisione di Domenico. Fu la libertà per la giovane donna e il trionfo per Cora. Di Maria Barbella si perderanno sostanzialmente le tracce fin quando Idanna Pucci, pronipote della Slocomb, decide di mettersi a indagare una ventina di anni fa sulla vita della bisnonna e scopre il suo impegno per la giovane lucana. La passione per i diseredati e per la giustizia di Cora continuerà fino al tunnel del buio della malattia che prenderà la seconda parte della sua vita. Ma questa è un’altra storia, ancora tutta da raccontare.

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