Il 25 aprile che cade di pasquetta e un calendario civico incerto

Questàanno il 25 aprile cadrà  nel giorno di Pasquetta. È prevedibile che la sovrapposizione con la consuetudine del picnic fuori porta renderà  evidente una situazione che da tempo è nei fatti.

Questàanno il 25 aprile cadrà  nel giorno di Pasquetta. È prevedibile che la sovrapposizione con la consuetudine del picnic fuori porta renderà  evidente una situazione che da tempo è nei fatti. Ovvero: da una parte un potere pubblico, rappresentato dal governo in carica che non ha alcun legame né affettivo né sentimentale con quella scadenza e brillerà per la sua assenza, dall’altra un Paese che nel complesso non si accorgerà nemmeno della coincidenza. In mezzo il manipolo esiguo del popolo resistenziale. Risultato: piazze vuote. Per molti sarà un sollievo; per altri un lutto; altri, infine, diranno che il ciclo segnato dal 25 aprile è finito. In ogni caso l’eclissi del 25 aprile è il venir meno di una data del nostro calendario civico nazionale (già alquanto incerto). Ce la siamo «mangiata» e non l’abbiamo sostituita con qualcos’altro. Non siamo più leggeri, ma più inconsistenti. È anche vero, peraltro, che il 25 aprile era la data di un sistema politico che non esiste più, fatto di partiti che nel frattempo sono tutti scomparsi. Ma questo vorrebbe dire che il 25 aprile era un loro patrimonio. Davvero la memoria della Liberazione era solo dei partiti politici? Nessun gruppo umano esiste senza riti collettivi. Liberarsi del passato non equivale a emanciparsi, ma a «perdersi» . Ovvero a «non darsi futuro» . Non abbiamo molte ricorrenze nazionali. E molte di quelle di nuovo conio, come sostiene Giovanni De Luna (La repubblica del dolore, Feltrinelli), ciascuna dedicata ai lutti di vari gruppi «offesi dalle violenze che hanno subito» , non hanno prodotto condivisione. Quali sono le date ancora «vive» nel nostro calendario e che ci uniscono? Le date che ci rimangono nel calendario civico come feste comandate sono quelle religiose (Natale e Pasqua), quelle delle vacanze (ferragosto) e una data che non ha mai scaldato il cuore, ovvero il 2 giugno. Siamo ancora una nazione? Forse più modestamente siamo un Paese, unito dal mangiare, dal bere, dal gioco delle carte, dai santi e dalle ferie. E’ sufficiente per dire che abbiamo un futuro?

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