Dagli irriducibili alle nuove leve, 69 ancora in cella

Sessanta terroristi di sinistra, 9 di destra: undici, tra cui Moretti, possono uscire di giorno

ROMA — Sostiene il giudice che làha messo fuori dopo trent’anni e più di galera, che l’ex brigatista Vincenzo Guagliardo «ha svolto progressiva e matura autocritica del proprio passato deviante, e pur non aderendo alla dissociazione formale dall’appartenenza al gruppo estremista ed eversivo, è parso comunque consapevole che è radicalmente cambiato il contesto socio-politico da cui la lotta armata ha avuto origine negli anni Settanta, e ciò anche attraverso l’espressione di convinzioni stigmatizzanti delle pregresse scelte» . Il linguaggio è un poà ostico, ma il concetto abbastanza chiaro.

Sessanta terroristi di sinistra, 9 di destra: undici, tra cui Moretti, possono uscire di giorno

ROMA — Sostiene il giudice che làha messo fuori dopo trent’anni e più di galera, che l’ex brigatista Vincenzo Guagliardo «ha svolto progressiva e matura autocritica del proprio passato deviante, e pur non aderendo alla dissociazione formale dall’appartenenza al gruppo estremista ed eversivo, è parso comunque consapevole che è radicalmente cambiato il contesto socio-politico da cui la lotta armata ha avuto origine negli anni Settanta, e ciò anche attraverso l’espressione di convinzioni stigmatizzanti delle pregresse scelte» . Il linguaggio è un poà ostico, ma il concetto abbastanza chiaro. E più avanti il magistrato spiega che «dopo una lunghissima fase di travaglio interiore» , l’ex terrorista rosso che sparò al sindacalista comunista Guido Rossa «ha aderito all’opzione di pieno recupero sociale, con piena e matura adesione ai modelli comportamentali di riferimento» . È un soggetto non più pericoloso, insomma, che può essere riaccolto nel mondo esterno. Guagliardo sta per compiere 63 anni, ed era uno degli ultimi brigatisti in semilibertà, col permesso di uscire dal carcere al mattino e rientrare la sera. Con la «liberazione condizionale» appena ottenuta, per i prossimi cinque anni potrà dormire a casa seguendo qualche ridotta prescrizione, poi sarà totalmente libero. Potrà riavere anche il passaporto. Tra i sessanta appartenenti alle organizzazioni armate di estrema sinistra detenuti — fra cui molti ergastolani — ce ne sono ancora nove fuori di giorno e dentro di notte, otto uomini e una donna. Gli altri cinquantuno, quarantuno uomini e dieci donne, sono rinchiusi a tempo pieno perché arrestati di recente (come i neo-brigatisti che hanno ucciso D’Antona e Biagi fra il 1999 e il 2002, o i militanti del Partito comunista politico-militari presi nel 2007) oppure perché non hanno mai abbandonato la strategia della lotta armata, rivendicando e sottoscrivendo le gesta dei loro epigoni. Nell’estrema destra i numeri sono ancora più piccoli: nove detenuti, tutti maschi, di cui due in semilibertà. Infine ci sono gli anarchici, dieci uomini e cinque donne, tra le quali una in semilibertà. Rispetto alle circa seimila persone passate dalle prigioni per le vicende del terrorismo rosso e nero a partire dagli anni Settanta, si tratta di cifre quasi irrilevanti. A parte chi seguita a dichiararsi militante rivoluzionario, pronto a sparare per sovvertire le istituzioni, gli altri sono praticamente tutti fuori. O stanno per andarci. In «condizionale» o senza più obblighi. Compresi i condannati a vita per i tanti omicidi degli «anni di piombo» . Come Barbara Balzerani, dirigente delle Br arrestata nel 1985, da qualche mese totalmente libera, che sull’ultima parte della sua detenzione ha scritto un libro di prossima pubblicazione, Cronaca di un’attesa; o come Giovanni Senzani, passato dalle Br al Partito guerriglia responsabile di efferati delitti come l’esecuzione di Roberto Peci, fratello dell’ «infame» Patrizio. Nonostante non si siano mai pentiti o dissociati, nell’accezione giuridica di queste categorie: i primi confessando e accusando i complici, i secondi limitandosi ad ammettere le proprie responsabilità. Ma tutti socialmente recuperati per i giudici che li hanno lasciati andare, dopo almeno vent’anni di detenzione. Quando ancora il terrorismo imperversava erano stati classificati tra gli «irriducibili» , perché non accettando la collaborazione coi magistrati e l’accesso agli sconti di pena venivano considerati militanti in attività. Ma col passare degli anni la quasi totalità ha abbandonato l’ideologia della lotta 6.000 Le persone che sono andate in carcere perché accusate di terrorismo, rosso e nero, a partire dagli anni Settanta 60 Gli appartenenti alle organizzazioni armate di estrema sinistra detenuti. Molti sono ergastolani, soltanto nove sono in semilibertà (fuori dal carcere di giorno e dentro durante la notte): otto uomini e una donna 9 Il numero dei terroristi di estrema destra in carcere. Sono tutti maschi, di cui due in semilibertà 15 Gli anarchici detenuti. Si tratta di dieci uomini e cinque donne, tra le quali una soltanto in regime di semilibertà armata, senza abiure e senza rinnegare il passato, finendo in una sorta di terra di nessuno. La vecchia definizione non era più adeguata, perché i veri «irriducibili» restavano e restano coloro che non hanno smesso di lanciare proclami di morte. Per un periodo sono stati chiamati «arresi» dai cosiddetti «continuisti» , finché anche questi ultimi non hanno usufruito dei benefici, dal lavoro esterno alla liberazione f i n a l e  p a s s a n d o  p e r  semilibertà e condizionale. Allora anche quegli appellativi sono stati superati. Tra chi esce di prigione al mattino e rientra la sera è rimasto Mario Moretti, l’ex Br regista del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro; gli altri che parteciparono al rapimento del presidente democristiano sono definitivamente liberi o quasi (a parte Rita Algranati, arrestata nel 2004, che dalla cella s’è iscritta all’università e s’è laureata, e il suo ex marito Alessio Casimirri latitante in Nicaragua). Anche loro sono stati riammessi nel consesso civile nonostante i crimini commessi e le vittime mietute tra gli anni Settanta e Ottanta. Ai familiari delle persone colpite, molti si sono rivolti per chiedere perdono e comprensione, come richiesto dai giudici per certificare il «sicuro ravvedimento» . Vincenzo Guagliardo no, perché non riteneva di averne il diritto. Ma alla fine anche lui è stato reintegrato, avendo mostrato «un serio orientamento verso modelli di vita socialmente validi e positivi» .

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