L'isola castrista «deve»cambiare («altrimenti affondiamo»). Il modello è il«socialismo asiatico», ma «nessun cubano sarà  lasciato per strada». La guerra di Raàºl alla burocrazia. Oggi si chiude il congresso del Pc

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Cuba: la ripartenza

L’isola castrista «deve»cambiare («altrimenti affondiamo»). Il modello è il«socialismo asiatico», ma «nessun cubano sarà  lasciato per strada». La guerra di Raàºl alla burocrazia. Oggi si chiude il congresso del Pc

L’isola castrista «deve»cambiare («altrimenti affondiamo»). Il modello è il«socialismo asiatico», ma «nessun cubano sarà  lasciato per strada». La guerra di Raàºl alla burocrazia. Oggi si chiude il congresso del Pc

Fidel resta, ma senza cariche, come «combattente nella battaglia delle idee». Tocca dunque al presidente Raúl Castro, che certamente sarà nominato anche primo segretario del Partito comunista, prendere in mano il paese, e salvare le scelte socialiste, volute e proclamate cinquant’anni fa dal fratello maggiore. Come? Eliminando «gli errori» dovuti soprattutto a scelte idealistiche e «distorsioni » causate da quadri trasformatisi in burocrati. La ricetta? Nessuna «politica di shock neo-liberista», ma più o meno il corpo di riforme sperimentate dal «socialismo asiatico» (vietnamita o cinese):meno Stato e più privato, rinunciando all’egualitarismo e flessibilizzando l’economia, ma senza cedere il potere politico. Dopo due giorni di discussione divisi in cinque commissioni, i mille delegati del sesto congresso del Pc cubano hanno messo a punto il corpo di riforme che oggi saranno annunciate e che dovrebbero far uscire Cuba da una crisi economica drammatica («o si cambia o affondiamo», aveva detto Raúl lo scorso dicembre). Per salvare le conquiste sociali, bisogna far dimagrire considerevolmente tutto il settore, produttivo e amministrativo, statale, rinunciare a forme generalizzate di sussidi (mense operaie e soprattutto alla fornitura di una canasta basica di prodotti quasi gratuiti, la libreta de abastecimiento data a tutti gli undici milioni di abitanti dell’isola).Dall’espansione del settore non statale (privato e cooperativo) – che entro cinque anni dovrebbe produrre più del 40% del pil – si otterranno risparmi, maggiore produttività e tasse che serviranno a finanziare i servizi sociali che hanno costituito l’orgoglio di Cuba: scuola e salute gratuiti, sport e cultura di massa. Ma ogni marxista sa che scelte economiche e politiche non possono essere separate. E qui sorgono problemi che il presidente – e presto anche primo segretario – non ha nascosto. Anzi ha voluto enfatizzare. Gli insuccessi del socialismo cubano sono da imputarsi in qualche misura ai quadri di partito dogmatici o che si sono trasformati in burocrati dello Stato, che per mantenere una sorta di rendita di posizione (economia e di potere) hanno spesso reso «carta straccia» le iniziative innovative decise nei precedenti congressi. Con l’ala burocratica e ortodossa del Pc, hamesso in chiaro il presidente, è in corso «una pelea», una battaglia, che «ci auguriamo di vincere». «Bisogna togliere al Partito comunista le funzioni che non gli competono». Ovvero quelle di direzione amministrativa del paese. Il partito discute e propone, i responsabili dello stato decidono. La compilazione dei 291 articoli dei «Lineamenti per la modernizzazione del modello economico e sociale» aveva in qualche modo evidenziato il confronto in atto nel partito. La gigantesca «consultazione popolare», avvenuta in tutti i luoghi di lavoro e studi, come pure negli organismi sociali – secondo i dati forniti da Raúl vi hanno partecipato quasi 9 milioni di persone su una popolazione di 11.2 milioni – ha evidenziato tale situazione. Il risultato è che i due terzi degli articoli dei Lineamenti sono stati riformulati e altri ne sono stati aggiunti: infatti i «nuovi» Lineamenti, da domenica in discussione in cinque commissioni del Congresso, contengono 311 articoli . Nella sua relazione Raúl si è soffermato su alcune delle proposte che più sono state oggetto di discussione: l’eliminazione della libreta (contrastata dalla stragrande maggioranza della popolazione) sarà rimandata,ma è chiaro che ha i giorni contati perché non vi sono i soldi per sostenerla e perché favorisce la passività e la dipendenza dei cittadini dallo stato. La riduzione dell’organico super-inflazionato dello stato: la prima quota di 500.000 posti di lavoro sarà tagliata, anche se in tempi più lenti del previsto e «senza mettere in strada alcun cubano». Il presidente ha anche riferito di nuove misure, assai attese dalla popolazione e che sono in via di essere redatte in forma di legge: vendita libera di case e automobili; finanziamenti bancari per i lavoratori non statali e la possibilità che essi diventino fornitori del settore pubblico; una nuova distribuzione in affitto di terre non coltivate agli agricoltori privati. Uno sforzo gigantesco, che richiede tempo (il presidente si è augurato che possa compiersi in cinque anni) , coraggio, immaginazione, ma anche esperienza. Così, Raúl ha messo in chiaro che a dirigere questa fase cruciale resteranno i dirigenti storici, coloro hanno fatto e costruito la rivoluzione e che, per ragioni di età, avranno questa ultima «opportunità » per modificare «la via precedente» e preparare «la nuova generazione». Il presidente ha annunciato che con le nuove riforme, le alte cariche pubbliche si potranno occupare al massimo per due mandati di cinque anni.Ma risulta altrettanto chiaro che questo si applicherà una volta che le riforme saranno attuate, ovvero comeminimo tra cinque anni. Sicuramente una scelta simbolica, per dimostrare che non vi saranno cariche a vita e che la popolazione deve avere la possibilità di cambiare i propri dirigenti. Ma la sparuta opposizione interna non sarà la sola a esprime la preoccupazione che coloro che, per stessa ammissione di Raúl, sono stati, almeno in parte, responsabili della crisi attuale continuino a essere delegati a risolvere quella stessa crisi.

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