A cantare è la sorella di un Falso Positivo, un giovane con problemi mentali che è stato tratto in inganno con la promessa di un lavoro, e ucciso per essere poi essere spacciato per guerrigliero. Come lui migliaia di ragazzi
A cantare è la sorella di un Falso Positivo, un giovane con problemi mentali che è stato tratto in inganno con la promessa di un lavoro, e ucciso per essere poi essere spacciato per guerrigliero. Come lui migliaia di ragazzi
“Ho sempre scritto, durante tutta la mia vita, quindi è stata la reazione più naturale quando ho saputo quello che era successo a mio fratello.” A parlare è Liz Porras, sorella di Fair Leonardo, assassinato dall’esercito colombiano nel gennaio del 2008. “Lo abbiamo cercato ovunque per otto mesi – racconta Luz Marina Bernal, madre di entrambi – eravamo disperati. Leonardo aveva 26 anni, però, a causa di una meningite che ha avuto da neonato, era come un bambino nel corpo di un adulto. Non ha mai imparato a leggere o a contare”.
“Era una persona molto gentile – interrompe Liz – qui nel nostro quartiere tutti gli volevano bene, non ha mai fatto male a una mosca. Fair era incapace di ferire chiunque”. Il quartiere di Liz, Leonardo e Luz Marina è parte di Soacha, un municipio al sud di Bogotá, una zona dove, da decenni, confluisce un fiume di centinaia di migliaia di persone desplazados, dal conflitto colombiano che divampa nelle zone rurali del paese. Per questa ragione una buona parte di Soacha è fatta di baracche illegali. È una zona dove la povertà e la disoccupazione sono altissime, così come i livelli di violenza, però a Soacha vivono anche tantissime persone oneste che tirano avanti tra mille difficoltà.
Soacha è la zona dove, per tutto il 2008, i reclutatori cercavano gente: giovani, disoccupati, emarginati o semplicemente sfortunati; gli offrivano un lavoro in zone remote del paese, in molti non hanno saputo rifiutare l’illusione di guadagnare un salario minimo, anche se lontani dalla famiglia. L’offerta durava poco, bisognava coglierla al volo, non c’era tempo di salutare nessuno, era una grande occasione limitata nel tempo. Prendere o lasciare. La triste realtà è che una volta arrivati sul luogo, i giovani venivano consegnati all’esercito che li assassinava per poi vestirli da guerriglieri e presentarli come nemici abbattuti in combattimento.
Era una forma semplice per produrre i morti che alimentavano la retorica guerrafondaia del ex presidente Uribe. I militari ricevevano ricompense, licenze premio e rapide carriere, i giovani erano seppelliti in fosse comuni come N.N., il ministro della difesa Juan Manuel Santos (oggi presidente) e Uribe potevano sciorinare ai quattro venti i grandi risultati della loro guerra contro il terrorismo. Tutto è venuto a galla proprio a Soacha: “Quando l’hanno trovato – continua Luz Marina – sono andata dal magistrato e lì ho incontrato altre famiglie e ci siamo resi conto che a tutti era successa la stessa cosa”. Ma questo non era un problema solo di Soacha, fino ad ora, esistono 3183 denunce di casi di falsos positivos in tutto il paese.
Quando Liz riprende il racconto, ha uno sguardo vuoto e basso, d’incredulità e tristezza: “Non riuscivo a capire quello che era successo, perché se l’erano portato via e gli avevano fatto queste cose. Avevo visto le foto, gli avevano messo un fucile nella mano destra, ma a causa dei suoi problemi lui muoveva bene solo la sinistra e poi aveva solo metà del viso, l’altra parte l’aveva portata via un colpo. Ho cominciato a scrivere tutto quello che mi passava nella mente, mi cadevano le lacrime sulle mani e sul foglio, era l’unica forma che avevo per capire, razionalizzare quello che avevamo vissuto, cercare risposte, esprimere il mio dolore, sfogarmi.” Poi Liz trasformò quelle frasi in un poema e con altri amici del quartiere portò quelle parole macchiate di lacrime su una pista hip-hop, che è la forma di espressione artistica più comune per i giovani della zona.
Le madri di Soacha, come tante madri di questo continente, si sono unite, raccontate, hanno capito e poi reclamato giustizia; in questo processo si sono avvicinate al Movice (movimento di vittime di crimini di stato). Raúl Vidales, psicologo e professore dell’università Javeriana, dedica parte del suo tempo ad accompagnare e aiutare le vittime, quando ha sentito la canzone di Liz l’ha messa in contatto con altre persone: musicisti, Dj, produttori, come Ricardo Cubides, tutti sensibili al tema.
In poco tempo Liz era circondata da tante persone che l’hanno aiutata a trasformare Lagrimas in una canzone vera e poi in un videoclip musicale diretto da David Muñoz. In questi giorni, dopo due anni di lavoro, il videoclip è stato presentato in un evento tenutosi nel centro di Bogotá, davanti a centinaia di persone.
Per ascoltare la canzone e vedere il video di LAGRIMAS clicca qui
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