Duemila amici, nessun pezzo di stato: l'ultimo saluto a Arrigoni

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Ciao Vittorio, noi c’eravamo

Duemila amici, nessun pezzo di stato: l’ultimo saluto a Arrigoni

Duemila amici, nessun pezzo di stato: l’ultimo saluto a Arrigoni

Tutti, o quasi, qualche volte pensiamo a come vorremo che fosse il nostro funerale. Tanto per esorcizzarlo, magari con una risata. Non lo sappiamo, ma possiamo sognare che forse Vittorio Arrigoni lo avrebbe voluto proprio così come è stato. Una messa di Pasqua dove non si parla di morte ma di speranza e resurrezione. Che inizia con “La pace sia con voi” e finisce con una canzone palestinese che canta “Salam Aleikum”. E’ una vergogna che dopo tanti solenni funerali di stato per uomini caduti in armi domenica per Vittorio non ci fosse nessun rappresentante del governo e neppure delle forze politiche e sindacali di sinistra. Solo alcuni, pochi, volti noti venuti a titolo personale. Ma per Vik che per una vita è stato dalla parte dei deboli l’assenza dei potenti non è certo una sorpresa. Forse invece è una sorpresa ritrovarsi nella palestra della sua piccola Bulciago in mezzo a duemila amici venuti da mezzo mondo per stare vicino alla sua famiglia e per salutarlo. Sono arrivati senza nessuna particolare organizzazione e senza sigle, in modo spontaneo. Tantissimi i palestinesi, sul pullman da Roma si cantavano solo in arabo. Ci sono i suoi amici dell’International Solidarity Movement venuti da Gaza, ma anche da Monaco, dalla Francia, insieme a tanti che proprio non volevano mancare. Mai visto per un evento completamente lasciato alla libertà di persone che si sono passate parole con un tam tam di telefonate. A due ore dall’inizio della cerimonia la palestra è già quasi piena. Un’affluenza incredibile, tanto più il giorno di Pasqua. Un segno di pace Sugli spalti si sta già in piedi, i posti seduti sono riservati a familiari, amici e a decine di sindaci della zona di Lecco. Sono le uniche autorità presenti. Fuori nel campo da calcio è disegnato un grande simbolo della pace. Decine di bandiere arcobaleno sono appese a tutte le finestre. Avviso: “Durante la funzione religiosa la famiglia ha espresso il desiderio che non vengano esposte altre bandiere tranne quella della pace”. Le bandiere palestinesi per il momento rimangono piegate. Sono tantissime. Arriva Vittorio. Applausi per lunghi minuti. Sulla sua bara c’è il suo inconfondibile cappello, un ramoscello di olivo e questo nostro giornale. Inizia la messa. Le persone continuano ad arrivare, molti restano fuori sul prato ad ascoltare gli altoparlanti. “La pace sia con voi”. Vittorio non credeva nelle barriere. E domenica a Bulciago tutte le barriere sono saltate. Mai viste tante donne velate e atei impenitenti a una messa cattolica. La dimensione locale degli abitanti del suo paese simescola con l’umanità internazionale di Vittorio che ha portato in questo piccolo paese della Brianza persone venute damolto lontano. Anche la messa si trasforma. Le formule religiose perdono ritualità e acquistano attualità. La lettura dei vangeli e le parole di Vittorio parlano della stessa terra, la Palestina. La morte si trasforma in resurrezione, per alcuni si parla di Cristo, per altri della speranza, ma la parola che unisce tutti è pace. Il parroco don Roberto Crotta cita ciò che disse il cardinal Martini all’inizio della prima guerra del golfo: “Intercedere non vuol dire solo pregare, ma letteralmente fare un passo in mezzo, mettersi in mezzo, tra le due parti, stare lì senza muoversi, senza armi, senza scampo”. Poi tocca al vescovo di Gerusalemme Hilarion Capucci: “Il mio gregge è il popolo palestinese, un popolo martoriato e sofferente. Vittorio è stato come il pastore, un difensore di questo gregge. Per noi è un santo, un martire. Questa Pasqua si anche la festa di resurrezione di questo popolomaltrattato”. Il popolo sugli spalti non si tiene più, le bandiere palestinesi sventolano tra gli applausi. Restiamo umani Il tempo di fare la comunione e lamessa è finita. “Andate in pace”. E invece tutti restano. Umani, mai troppo umani. Il coro liturgico si ritira.Ma in fondo alla sala una voce da sola intona un altro canto: “Una mattina mi son svegliato…”. La Banda degli Ottoni non fa a tempo a imbracciare gli strumenti e tutta la palestra scoppia: “O bella ciao, bella ciao”. Viene proiettato l’ultimo video di Vittorio nella sua Gaza. Lacrime agli occhi. L’altare diventa un palco per le poche autorità. Parla il presidente del comitato dei sindaci della zona: “Al posto dei fiori abbiamo deciso di usare i soldi per aiutare un asilo a Gaza”. L’Anpi di Como dedica a Vittorio questo 25 aprile. Il rappresentate del comune di Bulciago si rivolge alla famiglia che “qui da noi è stato motore del nostro impegno politico”. Poi si toglie la fascia tricolore: “Chiedo al governo e al ministro degli esteri che si faccia piena luce sulla morte di Vittorio, il suo fascicolo non può e non deve essere chiuso”. E’ il momento degli amici di Vik. Parla Barbara, amica d’infanzia che lo ricorda arrampicarsi sugli alberi, poi Maria Elena dell’International Solidarity Movement: “Vittorio era prima di tutto un uomo libero”. Un compagno in inglese: “Era un rivoluzionario, continueremo a fare come Vittorio. Free free Palestine”. Il microfono passa a Alessandra e Caterina dei comitati per la Palestina in Italia. Le loro parole sono forti e chiare come quelle di Vittorio perché essere non violenti e per la pace non significa essere neutrali. “A Gaza Vik ci parlava di sua zia Stella che aiutava i partigiani, ci spiegeva che quella era l’occupazione fascista e anche in Palestina è un’occupazione. Vittorio diceva il vero quando era l’unico italiano sotto le bombe durante l’operazione Piombo fuso e pochi tg e giornali davano spazio alla sua voce. Diceva che non si può dialogare con uno che ti punta la pistola alla testa e che a Israele questa pistola andava tolta, che lui faceva da bersaglio umano per proteggere i civili palestinesi, faceva quello che avrebbe dovuto fare l’Onu. Continueremo a denunciare l’occupazione israeliana in Palestina, a chiedere l’unità nazionale dei palestinesi e a boicottare Israele perché questa è davvero un’arma pacifica”. C’è giusto il tempo per gli interventi dei rappresentanti di Pax Christi, di Libera e del suo amico di No Mas. L’ultima parola è di sua madre Egidia: “Gaza è stato l’ultimo approdo di Vittorio, ma la Palestina lo aveva chiamato damolto tempo. A ogni ritorno cresceva l’indignazione ma anche la consapevolezza che la sua casa era là. Quando Israele gli impedì di rientrare da terra lui ci tornò via mare e ci rimase per essere la voce dei senza voce. Non è un eroe né un martire, è un ragazzo che credeva davvero che i diritti umani sono universali e che l’ingiustizia va raccontata perché nessuno di noi, persi nelmezzo delle nostre comode vite, un giorno possa dire io non c’ero, io non sapevo. La sua è una scelta radicale e non violenta che spinge tutti noi a diventare attivisti. Noi non immaginavamo, non sapevamo in quanti di voi lo amaste in tutte le latitudini. Siete stati l’inaspettato sollievo ai nostri cuori feriti. Vi abbraccio tutti, in particolari i figli della Palestina. Restiamo umani”. Salam Aleikum.

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