Se avessimo voluto raccontarci mettendo in scena uno splendido quarantenne non avremmo dovuto chiedere a Vauro la vignetta: quel che potete vedere in questa pagina (purtroppo in bianco e nero, ma la realizzazione su gadget e t-shirt sarà a colori) è un giovane uomo già un po’ sfatto, barba di due giorni, sdraiato nel letto, con alle spalle il bambino che era ai tempi della «rivoluzione non russa», il logo ormai classico del manifesto
Se avessimo voluto raccontarci mettendo in scena uno splendido quarantenne non avremmo dovuto chiedere a Vauro la vignetta: quel che potete vedere in questa pagina (purtroppo in bianco e nero, ma la realizzazione su gadget e t-shirt sarà a colori) è un giovane uomo già un po’ sfatto, barba di due giorni, sdraiato nel letto, con alle spalle il bambino che era ai tempi della «rivoluzione non russa», il logo ormai classico del manifesto
Il fatto è che il perfido Vauro dice (quasi) sempre la verità e quando si è guardato allo specchio si è visto e ha visto il suo giornale come sono, e così l’ha disegnato. Quarant’anni senza soldi, dalla parte del torto, tignosetti, a volte un po’ presuntuosi e altre volte malati di sottostima per cui spesso non capiamo il valore e l’uso sociale e politico del giornale da parte di chi lo legge e lo sostiene. Eppure siamo qui, un po’ acciaccati ma vivi e determinati, è questa la notizia, dal lontano 28 aprile 1971, più di un quarto della storia d’Italia, più della metà della storia della Repubblica. Un giornale libero, senza padroni, padrini e partiti alle spalle, esperienza ormai unica in Europa. Ecco perché abbiamo deciso che è una data da festeggiare, anche per collocarci degnamente dentro una storia più grande che in alcuni momenti abbiamo persino contribuito a realizzare: i meno giovani ricorderanno la grande manifestazione del 25 aprile ’94 a Milano che segnò l’inizio della fine del Berlusconi 1. Poi, come sappiamo, è tornato e ritornato ma non dimenticate che noi siamo sempre qui, a disposizione. Di questo abbiamo discusso sabato mattina prima della grande manifestazione per l’acqua pubblica (e contro il nucleare e la guerra), con una nutrita rappresentanza di amici e Circoli del manifesto. I rappresentanti di una ventina di città sono venuti in via Bargoni, altri li abbiamo incontrati in piazza, altri ci hanno scritto e telefonato per dire: noi ci siamo. Compagne e compagni da Casale Monferrato, Bologna, Sassari, Salerno, Roma, Perugia, Terni, Padova, Modena, Udine, Roma, Faenza. E ancora, si sono collegati con noi da Acqui, Alessandria, Torino, Asti, Vicenza,Venezia, Firenze, Versilia, Napoli, Cuneo, Viterbo, Rionero in Vulture, Calabria, Tarcento, Genova, Fermo, Ancona, Avellino. Questi sono i luoghi in cui il rapporto con il manifesto è ormai consolidato, ma sono più del doppio i paesi e le città che hanno risposto al nostro ultimo appello «per la vita» organizzando, da settembre a oggi, 110-120 iniziative pubbliche per discutere in cene, assemblee, seminari, convegni e mostre di politica, società e cultura e, al tempo stesso, per aiutare il giornale a passare la nottata con un milione di euro in sottoscrizioni e abbomamenti. La verità è che noi del manifesto siamo come i giapponesi, a vivere nel terremoto ci siamo abituati. D’ora in poi dovremo imparare a viverci senza poter più contare sul sostegno pubblico all’editoria non profit, visto che viviamo in tempi in cui i finanziamenti il governo liberista, populista e guerrafondaio li dà solo a chi fa profitti e non a chi svolge un ruolo informativo libero, che è poi un servizio alla zoppicante democrazia italiana. Il 28 aprile, dunque, sarà una festa, diffusa in più città italiane, connesse tra di loro e con la redazione del giornale, in streaming, con tanto di gruppi musicali e momenti conviviali. State tranquilli, si parlerà anche di cose serie, è inevitabile. Neanche l’incontro romano di sabato si è limitato a discutere di organizzazione, promozione, diffusione e sostegno del giornale. I nostri amici e compagni sono lo specchio della redazione – e viceversa – e chi dice «il manifesto si ama e non si critica» subito viene corretto: «si critica perché si ama». E dunque ecco la Libia e le contraddizioni che ci attraversano insieme alla sinistra e al mondo pacifista: obiettivo comune, fare un passo avanti, mettere a confronto accenti diversi individuando un percorso comune. E si è parlato di rapporto tra giornale cartaceo – che approfittando del quarantennale sarà rivisto e rilanciato – e giornale on-line che sarà completamente rifatto, sia da un punto di vista grafico che informativo, anche per farlo diventare il centro interattivo della comunità del manifesto. Il manifesto si ama molto ma si vende troppo poco: il 28 aprile sarà un’occasione per diffondorlo in tutte le città, e i compagni e le compagne saranno facilitati nel loro generoso lavoro dal prezzo straordinario, un giornale speciale a soli 50 centesimi. Una scelta in controtendenza, un investimento sul futuro. Questa volta vorremmo fare le cose per bene, organizzando la prevendita del quotidiano, delle t-shirt e dei gadget con l’acciaccato ma pur sempre ottimista quarantenne di Vauro (per informazioni e gadget: tel 06-68719330 40anni@ilmanifesto.it per prenotare il giornale: diffusione@redscoop.it tel. 06-39745482). Lanciamo un appello a festeggiare e lavorare con noi a tutti i gruppi, soggetti e movimenti con cui questo giornale si incrocia, dalle forze ambientaliste alle associazioni per i beni comuni, dai meccanici della Fiom agli studenti, ai precari e ai centri sociali, con cui abbiamo costruito una familiarità negli appuntamenti promossi da Uniti contro la crisi. C’è spazio per tutti e tutte, il 28 aprile, contiamo sulla vostra creatività (alla riunione di Roma una compagna ha proposto biciclettate manifestine e scalate per piantare le bandiere del quarantenne impavido sulle cime più alte – evitando magari, almeno per ora, il Colle più alto e palazzo Grazioli). Quel giorno dev’essere speciale. Buon 28 aprile, buona manifesta.
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