Piano carceri. I conti non tornano, Alfano lo sa

«Il Ministro della Giustizia Angelino Alfano continua a sbandierare in televisione i grandi successi riportati sul fronte delle carceri senza aver dovuto far ricorso a provvedimenti di clemenza. E, per il futuro, preannuncia altri grandi successi con il cosiddetto «piano carceri» che con l’iperbolico stanziamento di 670 milioni produrrà  nel giro di un paio di anni 9.700 posti in più nelle patrie galere, per un costo di 70.000 euro a posto/letto. 

«Il Ministro della Giustizia Angelino Alfano continua a sbandierare in televisione i grandi successi riportati sul fronte delle carceri senza aver dovuto far ricorso a provvedimenti di clemenza. E, per il futuro, preannuncia altri grandi successi con il cosiddetto «piano carceri» che con l’iperbolico stanziamento di 670 milioni produrrà  nel giro di un paio di anni 9.700 posti in più nelle patrie galere, per un costo di 70.000 euro a posto/letto. 

Fatto sta che adesso di posti ne mancano 23.000 e la popolazione detenuta è destinata ad aumentare perché anche con la legge n. 199, svuotata dei suoi buoni contenuti iniziali che noi radicali abbiamo sollecitato e sostenuto, le carceri continuano a riempirsi, seppure a ritmo meno incalzante che nel passato.
Questi conti il ministro li conosce, così come sa perfettamente che mancando già oggi il personale di ogni tipo, non saprebbe chi mettere a governare i nuovi istituti. Poiché conosce i conti, si giustifica affermando che tutto si risolverebbe mandando i detenuti stranieri a scontare la pena nel loro paese. Ma nessuna giustificazione viene avanzata (cosa potrebbe dire il ministro?) di fronte allo stato di totale illegalità delle nostre patrie galere. 
Alfano si legga la sentenza della Corte Costituzionale tedesca che ha obbligato le autorità penitenziarie del Paese a rilasciare un detenuto qualora non siano in grado di assicurare una prigionia rispettosa dei diritti umani fondamentali. E in Germania non c’è sovraffollamento visto che i detenuti occupano il 90 per cento dello spazio a disposizione… in Italia siamo al 150 per cento.
La realtà che noi radicali conosciamo bene andando costantemente a visitare le carceri è molto diversa. Tutta la comunità penitenziaria è sottoposta a un tale stress di costanti violazioni di elementari diritti umani che è ogni giorno di più al collasso. Agenti costretti a controllare da soli più sezioni di decine di detenuti i quali sono costretti a vivere in spazi così ristretti da sembrare polli allevati in batteria. Detenuti che nel 90 per cento dei casi non possono lavorare, studiare, svolgere attività trattamentali perché sono stati drasticamente tagliati i già carenti fondi a ciò destinati. Detenuti che non vengono curati, che in molti casi vivono lontani da figli, mogli e genitori; detenuti che nel 30 per cento dei casi sono tossicodipendenti e nel 20 per cento soffrono di patologie psichiatriche. 
Mentre trascorrono inesorabili i giorni con il loro triste carico di suicidi, morti improvvise, atti di autolesionismo, aggressioni, si costruiscono nuove carceri e, intanto, quelle già esistenti vanno in malora anche dal punto di vista strutturale perché anche il capitolo di spesa destinato alla manutenzione è stato ulteriormente decurtato.
Quanto agli stranieri che il ministro invita «a farsi pagare vitto e alloggio dai loro paesi di origine», continuano ad arrivarmi lettere di detenuti che documentano che questi «rimpatri», nella realtà dei fatti, sono impediti proprio dalle istituzioni italiane. 
Solo pochi giorni fa un detenuto rumeno mi ha fatto sapere che da mesi aspetta di salire su un aereo, avendo completato tutte le pratiche necessarie per il trasferimento in base in alla Convenzione di Strasburgo: «Il magistrato di sorveglianza dice che la mia pratica è già pronta, ma non ci sono soldi per trasferirmi in Romania, il mio paese natale dove ci sono i miei figli che non vedo da 3 anni e 2 mesi per motivi economici e di lontananza». E aggiunge: «Sono pronto a pagare subito le mie spese di trasferimento, perché perdendo tempo qui in Italia ho spese lo stesso per mantenere il mio regime carcerario».
Prima di accusare questi detenuti di rifiutare quello che è un loro diritto, il ministro dovrebbe sincerarsi che lo stesso diritto, rivendicato, sia rispettato. Magari distribuendo le risorse economiche sulla base delle priorità reali e non per provvedimenti spot, o «piani» di costruzione di nuove carceri che probabilmente rendono bene in televisione ma non risolvono il dramma della disumana (e incostituzionale) situazione delle carceri italiane.

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