lettere@ilmanifesto.it Caro Valentino, ho letto qualche giorno fa la tua risposta alla lettera del giovane diciottenne («Proviamo a essere comunisti», Scritto&Parlato del 6/3). Molto interessante sia l’una che l’altra. Ho notato che, ad un certo punto, tu fai riferimento ad alcune cose che apprezzi di Stalin.
lettere@ilmanifesto.it Caro Valentino, ho letto qualche giorno fa la tua risposta alla lettera del giovane diciottenne («Proviamo a essere comunisti», Scritto&Parlato del 6/3). Molto interessante sia l’una che l’altra. Ho notato che, ad un certo punto, tu fai riferimento ad alcune cose che apprezzi di Stalin.
Visto che siamo strainformati degli errori e degli orrori da lui commessi, mi piacerebbe che ci dicessi qualcosa su ciò che tu apprezzi. Ho l’impressione, infatti, che sul problema dello stalinismo si sia posata una coltre pesante, omogenea e antistorica di semplificazione opportunistica che ha prodotto nel senso comune un’equazione odiosa fra Stalin e Hitler. Attendo con ansia una tua risposta.
Valentina Gramiccia una trentenne non stalinista
Cara Valentina, trentenne non stalinista. Provo a risponderti, anche se ho qualche dubbio sulle mie conoscenze e capacità.
Per cominciare una premessa: il gruppetto del «manifesto» è stato cacciato dal Pci, perché criticava la soggezione del Pci di allora allo stalinismo e quando a dirigere l’Unione sovietica c’era Breznev, il più opaco degli stalinisti.
I meriti – a mio parere – di Stalin? Innanzitutto avere fatto uscire la Russia dalla feudalità zarista. In secondo luogo avere fatto convivere e collaborare etnie tra loro assolutamente diverse. In terzo luogo (piuttosto importante) avere sconfitto le armate di Hitler. I tedeschi, attaccando l’Urss, pensavano di dovere fronteggiare qualcosa di analogo all’esercito zarista, clamorosamente sconfitto nella Prima guerra mondiale. E invece no: l’Armata rossa ha combattuto, ha sopportato 21 milioni di morti senza mai fare un passo indietro. Evidentemente quei soldati erano convinti di difendere a ogni costo il loro paese e il governo di Stalin.
Vorrei aggiungere che la straordinaria resistenza dell’Armata rossa nella Seconda guerra mondiale è stata anche il prodotto della vittoriosa guerra civile delle forze armate sovietiche contro quelle dei generali zaristi Kornilov, Kolciac e altri, sostenute da truppe regolari o mercenarie. Da «Il sarto di Ulm» di Lucio Magri traggo un’affermazione del Ministro degli esteri francese di allora, Pichon. Secondo Pichon, a fianco delle forze armate zariste combattevano 140mila francesi, 190mila rumeni, 140mila inglesi e 140mila serbi.
Questo è quel che mi viene di scriverti. Certo per parlare seriamente di Stalin bisognerebbe scrivere un saggio impegnativo, ma per concludere trascrivo un brano di Isaac Deutscher, storico di prestigio e piuttosto trotzkista: «Nel giro di tre decenni, il volto dell’Urss si è completamente trasformato. Il nocciolo dell’azione storica dello stalinismo è questo: esso ha trovato la Russia che arava con aratri di legno e la lascia padrona della pila atomica. Ha incalzato la Russia al grado di seconda potenza industriale del mondo e non si è trattato soltanto di una questione di puro e semplice progresso materiale e di organizzazione. Un risultato simile non si sarebbe potuto ottenere senza una vasta rivoluzione culturale nel corso della quale si è mandato a scuola un paese intero per impartirgli una istruzione estensiva». Insieme a tutto questo – come scrivi tu – ci sono «gli errori e gli orrori» che non vanno affatto trascurati o dimenticati. Grazie per la tua lettera.
Valentino Parlato
P.S.: Sembra un paradosso, ma particolarmente grati a Stalin dovrebbero essere gli israeliani: contro l’Inghilterra il voto dell’Urss fu decisivo per la costituzione dello Stato di Israele.
lettere@ilmanifesto.it
La Libia – dice onestamente e con senso di realpolitik Paola S. a «Pomeriggio Sky» del 21/3 – rappresenta tanto lavoro ed è, s’intende, un grosso businness. È Sarkozy che ha rotto ogni indugio, sguinzagliando i suoi micidiali Mirages contro il tiranno Gheddafi. A lui, novello «aiglon» napoleonico spetteranno i migliori, più ghiotti affari come preda sulle spoglie dello sconfitto dittatore. E dopo verranno gli inglesi e gli F16, o altra diavoleria Usa di Obama decollati da Aviano. I migliori affari, dunque, sul cadavere metaforico del rais, ormai alle corde. Lo sottolinea anche l’ineffabile Panebianco sul Corriere della Sera. Ma l’Italia berlusconiana? Troppo tardi hanno attaccato i tornado e i piloti dicono di non aver sganciato alcuna bomba né missile. La vedo nera, magri, magrissimi affari. Hanno solo «monitorato», niente bombardamenti, niente vittime, niente o pochi affari. Troppo tardi, dunque, per ottenere un buon bottino. Ma i diritti umani calpestati da Gheddafi?Non erano dunque quelli il vero motivo dell’attacco, delle vittime – e pare siano parecchie – le vite sacrificate dei civili? Effetti collaterali… L’importante è Vincere.
Claudio Cossu
Carissimo Valentino Parlato provo un sincero rispetto per te, per il manifesto e per il movimento pacifista, di cui ho fatto parte per anni. Però sono allibito per la superficialità delle analisi e delle proposte della sinistra pacifista in questo caso. Sono d’accordo che la guerra sia una cosa schifosa. Ma far finta che la guerra l’abbia cominciata l’alleanza occidentale per continuare la tiritera antimperialista e insistere sulla mancanza degli sforzi diplomatici per la risoluzione delle controversie è moralmente indecente. Torniamo ai fatti: in Libia, su imitazione della Tunisia e dell’Egitto, la stragrande maggioranza della popolazione, soprattutto i giovani e i giovanissimi, definiti da Gheddafi dei topi di fogna drogati, sono scesi in piazza per contestare una feroce dittatura di un uomo e di una famiglia di criminali, che durava da 42 anni. La risposta di Gheddafi è stata quella di assumere dei mercenari, stranieri e non, e di riportare la popolazione all’ordine con il terrore, la morte, le vendette e le stragi di feriti negli ospedali. Cominciando, con i soldi rubati alla sua gente, una sanguinosa, crudele, spietata guerra contro il suo stesso popolo, contro i suoi giovani, soprattutto. Fare le anime belle, seduti in casa propria, o mostrarsi schifiltosi nei confronti della violenza, arrivando, come alcuni fanno, a dire che si doveva insegnare al popolo un mezzo alternativo per ribellarsi, è disgustoso e questo sì imperialista e razzista. Spiegatemi quali passi diplomatici si potevano fare con Gheddafi, di fronte ai suoi crimini, alla sua volontà di ripulire la Libia dai ratti, cioè dai giovani che vogliono la libertà di opinione, di espressione e di scegliere il proprio destino come i giovani di tutti i paesi arabi oggi. Certo, si può discutere della buona fede degli interventi armati, si deve vigilare sul modo in cui vengono effettuati, e ci si deve anche rassegnare al fatto che ci sarà una contropartita. Ma per favore, i pacifisti a oltranza, i non violenti dei salotti bene, quelli che non si sporcano le mani mai, vadano loro a trattare con Gheddafi, vadano loro a manifestare pacificamente in Libia o a vivere sotto quella dittatura, e poi vediamo se dopo che gli hanno sparato saranno ancora pacifisti. Le persone hanno il sacrosanto diritto di ribellarsi, di difendersi e anche di uccidere l’oppressore. E se l’oppressore è un criminale pazzo e purtroppo ricco, hanno anche il diritto di chiedere aiuto. E se qualcuno non crede sia giusto darglielo o sta con Gheddafi o è semplicemente un vigliacco. Ci saranno molti morti, ma forse meno di quanti ce ne sarebbero stati senza l’intervento occidentale, e diciamocelo una volta per tutte, non tutti i morti sono uguali, ci sono anche quelli che combattono dalla parte sbagliata.
Alessandro Golinelli
Caro Golinelli, hai tutto il diritto di criticare e polemizzare (la tua lettera non subisce alcuna censura), ma cerca di stare ai fatti. Sono contro la guerra (non ci sono guerre giuste), ma non sono un pacifista da salotto. La guerra di Libia è stata scatenata da Sarkozy per proprie ragioni elettorali, contro il parere di Germania, Russia, India, Brasile e Cina; gli Stati Uniti si sono accodati, e non dimenticare la disputa sul comando Nato. Lavorando da quarant’anni al «manifesto» sono convinto che rilbellarsi è giusto, ma come fai ad affermare che si è ribellata la stragrande maggioranza della popolazione? Inoltre pensare che Francia e Inghilterra abbiano aperto questa guerra per ragioni umanitarie mi pare un po’ esagerato. E ancora mi pare sviante inventarsi una divisione tra gheddafiani e no. E – sempre a proposito di Gheddafi – questo giornale non ha mai mancato di denunciare la strage nel carcere di Bengasi. Infine, cercando di capire le ragioni di questa guerra e prendere posizione, omettere la parola «petrolio», i cui giacimenti sono in Cirenaica, è errore grave. Cerchiamo di andare alla sostanza.
Un caro saluto. (v.p.)
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