ROMA – «Siamo realisti, esigiamo l’impossibile». Sotto questo striscione, nell’aula Amaldi della Facoltà di fisica della Sapienza di Roma, è iniziata ieri pomeriggio l’Assemblea Nazionale di Atenei in Rivolta (Air) dal titolo «Organizziamo la rivolta».
ROMA – «Siamo realisti, esigiamo l’impossibile». Sotto questo striscione, nell’aula Amaldi della Facoltà di fisica della Sapienza di Roma, è iniziata ieri pomeriggio l’Assemblea Nazionale di Atenei in Rivolta (Air) dal titolo «Organizziamo la rivolta».
Un appuntamento che per i nodi della rete nazionale di collettivi nata durante i movimenti studenteschi dell’Onda rappresenta un «passo avanti per superare la frammentazione dei percorsi locali» ma anche un’occasione per permettere un confronto con i diversi attori sociali protagonisti delle lotte dei mesi scorsi. «Vogliamo cogliere l’opportunità e l’urgenza di una primavera di conflitto generalizzato nel nostro paese», spiega Antonella di Air, «con l’obbiettivo di organizzare una mobilitazione unitaria di tutte le opposizioni sociali che intercetti il malessere diffuso nel Paese». Un percorso che si pone «lo sforzo di creare un’opposizione comune a questo governo e a Confindustria che attraversi le mobilitazioni dei prossimi mesi ma che sappia anche imporre un’agenda autonoma», dichiarano da Air, «per evitare che tutto venga appiattito sulla data del 6 maggio, lontana nel tempo e dalle nostre aspettative, data che non vogliamo attraversare in maniera acritica».
Prima tappa la manifestazione di oggi per l’acqua bene comune e contro il nucleare. Dopo l’assemblea plenaria durante la quale hanno preso parola tutti i nodi locali di Atenei in rivolta, il dibattito ha costituito lo spazio in cui sindacati (Fiom, Usb, Cobas, Cub), Forum dei movimenti per l’acqua, precari, movimenti sociali e per il diritto alla casa, lavoratori autoconvocati, collettivi di genere e migranti si sono confrontati tra loro. In apertura uno sguardo all’Europa e al Mediterraneo per voce di Daisy, in rappresentanza di un movimento studentesco inglese «tutt’altro che tramontato», e di Anis, studente tunisino che ha portato la testimonianza delle rivolte che hanno cacciato Ben Ali: «ci vuole un movimento unico e unito perché se ne vadano tutti e la loro politica se ne vada con loro».
A irrompere nel dibattito che ha posto con urgenza la necessità di contrastare in maniera unitaria le politiche del governo e di Confindustria, è la guerra in Libia: un evento che cambia l’agenda politica italiana, che rafforza l’attacco ai diritti sociali e giustifica le politiche di austerità imposte dai vari governi europei, che ripropone la questione delle risorse energetiche e accelera la privatizzazione dei beni comuni. I lavori proseguiranno stamattina con tre workshop sui temi «comunicazione e lotte», «organizzazione» e «università sociale» per poi recarsi tutti insieme alla manifestazione nazionale per l’acqua bene comune. Quindi, domenica alle ore 10 con l’assemblea plenaria conclusiva «perché anche in Italia c’è bisogno di costruire rivolta».
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