Palermo – «E’ come se mancasse ancora un pezzo della vita di Peppino – sussurra il fratello Giovanni – quella vita che era dentro le sue lettere, i suoi volantini, i libri, i ciclostili: furono portati via dalla nostra casa di Cinisi la notte dell’omicidio.
Palermo – «E’ come se mancasse ancora un pezzo della vita di Peppino – sussurra il fratello Giovanni – quella vita che era dentro le sue lettere, i suoi volantini, i libri, i ciclostili: furono portati via dalla nostra casa di Cinisi la notte dell’omicidio.
Una decina di carabinieri misero tutto dentro dei grandi sacchi neri. Cinque, forse sei. Come se quei fogli fossero il corpo del reato. E da quella notte dell´8 maggio ´78 sono scomparsi». Giovanni Impastato non ha mai smesso di cercare l´archivio di suo fratello. E insieme a lui l´hanno cercato gli amici di Peppino e i compagni del centro Impastato. «Fra quelle carte c´è la chiave del mistero che ancora avvolge l´omicidio – sostiene Giovanni -. Subito le indagini furono depistate da esponenti delle istituzioni. Cosa si doveva nascondere? Quali complicità della mafia Peppino aveva scoperto?».
Sono le stesse domande che adesso si pongono il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e il sostituto Francesco Del Bene, che hanno appena aperto un fascicolo di accertamenti preliminari sui depistaggi di trent´anni fa. Ancora una volta, dunque, la storia di Peppino Impastato riparte da quella casa che dista cento passi dalla palazzina che era il regno del capomafia Gaetano Badalamenti: da lì, i carabinieri iniziarono a indagare. Nel 2000, la commissione antimafia presieduta da Giuseppe Lumia ha rilevato che fu davvero uno strano inizio di indagini, e ha segnato una traccia per arrivare all´archivio scomparso di Impastato: rimanda al processo contro Badalamenti, condannato come mandante dell´omicidio.
Bisogna allora scendere nei sotterranei del Palazzo di giustizia di Palermo per provare ad andare oltre. È nel faldone 4 bis del processo a don Tano l´indicazione che l´Antimafia aveva segnato, a futura memoria. Fra le righe di una laconica relazione di servizio del comandante del nucleo informativo è scritto: «1 giugno ´78. Controllo persone sospettate di appartenenza a gruppi eversivi. Si trasmette l´elenco, sequestrato informalmente nell´abitazione di Impastato Giuseppe». «Sequestro informale», una formula che ha poco di diritto. Qualche foglio dopo, ecco «l´elenco del materiale informalmente sequestrato in occasione del decesso di Impastato». Due fogli senza intestazione, senza firma, senza data. Solo un elenco in 32 punti. Inizia con: «Fotocopia di una lettera spedita a Impastato». Si conclude con: «Statuto Circolo Arci». Passando per lettere, volantini e appunti per iniziative di Radio Aut, il vero megafono di Peppino.
Eccole, le carte che erano dentro ai sacchi neri. Saranno una cinquantina di fogli, davvero pochi per stare nei cinque sacchi che Giovanni Impastato vide portare via. E poi questi fogli sono solo fotocopie annerite. Nel febbraio 2000, il pubblico ministero Franca Imbergamo le ottenne dai carabinieri. I documenti erano sempre rimasti dentro la pratica “P-029542” del reparto operativo.
Adesso, Giovanni Impastato sta sfogliando le fotocopie nella redazione palermitana di Repubblica. «È un ritrovamento importante», dice. «Questa è la scrittura di Peppino – ora Giovanni sorride – qui annotava: “È vero che il 9 luglio il maresciallo si è incontrato col deputato fascista e col criminale nazi-fascista?”». Tra le fotocopie spunta una lettera di alcuni muratori: «Aveva organizzato un collettivo di edili», spiega Impastato. Il fratello di Peppino continua a sfogliare e trova delle lettere che erano dirette a lui: «Scrivevamo spesso ad alcuni compagni conosciuti durante il servizio militare, in Friuli». Ecco la fotocopia della copertina di un libro di Toni Negri, edito da Feltrinelli: Il dominio e il sabotaggio. «Lo comprammo durante una licenza», ricorda Giovanni, che intanto ha trovato un elenco del circolo Musica e cultura: «Ci sono i nomi dei ragazzi di allora – sorride – Questi documenti fanno rivivere un movimento importante». In alcune lettere è citato Ciro Noia, un attivista di Lotta Continua arrivato in Sicilia con Mauro Rostagno. «Mi emoziona sfogliare queste carte. Sono convinto che c´è dell´altro, non so dove».
La prova che la lista ritrovata è da considerarsi incompleta è ancora fra le fotocopie. C´è un volantino che non è citato fra i 32 punti. Riguarda la strage alla casermetta di Alcamo, che nel ´76 fece due morti. Il volantino che adesso Giovanni stringe fra le mani si intitola: «Provocatorie perquisizioni dei carabinieri». Peppino denunciava la «strategia della tensione». Giovanni Impastato è convinto che fra le carte mai ritrovate ci siano degli appunti importanti: «Probabilmente – dice – Peppino aveva scoperto le collusioni fra Badalamenti e alcuni carabinieri». Aggiunge: «Di certo, oggi sappiamo che l´archivio di Peppino viene trattenuto in un palazzo delle istituzioni sulla base di un atto illegittimo. È venuto il momento di farlo tornare a casa nostra, ormai casa della memoria».
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