Il dissenso represso in Campania

Pacchetti sicurezza che si susseguono da un esecutivo a un altro, a prescindere dal colore politico, prendendo di mira clandestini, movimenti, proteste studentesche, terremotati. In cosa si traducono? La Campania fornisce un laboratorio anche nella fase due del progetto di controllo e repressione del dissenso.

Pacchetti sicurezza che si susseguono da un esecutivo a un altro, a prescindere dal colore politico, prendendo di mira clandestini, movimenti, proteste studentesche, terremotati. In cosa si traducono? La Campania fornisce un laboratorio anche nella fase due del progetto di controllo e repressione del dissenso.

Un esempio di legislazione speciale l’ha offerta il governo Berlusconi nel 2008, varando un pacchetto di norme valide solo per la regione massacrata dai rifiuti. Siti militarizzati fuori dal controllo democratico, aggravi di pena, tribunali speciali e gestione commissariale, sottratta alla Corte dei conti. Il tutto si è tradotto, ad esempio, in circa 35 attivisti del presidio di Chiaiano e Marano sotto inchiesta in sei procedimenti giudiziari. Tre processi conclusi in primo grado con condanne per resistenza a pubblico ufficiale, incendio, furto (accuse relative alla costituzione di barricate per impedire l’accesso dei camion alla discarica). Un processo è stato sospeso in attesa che la Corte costituzionale si pronunci sull’interpretazione della norma che punisce chi blocca i camion diretti in discarica con tre anni di reclusione. Un altro è in corso per l’occupazione dell’Arpac del settembre 2010, a pochi giorni dallo scoppio dello scandalo Mastella, accusato di gestire l’ente di tutela del territorio in modo clientelare. L’ultimo comincerà a maggio presso il tribunale di Marano, in attesa due attivisti hanno da quasi tre anni l’obbligo di firma, a un terzo è stato tolta perché, essendosi infortunato al ginocchio, è costretto all’immobilità.
Battistrada anche nel percorso verso la distruzione delle tutele sul lavoro, con la Fiat di Pomigliano d’Arco che, questo mese, ha cominciato a mutare pelle in Fabbrica Italia Pomigliano, con le prime assunzioni di amministrativi: «Stanno aggirando il codice civile – spiega Antonio Di Luca della Fiom – C’è una violenta asimmetria nel trovarsi da solo davanti a una multinazionale che ti chiede di firmare le tue dimissioni e poi un nuovo contrato, in cui pare ci sia scritta la rinuncia a qualsiasi controversia legale». Questo succede a chi il lavoro ce l’ha, ad altri va peggio. I precari del progetto Bros sono senza stipendio da sette mesi. Sono circa 4mila, disoccupati di lunga durata. Dal 2003 a oggi hanno siglato accordi con esecutivi nazionali e locali di centrosinistra e centrodestra, sono stati formati per servizi alla persona, bonifiche e raccolta differenziata, all’improvviso sono diventati una massa di parassiti in cerca di rendita. «Prendevamo 596 euro per avere un lavoro precario, senza aver accumulato un solo giorno per la pensione – spiega Paola, 48 anni – Se poi la raccolta differenziata non si è fatta certo non è colpa nostra».
A ottobre un gruppo occupò il Consiglio regionale per chiedere un incontro urgente, per questo in 13 sono finiti a Poggioreale, in celle sovraffollate tre metri per tre, accusati di lesioni, oltraggio, resistenza e devastazione. Quattro sono usciti subito con obbligo di firma, sei sono finiti poi ai domiciliari, l’ultimo è ancora in galera. Per i loro compagni che non finiscono in prigione ci sono altre misure. Occupare il suolo pubblico, la ferrovia o una chiesa costa tra 5mila e 20mila euro di multa, a discrezione della prefettura. In 150 circa invece hanno avuto un avviso orale dalla questura: diventate persone pericolose per la sicurezza pubblica, non possono andare a manifestazioni o assemblee, oggetto di misure di sorveglianza speciale fino al soggiorno obbligato, per tre anni. Così non possono usare cellulari, computer o altri mezzi di comunicazione, possono uscire di casa solo dopo le otto e non possono rientrare dopo le 20, né uscire dal comune di residenza, parlare con pregiudicati, né stare in un bar o portare l’ombrello. Le violazioni posso portare a condanne di un anno. La legalità e la giustizia sembrano in Italia lontanissime: «La sorveglianza speciale si dà ai camorristi – spiega Pietro Rinaldi, avvocato e attivista antidiscarica – se si usa per chi chiede lavoro allora vuol dire che si è deciso di criminalizzare il conflitto sociale. Se per 13 anni chiedi lavoro è ovvio che diventi un’associazione, ma il tuo scopo dovrebbe essere tutelato dalla Costituzione». Invece il piano dell’assessore regionale al lavoro prevede nuovi colloqui: «Nonostante le nostre qualifiche – spiega Paola – siano già indicate nel libretto delle competenze. Finiranno, guarda caso, a pochi giorni dalle amministrative. Le agenzie stanno assumendo ragazzi tra i 18 e i 22 anni a 400 euro al mese per tre, sei mesi. Quando lavoravamo noi ci chiamavano parassiti. Le società prendevano 1.500 euro a contratto, adesso 5mila. Tutti guadagnano e noi rimaniamo a spasso».

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