Nell'aula bunker di Rebibbia il procedimento per la morte del giovane avvenuta sei giorni dopo l'arresto. Tre agenti carcerari, sei medici e altri tre infermieri del Pertini in Corte d'Assise. Parte civile i famigliari di Stefano e il Comune di Roma

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Cucchi, al via il processo due su dodici gli imputati presenti

Cucchi, al via il processo due su dodici gli imputati presenti

Cucchi, al via il processo due su dodici gli imputati presenti

Nell’aula bunker di Rebibbia il procedimento per la morte del giovane avvenuta sei giorni dopo l’arresto. Tre agenti carcerari, sei medici e altri tre infermieri del Pertini in Corte d’Assise. Parte civile i famigliari di Stefano e il Comune di Roma

Cucchi, al via il processo due su dodici gli imputati presenti

Nell’aula bunker di Rebibbia il procedimento per la morte del giovane avvenuta sei giorni dopo l’arresto. Tre agenti carcerari, sei medici e altri tre infermieri del Pertini in Corte d’Assise. Parte civile i famigliari di Stefano e il Comune di Roma

E’ iniziato il processo nell’aula bunker di Rebibbia per la morte di Stefano Cucchi, il geometra 21enne che il 16 ottobre del 2009 venne fermato per una vicenda di stupefacenti e morì dopo sei giorni di detenzione nell’ospedale Sandro Pertini di Roma. In tutto sono 12 gli imputati che a vario titolo dovranno rispondere della morte di Cucchi. Si tratta di agenti della polizia penitenziaria e personale medico e infermieristico dell’ospedale Sandro Pertini.

In aula sono presenti anche i familiari di Stefano Cucchi: la sorella Ilaria, il padre Giovanni e la madre Rita Calore. Gli imputati presenti alla prima udienza del processo davanti alla terza Corte d’assise, presieduta da Evelina Canale, sono solo due: Nicola Menichini, uno degli agenti di polizia penitenziaria, e Stefania Corbi, un medico del Sandro Pertini. Assenti gli altri imputati, gli agenti di polizia penitenziaria Corrado Santantonio e Antonio Domenici; il primario del Sandro Pertini, Sandro Fierro; i medici Silvia Di Carlo, Flaminia Bruno, Luigi Treite De Marchis, Rosita Caponetti; gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe. Tutti rinviati a giudizio nel gennaio scorso dal gup di Roma, Rosalba Liso

Gli agenti della polizia penitenziaria dovranno rispondere di concorso nelle lesioni volontarie e abuso di autorità. I reati contestati a vario titolo al personale sanitario è di abbandono di persona incapace, favoreggiamento, omissione di referto, abuso d’ufficio e falso. Il direttore dell’ufficio detenuti e del trattamento del Provveditorato regionale amministrazione penitenziaria (Prap), Claudio Marchiandi, è stato invece già condannato a 2 anni di reclusione dopo aver scelto il rito abbreviato.

Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, Stefano Cucchi venne picchiato dagli agenti della polizia penitenziaria mentre si trovava nelle celle di sicurezza dei sotterranei del tribunale di Roma, dove era stato portato per l’udienza di convalida del fermo.
Morì il 22 ottobre successivo nel reparto detenuti del Sandro Pertini dove – sempre secondo l’accusa – non gli erano state prestate le cure minime pur essendo in uno stato di totale debilitazione anche a causa delle percosse subite. Si disse al momento dei fatti che se in ospedale gli fosse stato dato anche solo bicchiere d’acqua zuccherata non sarebbe morto.

Le ultime parole di Stefano

Gli agenti carcerari. Diverse le posizioni processuali dei dodici imputati. In particolare le guardie Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici sono imputati di lesioni personali aggravate perché abusando dei loro poteri picchiarono duramente Cucchi dopo che la mattina del 16 ottobre in Tribunale fu sottoposto alla convalida dell’arresto.

I medici. Aldo Fierro (direttore del reparto detenuti del Pertini), Stefania Corvi, Flaminia Bruno, Luigi Preite de Marchis e Silvia Di Carlo, insieme con gli infermieri Giuseppe Flauto, Elvira Martelli e Domenico Pepe rispondono di abbandono di persona incapace. Un reato aggravato dal fatto che proprio per la mancanza di cure Cucchi morì. Un altro medico Rosita Caponetti, dirigente del Pertini, è accusata di falso e abuso d’ufficio per il comportamento tenuto nel ricovero di Stefano nell’ospedale e annotazioni sulla cartella clinica delle condizioni del paziente. Questi reati le erano stati contestati in concorso con un funzionario del Dap, Claudio Marchiandi, che però si è fatto processare con il rito abbreviato subendo una condanna di due anni. Di conseguenza è uscito dal processo. Altri reati poi sono stati contestati a Fierro e Corvi, (rilevazioni di segreti di ufficio) a Bruno (falso). Tutti poi i medici e gli infermieri sono imputati di favoreggiamento e omissione di referto.

La perizia. I familiari del geometra contestano, in particolare, le conclusioni della consulenza medico-legale che ha attribuito le cause della morte del giovane non tanto al presunto pestaggio avvenuto nelle celle di sicurezza della Tribunale quanto per l’abbandono nella struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini dove Cucchi era stato ricoverato.

La lettera aperta.
Nei giorni scorsi in una lettera aperta, uno dei medici rinviati a giudizio ha affermato che Cucchi “rifiutò” le cure in ospedale, perché come molti pazienti giudiziari tentava di attivare, in questo modo, la macchina della giustizia e ottenere un contatto con il suo avvocato. “Noi siamo riusciti a sottoporlo a visita ortopedica – scrive Flaminia Bruno – effettuare la radiografia alla schiena, i prelievi ematici, somministrare gli anti-dolorifici e farmaci per l’epilessia. Il ragazzo ha sistematicamente rifiutato ogni altro trattamento e indagine proposta. E’ chiaro che in questo modo il medico ha le mani legate”.

Nel processo si sono costituiti parte civile i famigliari di Cucchi con l’assistenza dell’avvocato Fabio Anselmo e il Comune di Roma con l’avvocato Enrico Maggiore. Sub judice la richiesta presentata dal Tribunale del malato ”Cittadinanza attiva” che ha chiesto di essere presente nel processo con l’assistenza dell’avvocato Stefano Macioni. Quanto agli imputati soltanto due sono presenti: la guardia carceraria Nicola Minichini assistito dall’avvocato Diego Perugini e Stefania Corbi, medico assistito dall’avvocato Franco Luberti.

“Spero che vinca la verità – ha detto la sorella del giovane, Ilaria – L’impressione è che sarà un processo scandito dal dolore e teso a difendere l’operato dei pubblici ministeri e della consulenza tecnica a scapito della verità. L’auspicio è che chi deve giudicare si renda conto di ciò che è capitato a Stefano”.

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