Antico e futuro, il suono popolare del Monferrato

YO YO MUNDI – Esce il nuovo cd «Munfrà »

YO YO MUNDI – Esce il nuovo cd «Munfrà »

Il titolo è secco, cinque lettere per una parola, Munfrà, che suona come se non appartenesse a una lingua precisa. E invece, Munfrà vuol dire Monferrato, nella lingua, nel dialetto, di quella piccola porzione di Piemonte accanto alle Langhe e a due passi dal mare di Liguria. Munfrà è l’ultimo lavoro musicale degli Yo Yo Mundi (distr. Egea), figli del Monferrato, Acqui Terme per precisione geografica, creatori, dalla fine degli anni ’80, di una «musica selvatica», secondo una definizione a firma di Paolo Conte. Ghironde, violini, chitarre, oued, percussioni, cajon, cornamuse, cembali, bouzouki, mandolini, esplorano una terra fatta di colline e di vitigni, di aria dove la salsedine del mare poco distante si mischia agli odori della campagna.
Cercano leggende, feste, battaglie, passaggi di popoli dentro una memoria quasi sepolta. Spiega Paolo Archetti, voce degli Yo Yo «Come tanti altri luoghi in Italia, anche il Monferrato ha smesso da tempo di produrre musica popolare. Oggi la musica è ‘verticale’, nel senso che impedisce la comunicazione tra generi, culture, tradizioni. Oggi, la musica, almeno per quanto riguarda gran parte di quella italiana, è standardizzazione. Cui noi abbiamo risposto guardando indietro per guardare avanti». Allora, Munfrà trova la sua ragione non solo artistica nel passo di una lettera che, di nuovo Paolo Conte, ha indirizzato agli Yo Yo dopo aver ascoltato l’album «Siete riusciti in alcuni momenti a toccare l’antico, che è come toccare il futuro». Antico e futuro, con la loro felice commistione, si evidenziano nel suono delle parole. Ascoltate Ssteila, Stella. Ciò che subito attrae e cattura è la dolcezza, l’armonia, lo spazio, la cadenza, la leggerezza. Comprendere il significato dei versi in lingua, in dialetto, diventa marginale; compito facile da assolvere, ma rigorosamente al termine del brano, leggendo il testo a fronte. Stesso discorso vale per Dùma ch’andùma, Arcanssél, Léngua ed ssu, titoli riconducibili ad accenti piemontesi soltanto per chi dentro quei confini vive da molto tempo. Antico e futuro si incontrano in Tè chi T’éi?, Tu chi sei? Qui, a dialogare musicalmente con gli Yo Yo, è Nabil Salameh dei Radio Dervish, che canta in arabo. Dubbio, e domanda, ragionevoli: anche voi indotti in tentazione da quella moda dilagante e sovente ruffiana di «contaminare», attingendo agli esotismi ovunque possano rivelarsi utili? Respinge e rimanda al mittente Paolo Archetti «Il brano nasce da un posto del Monferrato, Piana dello Sterminio, dove, secondo le cronache popolari, avvenne una battaglia sanguinosa tra i saraceni e la popolazione locale. Ci siamo passati un giorno che i campi di grano, piegati dal vento, somigliavano al mare mosso. Così abbiamo immaginato l’incontro, oggi, tra un saraceno e un monferrino. Si parlano, si raccontano le loro diverse storie, alla fine scoprono di essere uguali. Questa è sempre stata, e sarà sempre, una terra di passaggio». Passano, nelle tracce del disco, molti collaboratori. Il talentuoso Claudio Fossati, il violino di Steve Wickham aggiunge sonorità fondamentali. La voce di Eugenio Finardi si rivela perfetta per La ballata del tempo del sogno. Echi femminili di grande risonanza arrivano da Elisabetta Gagliardi e Betti Zambruno. E meritano ancora citazione la ghironda di Sergio Berardo, insieme all’harmonium di Luca Oliviero. Al tutto si aggiunge il lavoro raffinato dei fiati e degli strumenti a corda di varia origine. Del folto gruppo fa parte anche la Banda Osiris, che si mette da parte, ma è solo questione di un momento, la sua vena di sana follia. Antico e futuro, Lengua ed Ssu, Lingua di sole «È come una lingua di sole, che lecca la piana come la bagna addormentata sul peperone. È un tuono lontano che percuote il mio cielo, una carezza sul pelo, un colpo di cannone. Chiedi a questa terra quali erano i cani e quali i padroni e chi erano le madri e chi i pasticcioni… Chiedi a questa lacrima quali erano i grappoli che non hai masticato e a questa strada di polvere dove sono finiti i passi che non hai danzato». Questa terra, questo Monferrato, appartengono, certamente, anche agli Yo Yo Mundi.

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