Una carta per un mondo senza muri

ISOLA DI GORà‰E- DAKAR

Oggi sono stato testimone di un evento che assume un significato simbolico molto forte: il World migrants forum. Si tratta di un incontro di migranti, soprattutto africani, riuniti in assemblea per elaborare una Carta mondiale per i loro diritti, partendo dallo slogan: «Una carta per un mondo senza muri».

ISOLA DI GORà‰E- DAKAR

Oggi sono stato testimone di un evento che assume un significato simbolico molto forte: il World migrants forum. Si tratta di un incontro di migranti, soprattutto africani, riuniti in assemblea per elaborare una Carta mondiale per i loro diritti, partendo dallo slogan: «Una carta per un mondo senza muri». Provocatoriamente hanno indetto questa loro assemblea (2-3-4 febbraio) nell’isola di Gorée, a Dakar, da dove sono partiti milioni di schiavi per le Americhe, in quella vergognosa tratta Atlantica. Con un gruppo di comboniani e comboniane abbiamo assistito al dibattito di questi immigrati, iniziato nel 2006 dai sans papiers di Marsiglia, continuato in questi anni nei vari continenti, per concludersi a Gorée, con l’approvazione della Carta mondiale dei migranti. Carta che verrà poi presentata al Forum sociale mondiale (Dakar 6-11 febbraio).
È la prima volta che visito quest’isola (patrimonio dell’umanità), che ha visto gli orrori, durati tre secoli, che hanno portato decine di milioni di schiavi oltreoceano. Sono rimasto profondamente scioccato da questo luogo che parla, un vero luogo teologico che interpella tutta l’umanità. Soprattutto l’Occidente. Gorée è l’Auschwitz dell’Africa, una delle tragedie più immense del popolo nero. E sono rimasto molto turbato del clima festaiolo e turistico che ho visto. Un luogo sacro come Gorée richiede silenzio, riflessione e contegno. Noi bianchi dovremmo andarci semplicemente per chiedere perdono. Come comboniani ci ritorneremo nei prossimi giorni proprio con questi sentimenti: con la richiesta di perdono per il crimine che abbiamo commesso contro il popolo nero. Chi oggi, invece, incarna per me lo spirito di Gorée è quel centinaio di migranti africani riuniti che riprendono la parola per chiedere con forza la tutela dei loro diritti.
«I migranti sono presi di mira da politiche ingiuste», afferma il preambolo della Carta. «Queste a scapito dei diritti universalmente riconosciuti a ogni essere umano. Queste politiche sono imposte da sistemi che cercano di mantenere i privilegi dei pochi, sfruttando la forza lavoro dei migranti». Ripenso alla drammatica situazione degli immigrati in Italia, usati come manodopera a basso prezzo, e, quando non servono più, rispediti al mittente, come impone la legge Bossi-Fini. Ripenso al razzismo del Decreto sicurezza del ministro Maroni, che impedisce a un’immigrata che partorisce in ospedale di riconoscere il proprio figlio. Siamo arrivati a un razzismo di Stato. Ripenso ai respingimenti nel Mediterraneo, con la tragica conseguenza di migliaia di morti nel deserto. È Gorée che si ripete. Ma non solo in Italia. «Se i nostri immigrati soffrono indicibilmente in Europa», grida Diouf durante il dibattito, «soffrono anche quando sono costretti a emigrare in altri paesi d’Africa e diventa una catastrofe quando sono obbligati a migrare nei paesi nord africani». È incredibile che questo avvenga proprio agli africani, che, come diceva uno dei partecipanti al Forum, «sono stati in questi ultimi 500 anni deportati come schiavi, colonizzati e schiacciati dall’imperialismo».
In questo dibattito ho sentito un’Africa con una voglia matta di rimettersi in piedi, riprendendo in mano la sua storia.Un buon auspicio per il Forum sociale mondiale, che per la seconda volta si tiene in Africa.

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