"Invece di soccorrerci hanno perso tempo: moltissimi sono annegati"  ">

“Ridevano mentre noi affogavamo”

Parlano i superstiti del naufragio. Già  50 i morti in mare: “Invece di soccorrerci hanno perso tempo: moltissimi sono annegati” 

Parlano i superstiti del naufragio. Già  50 i morti in mare: “Invece di soccorrerci hanno perso tempo: moltissimi sono annegati” 

Sono morti quando l´isola era ormai a poche ore di navigazione. Speronati da una motovedetta tunisina, finiti in mare sotto gli occhi beffardi dei militari mentre il loro barcone si spezzava letteralmente in due. «Eravamo partiti in 125 su un vecchio motopesca. Avevamo pagato mille euro ciascuno. Mentre eravamo in navigazione verso Lampedusa, dopo circa 16 ore dalla partenza, una motovedetta tunisina ci ha intimato di fermarci, cosa che abbiamo fatto, ma il comandante della motovedetta ha fatto una manovra e ci ha speronato, spezzando la nostra barca in due. Gli ufficiali di bordo ridevano perché alcuni di noi non sapevano nuotare. Ci guardavano e ridevano invece di tirarci su. Molti di noi non ce l´hanno fatta e sono morti annegati».

Rais Gantri, 29 anni, è uno di quelli che ce l´ha fatta e racconta la tragedia davanti alle bare di alcuni suoi amici ripescati in mare. I loro corpi, almeno, sono stati “ripescati” ma sarebbero almeno 40 le vittime del primo naufragio dell´inarrestabile flusso di imbarcazioni che sfidano il Canale di Sicilia. Quaranta dispersi in mare ai quali vanno ad aggiungersi i cinque morti e i 17 dispersi di un altro viaggio finito in tragedia nella notte tra sabato e domenica, questa volta al largo del porto tunisino di Zarzis: due barche piene zeppe di persone, entrambe dirette verso un grosso peschereccio che avrebbe dovuto portare i clandestini a Lampedusa, entrate in collisione tra di loro mentre navigavano al buio per sfuggire al controllo della polizia tunisina che ormai da 24 ore ha blindato il porto della cittadina. Da Zarzis adesso non si parte più e la gente piange i tanti, dicono almeno 200 che sono partiti ma di cui non si ha ancora alcuna notizia.
«Ce n´erano ancora tanti in mare – racconta ancora Rais – persone che avevano una famiglia, e glielo dicevo ai militari supplicandoli di aiutarli, ma loro mi hanno detto di tacere». Rais ha perso anche il cognato con cui aveva deciso di partire, un meccanico con cinque figli che ha appena seppellito. Erano partiti dalla spiaggia di Oogla, una di quelle sulle quali nei giorni scorsi si assiepavano a migliaia contendensdosi un passaggio sulle piccole imbarcazioni che portano i fuggiasachi al largo dove ad attenderli ci sono i pescherecci messi a disposizione da comandanti che li “vendono” in cambio di qualche decina di migliaia di euro. Il comandante del peschereccio ched aveva preso a bordo Rais è finitoi in carcere e, come lui, circa venti comandanti di imbarcazioni sospettati di organizzare viaggi verso Lampedusa.
E al numero delle vittime potrebbero aggiungersi anche le decine di clandestini a bordo di due imbarcazioni che erano state avvistate domenica pomeriggio da alcuni velivoli in servizio di monitoraggio sul Canale di Sicilia. Il loro arrivo a Lampedusa era previsto per le prime ore di ieri mattina ma nella notte delle due barche si è persa ogni traccia e le ricognizioni di aerei e motovedette di Guardia di finanza e Guardia costiera non hanno dato alcun esito. Nelle ultime 24 ore nessuno sbarco a Lampedusa, undici maghrebini sono stati rintracciati sulla costa di Pantelleria, un altro piccolo sbarco è avvenuto a Pozzallo. 
Da Zarzis e dagli altri posti della Tunisia nelle ultime 24 ore sembra non sia partita più nessuna imbarcazione. Così dice anche il tam tam di quelli che sono invece sbarcati a Lampedusa e che attendono notizie di amici e parenti che, comne loro, erano in fila nel porto o sulle spiagge di Zarzis. Adesso c´è la polizia e l´esercito che impedisce a chiunque, tranne i pescatori, di avvicinarsi al mare. Il vento ha ricominciato a soffiare forte, il mare si è ingrossato e le previsioni per i prossini giorni tendono al brutto. Ci sono decine di migliaia di persone pronte alla traversata, pronte a sfidare il mare, quel Canale di Sicilia che, negli ultimni quindici anni è diventato la tomba di migliaia di clandestini che, come loro, guardano allo scoglio di Lampedusa come alla frontiera della libertà.

 

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