Laurens Jolles dell'Alto commissariato per i rifugiati: "Almeno non li hanno respinti" ">

“Incredibile che il centro di accoglienza sia chiuso”

Laurens Jolles dell’Alto commissariato per i rifugiati: “Almeno non li hanno respinti”

Laurens Jolles dell’Alto commissariato per i rifugiati: “Almeno non li hanno respinti”

 «Apprezziamo che gli immigrati arrivati sinora siano stati accolti nel territorio italiano e auspichiamo che si continui così». Il pensiero dell´avvocato olandese Laurens Jolles, rappresentante regionale dell´Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur/Unhcr), va al 2009 quando il governo italiano ricondusse in Libia centinaia di immigrati. «Allora ci furono decine di respingimenti. Stavolta i migranti sono stati accolti».

Signor Jolles, quattromila immigrati in quattro giorni. Il governo italiano ha proclamato lo stato d´emergenza. Ritiene che servirà?
«Sono giunte migliaia di persone e probabilmente molte altre arriveranno nei prossimi giorni. Bisogna riceverle, assisterle, dare loro accoglienza. Se il modo di farlo al meglio è dichiarare lo stato d´emergenza, ben venga».
Qualcuno ha lamentato che, in un momento di eccezionale afflusso di migranti, il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Lampedusa sia chiuso.
«Sorprende che in una tale situazione di emergenza un centro già attrezzato per ospitare migliaia di migranti non venga reso disponibile, ma spetta al governo decidere come rispondere all´afflusso. L´importante è che, se il Cie di Lampedusa resterà chiuso, vi siano altri centri pronti a ricevere gli immigrati».
Il ministro Sacconi ha invece polemizzato con la “lentezza” dell´intervento dell´Unione Europea.
«È troppo presto per dire che sia mancata una risposta europea. L´Italia è il Paese più vicino alle coste nordafricane ed è ovvio che si trovi a dover rispondere per primo a nuove ondate migratorie. Ma bisogna prima vedere come si evolverà la situazione perché si appronti un intervento di concerto con gli altri Stati europei».
Non è comunque presumibile immaginare che, con il rischio di contagio nel Maghreb, il fenomeno possa aggravarsi?
«Io guarderei in prospettiva. Le ragioni dell´esodo dalla Tunisia non sono ancora chiare. Si tratta sicuramente di una combinazione di fattori: minori controlli al confine da parte del governo tunisino negli ultimi giorni, un certo grado d´instabilità, un alto tasso di povertà e di disoccupazione, etc. Ma ci vuole tempo per definirle. E poi l´Egitto è un esempio di come le situazioni possano cambiare». 

 

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