Contro il Ponte, oggi il processo per la morte di Nisticò

OMISSIONE DI SOCCORSO: IL PROCESSO Due anni fa la morte di Franco Nisticò, colpito da un malore durante la manifestazione contro il Ponte sullo Stretto. I ritardi nei soccorsi e il comportamento omissivo di un medico i motivi dell’accusa all’esame dei giudici. Oggi inizia il processo.

OMISSIONE DI SOCCORSO: IL PROCESSO Due anni fa la morte di Franco Nisticò, colpito da un malore durante la manifestazione contro il Ponte sullo Stretto. I ritardi nei soccorsi e il comportamento omissivo di un medico i motivi dell’accusa all’esame dei giudici. Oggi inizia il processo.

Alle 15.30 del 19 dicembre 2009, al termine di un accalorato intervento, Franco Nisticò si accasciava sul palco della manifestazione No Ponte di Villa San Giovanni. Esanime, il volto terreo, non dava segni di vita. In un attimo una festa di popolo si trasformava in tragedia e le rivendicazioni no-pontiste lasciavano il posto alla collera. Quindici minuti interminabili prima che un soccorso fosse prestato al cuore malato di Nisticò, nella piazza della Chiesa di Cannitello. Nel frattempo, nell’attesa di un pronto soccorso, furono alcuni medici presenti tra i manifestanti a intervenire per le prime cure, compreso un massaggio cardiaco. L’ambulanza del 118, chiamata subito dopo il malore, arrivava alle 15.45, forse ancora in tempo. Ma non era attrezzata per interventi di emergenza, non avendo a bordo né mezzi (defibrillatore ed ossigeno) né personale sanitario specializzato. Trasportato agli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, per Nisticò non c’era più speranza. Moriva poco dopo.
L’indagine della procura reggina iniziò subito, a poche ore dalla morte di Nisticò. Quel che era successo quel pomeriggio era chiaro a tutti: l’inadeguatezza dei soccorsi. «Dopo aver ripetutamente chiesto l’intervento di un’ambulanza- commenta la Rete No Ponte- anche attraverso il microfono dal palco e dopo i primi spontanei interventi di medici presenti al corteo, è giunto sul posto il camioncino sanitario della Polizia di Stato, sfornito però degli adeguati strumenti di soccorso. La sproporzione tra il massiccio dispiegamento di forze dell’ordine e la scarsa e inadeguata presenza di mezzi sanitari si è rivelata fatale per Franco, mettendo a rischio l’incolumità di tutti i manifestanti». Sul registro degli indagati è finita Gaetana Morace, medico chirurgo in servizio presso il Suem 118 di Reggio, a bordo dell’ambulanza “Riva 4” di tipo A (unica dotata di defibrillatore), con postazione nella piazza Italia di Villa, vicino la stazione. La dottoressa è accusata di «negligenza» e «per essersi rifiutata di intervenire».
L’accusa, sulla quale dovrà pronunziarsi il Gup, è scritta nella richiesta di rinvio a giudizio formalizzata il 18 novembre scorso. La negligenza sarebbe consistita «nel rifiutarsi, benché tempestivamente richiesta dal vigile urbano del Comune e dal comandante della Polizia Municipale, di intervenire in località Cannitello dove vi era una persona colta da malore (Nisticò Franco, in arresto cardiaco)». Segue la motivazione del rifiuto del medico indagato: «non intendeva prendere disposizioni dal comandante della Polizia locale» e sosteneva che comunque «bisognava prima chiamare il 118 di Scilla». Nondimeno, Morace si sarebbe rifiutata «di eseguire un intervento di pronto soccorso, omettendo di effettuare con urgenza l’unica manovra rianimatoria efficace, costituita dal defibrillatore tanto da allontanarsi successivamente da Villa San Giovanni per fare rientro a Reggio Calabria abbandonandovi Nisticò».
Il pm ha anche rilevato che il medico omise di comunicare alla centrale operativa del servizio 118 di trovarsi ancora a Villa e di segnalare l’emergenza. Tra l’altro, il chirurgo avrebbe violato anche il codice deontologico in quanto «il medico, indipendentemente dalla sua abituale attività, non può mai rifiutarsi di prestare soccorso o cure d’urgenza e deve tempestivamente attivarsi per assicurare adeguata assistenza».
L’udienza preliminare è prevista per oggi presso il tribunale reggino. I capi d’imputazione sono chiari e prefigurano una grave responsabilità a carico del medico che con un intervento tempestivo avrebbe potuto salvare Nisticò. «Ma per noi il medico non è certamente l’unico colpevole di quello che è accaduto», ribattono gli attivisti del movimento No Ponte e della Rete per la difesa del territorio, dedicata proprio a Franco Nisticò. Gli strali dei movimenti calabresi si rivolgono contro «chi ha gestito in modo strumentale e politico l’ordine pubblico, inviando cupi segnali atti a scongiurare una massiccia partecipazione, terrorizzando i cittadini villesi a cominciare dall’allora commissario prefettizio di Villa». E’ per questo che i No Ponte e la Rdt “Franco Nisticò” organizzano stamane un presidio di fronte al palazzo di Giustizia di Reggio. Con loro ci saranno i cittadini di Badolato, borgo d’origine di Nisticò, e gli aderenti al Comitato per la Statale 106, di cui Nisticò era coordinatore e per la cui battaglia ha lottato fino alla morte. Tutti insieme per gridare forte contro l’abbandono del territorio e l’inutile sperpero di risorse pubbliche per ricordare che Nisticò non è morto invano. Consapevoli che «…i tanti problemi del nostro territorio, il dissesto idrogeologico, i giovani, il lavoro, non hanno bisogno di divisione ma di unità. Dobbiamo lottare con forza e tutti insieme sconfiggere chi marcia contro. E allora la speranza siamo tutti noi, vecchi e giovani, per dare insieme una speranza a questa Calabria abbandonata da tutti». Erano le ultime parole di Nisticò dal palco di Cannitello. Una lezione da ricordare.

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