L’Italia di Matteotti e quella di oggi

Una biografia di Giacomo Matteotti (autore Gianpaolo Romanato, editore Longanesi: l’unica, incredibilmente, che sia mai stata scritta del deputato socialista assassinato nel 1924 dai fascisti) rivela analogie impressionanti, pur con tante ovvie differenze, fra allora e adesso. Vediamole.

Una biografia di Giacomo Matteotti (autore Gianpaolo Romanato, editore Longanesi: l’unica, incredibilmente, che sia mai stata scritta del deputato socialista assassinato nel 1924 dai fascisti) rivela analogie impressionanti, pur con tante ovvie differenze, fra allora e adesso. Vediamole.
Innanzi tutto, un po´ di realismo. L´Italia ha raccolto attraverso i secoli tante glorie, può vantare tanti meriti, ma nel contesto europeo, a partire dai giorni dell´unificazione, rivela gravi debolezze: è il malato d´Europa. C´erano ieri nella penisola, e permangono tuttora, vaste zone di squallida povertà, di sottosviluppo: c´era, e purtroppo c´è ancora, analfabetismo, corruzione, criminalità organizzata. Una saggia guida politica sarebbe il punto di partenza per guarire: ma il Paese non è abbastanza maturo per gestire con efficienza la democrazia parlamentare, che è la forma di governo più evoluta, e questa immaturità nazionale è una costante che perdura dall´inizio del Regno fino ai nostri giorni, con poche parentesi fortunate, come la Destra storica o gli anni del miracolo. Si cercano pertanto, periodicamente, correzioni o alternative: si fa ricorso a personaggi anomali, esterni al sistema. Ecco dunque la prima analogia: Benito Mussolini allora, e adesso Silvio Berlusconi.
Le differenze fra allora e adesso sono fin troppo evidenti. E affrettiamoci a indicare quella fondamentale: allora si instaurò una dittatura, che sopprimeva ogni libertà politica e di linguaggio; adesso, le libertà politiche sussistono. Annozero di Santoro, allora, non sarebbe stato immaginabile; adesso si trasmette, sia pure a fatica. E questo nostro giornale, nel quale appare oggi questo mio articolo, allora non sarebbe esistito. Insomma: allora c´era la dittatura, adesso c´è la democrazia. Ma l´analogia è nel fatto che quei vent´anni di Mussolini, e questi sedici (finora) di Berlusconi, hanno un protagonista anomalo, che dispone di un potere eccezionalmente vasto, e se ne serve per cambiare le regole nel suo interesse, a suo piacimento. Mussolini, nel 1925, cambiò la legge per instaurare la dittatura. Berlusconi l´ha cambiata, e tuttora sta tentando di cambiarla, per sfuggire ai processi. Lo scenario è diverso, ovviamente. Diversi sono i moventi. Ma la pulsione è la stessa.
E qui appare l´analogia più impressionante: il Paese ha accettato, adesso come allora, la violenza morale. Le persone che contano, gli intellettuali e gli imprenditori, i giornalisti e i professori, tutti coloro insomma che formano il così detto establishment, nel loro insieme si sono adeguati, gli uni incoraggiando, gli altri tollerando il demiurgo di turno, allora il figlio di un fabbro che aveva fatto carriera, adesso un costruttore edile che si è arricchito. Allora, i professori di università, con pochissime eccezioni, giurarono fedeltà al fascismo. Adesso, anche in questo scorcio di regime, fra scandali e ridicolaggini di ogni tipo, c´è ancora chi chiede gentilmente a Berlusconi di darsi, come si suol dire, una regolata, nella speranza che rimanga al potere a tempo indeterminato.
Giacomo Matteotti, allora, fu un´eccezione: fece parte di una minoranza esigua che non si adeguò. Ricco di famiglia, aveva viaggiato, conosceva l´Europa; si rendeva conto della nostra arretratezza rispetto ai grandi paesi del continente, sperava in un´Italia finalmente europea a tutti gli effetti, senza manganelli, senza olio di ricino. Sebbene fosse di temperamento tranquillo, attratto dagli studi oltre che dalla carriera politica, non rinunciò alla lotta contro il fascismo: fu, come giustamente lo definisce il titolo della biografia, un italiano diverso. Fu eletto nel 1924 in parlamento, diventò il segretario del partito socialista di indirizzo riformista. Sebbene molti, anche fra i compagni di partito, lo esortassero alla prudenza, il 30 maggio pronunciò un discorso di violenta opposizione, il primo in quella legislatura, in un´aula inferocita che lo interrompeva a ogni frase. Alla fine, esausto, quasi crollò sul banco, e a un collega (anche lui coraggioso) che si congratulava disse: «Però adesso voi preparatevi a fare la mia commemorazione funebre». Non ebbe neanche quella. Il 10 giugno su un lungotevere, mentre a piedi si dirigeva verso il Parlamento, fu aggredito, caricato su una macchina, ucciso. Il cadavere fu ritrovato mesi più tardi.
Analogie? No di certo, in questo caso: gli oppositori attuali non sono in pericolo. E ora più che mai si dimostra la verità del detto famoso, secondo cui, quando la storia si ripete, la prima volta è tragedia, la seconda è farsa. Allora ci furono le quadrate legioni, le aggressioni, infine la guerra: tragedia, appunto. Adesso ci sono i festini, le orge, le ragazze marocchine: farsa, più che mai. Altra differenza: allora si era all´inizio dell´avventura, che durò un ventennio; adesso siamo presumibilmente alla fine di quest´altra avventura (che già è durata, peraltro, un periodo di poco inferiore). Resta il fatto che le analogie, sia pure fra tante differenze, ci sono: e riempiono di tristezza.

0 comments

Leave a Reply

Time limit is exhausted. Please reload CAPTCHA.

Sign In

Reset Your Password