La Corea è il più pericoloso scenario di crisi al mondo. Attorno o dentro la penisola coreana, spartita in Nord e Sud, incrociano infatti tutte le principali potenze mondiali: Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone. Quasi 30 mila soldati americani vi stazionano dalla fine della guerra di Corea (1950-53). ">

Il pericolo coreano

La Corea è il più pericoloso scenario di crisi al mondo. Attorno o dentro la penisola coreana, spartita in Nord e Sud, incrociano infatti tutte le principali potenze mondiali: Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone. Quasi 30 mila soldati americani vi stazionano dalla fine della guerra di Corea (1950-53).

La Corea è il più pericoloso scenario di crisi al mondo. Attorno o dentro la penisola coreana, spartita in Nord e Sud, incrociano infatti tutte le principali potenze mondiali: Stati Uniti, Cina, Russia, Giappone. Quasi 30 mila soldati americani vi stazionano dalla fine della guerra di Corea (1950-53).

Non hanno nessuna intenzione di sgombrare. Gli Usa dichiarano di voler proteggere la Corea del Sud dalla possibile aggressione nordcoreana. Ma la loro presenza è molto più strategica: sono lì per la Cina.

Pechino è considerata l´unico partner del regime di Pyongyang. In realtà, i rapporti fra Repubblica Popolare Cinese e Corea del Nord sono tutt´altro che sereni. Non solo per il peso delle controversie storiche, ma perché la leadership di Pyongyang è riluttante ad assoggettarsi ai cinesi, dai quali peraltro largamente dipende per evitare il crollo del paese. Hu Jintao è l´unico leader mondiale a disporre di un rapporto diretto con il regime di Kim Jong-il, ormai anziano e malato. Da Pechino gli americani s´attendono dunque il costante sostegno alla stabilità della Corea del Nord. Obama vuole evitare che miseria diffusa e lotte di successione inducano quell´impenetrabile regime a scatenare l´attacco contro i “fratelli” del Sud. 
Uno sguardo ai dispositivi militari in campo lungo la cosiddetta linea smilitarizzata – una fascia di circa 4 chilometri che corre dal Mare dell´Est al Mar Giallo – rende l´idea del pericolo. Lungo quel confine minato sono schierati oltre un milione di soldati, in maggioranza nordcoreani. La capitale della Corea del Sud, Seoul, è ad appena 40 chilometri dal provvisorio confine, esposta al fuoco di migliaia di cannoni nemici, alcuni dei quali dotabili di armi chimiche. Per tacere delle bombe atomiche di cui disporrebbe Pyongyang. Uno scenario da incubo, che spiega perché nessuno pensi alla guerra come a un´eventualità concreta. E perché ciascuno si armi fino ai denti nel caso in cui i calcoli razionali venissero travolti da contingenze impreviste o dalla follia di un capo.
Il programma atomico della Corea del Nord, in bilico fra civile e militare, è oggetto da anni di intermittenti negoziati a sei (le due Coree più Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia). Al di là dell´aspetto strategico-militare, Pyonyang usa il suo misterioso apparato nucleare come strumento di ricatto per ottenere dall´esterno gli aiuti economici che evitino il collasso interno. 
Un braccio di ferro che nessuno ha interesse a vincere, perché si fonda sulla utilità reciproca. La Corea del Nord ha bisogno di americani e cinesi per galleggiare. Stati Uniti e Cina, come anche Giappone e Russia, non vogliono che la tensione permanente sfoci in crisi finale, con il rischio di una guerra devastante. 
A ciò si aggiungano i timori della Corea del Sud di doversi accollare i costi della riunificazione. Cifre incalcolabili, tali da stroncare il suo miracolo economico. Oggi l´economia sudcoreana è la quindicesima al mondo. Nell´ultimo decennio è cresciuta in media del 5,5% all´anno, con la disoccupazione quasi inesistente, ferma a un fisiologico 4%. Solo un sudcoreano su dieci è favorevole alla riunificazione della patria, che per lui significherebbe il drastico abbassamento della qualità della vita.
Vige dunque il paradosso per cui tutti coloro che a parole condannano il regime di Pyongyang – uno strano animale, con una verniciatura comunista su un´anima neoconfuciana e una vocazione nazionalista – gli augurano lunga vita. E siccome nessun regime è eterno, saranno colti alla sprovvista dalla sua fine. Perché alla strategia del ricatto nordcoreano e della demonizzazione con sostegno da parte del resto mondo non esiste a oggi alternativa.

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