Di Ruscio a Roma nel 2007

Stanotte ci ha lasciato Luigi Di Ruscio, grande poeta del Novecento. Si è spento a Oslo, all'età  di ottantun'anni.

Molto amato da Franco Fortini, Paolo Volponi, Salvatore Quasimodo, che lo definì «uomo d'avanguardia nel senso positivo, cioè della fede nell'attualità  e per la violenza del discorso». Con l'ultimo libro “La neve nera di Oslo” (Ediesse 2010) pubblicato lo scorso anno, Luigi Di Ruscio ha chiuso unàesperienza letteraria durata oltre mezzo secolo dove vita e scrittura si sono incontrate per diventare una cosa sola, mostrandoci cosa significa per uno scrittore emigrare in Scandinavia e vivere in un isolamento linguistico e sociale che è da sempre quello di tutti i migranti.

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E’ morto Luigi di Ruscio, il poeta operaio

  Di Ruscio a Roma nel 2007

Stanotte ci ha lasciato Luigi Di Ruscio, grande poeta del Novecento. Si è spento a Oslo, all’età  di ottantun’anni.

Molto amato da Franco Fortini, Paolo Volponi, Salvatore Quasimodo, che lo definì «uomo d’avanguardia nel senso positivo, cioè della fede nell’attualità  e per la violenza del discorso». Con l’ultimo libro “La neve nera di Oslo” (Ediesse 2010) pubblicato lo scorso anno, Luigi Di Ruscio ha chiuso unàesperienza letteraria durata oltre mezzo secolo dove vita e scrittura si sono incontrate per diventare una cosa sola, mostrandoci cosa significa per uno scrittore emigrare in Scandinavia e vivere in un isolamento linguistico e sociale che è da sempre quello di tutti i migranti.

  Di Ruscio a Roma nel 2007

Stanotte ci ha lasciato Luigi Di Ruscio, grande poeta del Novecento. Si è spento a Oslo, all’età  di ottantun’anni.

Molto amato da Franco Fortini, Paolo Volponi, Salvatore Quasimodo, che lo definì «uomo d’avanguardia nel senso positivo, cioè della fede nell’attualità  e per la violenza del discorso». Con l’ultimo libro “La neve nera di Oslo” (Ediesse 2010) pubblicato lo scorso anno, Luigi Di Ruscio ha chiuso unàesperienza letteraria durata oltre mezzo secolo dove vita e scrittura si sono incontrate per diventare una cosa sola, mostrandoci cosa significa per uno scrittore emigrare in Scandinavia e vivere in un isolamento linguistico e sociale che è da sempre quello di tutti i migranti.

 Nato a Fermo nel 1930, emigra in Norvegia nel 1957 e per quarant’anni lavora a Oslo in una fabbrica metallurgica. La sua storia letteraria è lunga e inizia nei primi anni ’50, quando pubblica la sua prima raccolta di versi Non possiamo abituarci a morire, con prefazione di Franco Fortini. La seconda raccolta, che è del 1966, Le streghe s’arrotano le dentiere, la presenta Salvatore Quasimodo. In quegli stessi anni le sue poesie sono accolte nelle più importanti antologie dell’epoca, tra cui proprio Poesia italiana del dopoguerra di Quasimodo.

 Tra i suoi libri di poesia: Non possiamo abituarci a morire (prefazione di Franco Fortini, Schwarz 1953), Le streghe s’arrotano le dentiere (prefazione di Salvatore Quasimodo, Marotta 1966), Istruzioni per l’uso della repressione (presentazione di Giancarlo Majorino, Savelli 1980), Firmum (peQuod 1999), L’ultima raccolta (prefazione di Francesco Leonetti, Manni 2002), Poesie Operaie (prefazione di Massimo Raffaeli, Ediesse 2007). Tra i suoi testi di narrativa: Palmiro (1° ed. 1986, 3° edizione Baldini&Castoldi 1996), L’Allucinazione (Cattedrale 2008), Cristi polverizzati (prefazione di Andrea Cortellessa, Le Lettere 2009).

 «… che Di Ruscio fosse venuto al mondo nella povertà del vicolo Borgia, a Fermo, che fosse un autodidatta, un muratore disoccupato e poi un militante di base nel Pci di Palmiro Togliatti, che infine fosse emigrato nel ’57 a Oslo per acquisire lo status per lui definitivo di operaio metalmeccanico nella fabbrica fordista (e nel cosiddetto paradiso socialdemocratico), tutto ciò era senz’altro la materia prima, peraltro mai abiurata, della propria condizione personale ma non bastava affatto né basta oggi a spiegare, tanto meno ad esaurire, lo spessore della sua voce poetica, il ritmo e il tono inimitabile della sua pronuncia. La quale è una splendida eccezione, una assoluta singolarità, nel panorama della poesia italiana del secondo Novecento. Non un poeta-operaio come pure e sbrigativamente si è detto tante volte, quasi si trattasse di sommare il sostantivo all’aggettivo, o viceversa, ma un poeta capace di introiettare/metabolizzare/rielaborare la condizione operaia alla stregua della condizione umana tout court. La marginalità, il lavoro in fabbrica, un orizzonte politico che il dopoguerra presto richiude, qui in Italia come altrove, ne sono insieme i fondali e i referenti…» dalla postfazione di Massimo Raffaeli al libro “Poesie operaie” (Ediesse 2007).

  L’intervista a Di Ruscio

http://www.youtube.com/watch?v=SAy2n3rruCU

 La rassegna stampa de “La neve nera di Oslo”

http://www.ediesseonline.it/press/5576

 La rassegna stampa di “Poesie operaie”

http://www.ediesseonline.it/press/1773

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