CGIL: «Sciopero generale ora»

CGIL Inattesa conclusione del Direttivo della confederazione
Stravolte le divisioni congressuali, «discussione vera»

CGIL Inattesa conclusione del Direttivo della confederazione
Stravolte le divisioni congressuali, «discussione vera»

Contrordine, compagni! Il Direttivo della Cgil – il cosiddetto« parlamentino» – si è chiuso in maniera molto diversa da quel che lasciava presagire la relazione introduttiva del segretario generale, Susanna Camusso. Alla fine, le è stato dato un mandato per la proclamazione dello sciopero generale di tutta la confederazione. Unico margine concesso: decidere la data e, forse, le modalità. Ma senza troppi margini.
Al termine di due giorni di dibattito vero, intenso, senza più concessioni alle appartenenze – «minoranza» e «maggioranza» del congresso di Rimini – è arrivata una decisione davvero inattesa. Sono mesi che la Cgil incassa con un mugugno appena accennato cose che in altri tempi l’avrebbero spinta a bloccare tutto il paese. Lo stesso accordo separato sulla «riforma del modello contrattuale» era stato accolto, sì, con un sciopero generale; ma di sole 4 ore e con manifestazioni regionali. Nel lessico sindacale: il minimo della pena per non perdere la faccia.
Di lì in poi, però, una raffica di schiaffi dolorosi. È stato affontato con una certa sufficienza, inizialmente, il «modello Pomigliano»; quasi fosse colpa della Fiom il fatto che l’accordo non fosse modificabile nemmeno con la «firma tecnica» che qualcuno provava a suggerire. Anche dopo Mirafiori – con risultato del referendum in bilico fino all’ultima scheda – c’era stato un supporto sincero, ma tiepido.
Poi la frana. La scuola (e l’università) nemmeno ascoltate durante la «riforma Gelmini». La funzione pubblica, svillaneggiata dal ministro Renato Brunetta, che ha portato sul tavolo un documento da firmare senza neppure consentirne prima la lettura; trattamento identico a quello riservato al sindacato di base Usb. Una vera provocazione, a certi livelli.
Problemi di rapporti in qualsiasi situazione. Poi, ieri mattina, il segretario del commercio, Franco Martini, è salito alla tribuna per spiegare quanto male fosse messa la «no stop» sul contratto di categoria. In pratica, si è alle viste di un altro «contratto separato»; ma nessuno, in questo caso, se l’è sentita di sorridere. Difficile accusare di «antagonismo ideologico» quella categoria.
È saltato il tappo. Come spiegavano poi sia Gianni Rinaldini (coordinatore della minoranza de «La Cgil che vogliamo») che Maurizio Landini, sanguigno segretario genarle della Fiom, «c’è stata finalmente una discussione vera, aperta, costruttiva, che si è conclusa nell’unico modo logico; il mandato a proclamare lo sciopero generale di tutte le categorie».
La relazione iniziale di Susanna Camusso era stata assai meno tranchant. Chi voleva ironizzare, lo faceva dicendo «faremo uno sciopero certamente entro la fine della legislatura». La richiesta di mandato avanzata dalla Camusso, del resto, recitava chiaramente: «uno sciopero generale o una manifestazione nazionale di sabato». Nulla di tutto questo. Pensionati, metalmeccanici, scuola e università chiedevano lo sciopero generale e basta. Altri singoli esponenti di altre categori facevano altrettanto. Fino a raggiungere, ad occhio, la metà del direttivo.
Un solo mandato, dunque. E non discrezionale. La minoranza si è astenuta, infatti: «voteremo sì solo se la data sarà fissata entro il mese di aprile». Mentre dventerà contrario «se fosse rimandato a tempi indefiniti». L’onda anomala sale per il Mediterraneo. Preparate la tavola da surf.

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