Prende il via oggi la Clean Clothes Campaign contro lo “sandblasting” il metodo di sabbiatura del denim che causa la silicosi, grave malattia negli operatori del settore. Su Facebook gli utenti chiamati a diventare attivisti cambiando l'immagine del profilo con il logo della campagna ">

Al via la campagna contro i jeans sabbiati: “La tecnica di scolorimento uccide i lavoratori”

Prende il via oggi la Clean Clothes Campaign contro lo “sandblasting” il metodo di sabbiatura del denim che causa la silicosi, grave malattia negli operatori del settore. Su Facebook gli utenti chiamati a diventare attivisti cambiando l’immagine del profilo con il logo della campagna

Prende il via oggi la Clean Clothes Campaign contro lo “sandblasting” il metodo di sabbiatura del denim che causa la silicosi, grave malattia negli operatori del settore. Su Facebook gli utenti chiamati a diventare attivisti cambiando l’immagine del profilo con il logo della campagna

ROMA – Per essere veramente bello un jeans deve essere un po’ usurato. I dettami della moda ormai da alcuni impongono pantaloni che sembrano già usati in origine. Per questo molte case di moda utilizzano un trattamento detto “sandblasting”, sabbiatura, per scolorire i loro jeans. Una tecnica, però, molto pericolosa, per i lavoratori  che contraggono in soli 6-24 mesi una forma acuta di silicosi, spesso letale. Lo denunciano le organizzazioni aderenti alla Clean Clothes Campaign, che da alcuni mesi hanno iniziato una campagna per dire basta all’uso di questa tecnica e da oggi lanciano la campagna internazionale per l’abolizione dei jeans sabbiati.

“Migliaia fra attivisti, medici, sindacalisti e organizzazioni per i diritti umani chiedono l’immediata eliminazione di questa tecnica- sostengono i promotori dell’iniziativa-. I produttori di denim hanno volontariamente ignorato i continui appelli di sindacati, organizzazioni per i diritti dei lavoratori e associazioni mediche. I grossi marchi internazionali della moda, del calibro di Diesel, Dolce & Gabbana e Armani hanno rifiutato di instaurare un dialogo che portasse all’eliminazione definitiva del sandblasting dalle loro filiere di produzione, dimostrando molta più attenzione verso i loro interessi che verso i diritti dei loro lavoratori”.

La campagna di comunicazione virale per sensibilizzare i consumatori sul tema sarà portata avanti attraverso diversi canali. Prima di tutto i cittadini saranno invitati a inviare una lettera di pressione ai più importanti marchi di moda e a firmare l’appello internazionale rivolto a imprese e governi. Attraverso il social network Facebook, inoltre, verrà chiesto agli utenti di cambiare l’immagine del proprio profilo con il logo della campagna e a inviare foto e video  con lo slogan della campagna. Infine i consumatori critici potranno trasformarsi in veri e propri attivisti scaricando dal sito una “tasca virale” da ritagliare e infilare nei jeans sabbiati in vendita nei negozi alla moda. Tra i marchi incriminati, in particolare Dolce& Gabbana, Armani, Diesel, Replay e Cavalli.

La Clean Clothes Campaign, ribadiscono le associazioni, “chiede ai produttori che ancora vendono jeans sabbiati di eliminare tale tecnica dai loro stabilimenti con effetto immediato e invita i consumatori a prendere parte attivamente alla campagna comunicando alle imprese di abbigliamento la loro indisponibilità a comprare jeans assassini”. Tra gli aspetti più critici secondo gli attivisti il fatto che i pantaloni vengano lavorati in paesi in cui mancano le basilari condizioni di igiene e sicurezza sul lavoro (Bangladesh, Cina, Messico, Pakistan e Egitto) rendendo impossibile per i produttori garantire le procedure di sicurezza. La silicosi è una malattia professionale che si contrae in seguito all’esposizione alla polvere di silice.  La patologia è stata diagnosticata in associazione con la sabbiatura del denim per la prima volta in Turchia nel 2005. Un medico ha osservato che i lavoratori di sesso maschile per lo più giovani che avevano lavorato nelle fabbriche di jeans, contraevano la malattia che in precedenza, era stata associata con il lavoro nelle miniere e nei cantieri edili, nonché con la fabbricazione di vetro e cerami. In Turchia, dove la tecnica è stata proibita nel 2009, gli attivisti hanno già intentato cause legali contro i marchi affinché vengano accertate le responsabilità per i danni provocati e vengano assicurate cure mediche e risarcimenti adeguati alle vittime del sandblasting. Alcune imprese come Levi-Strauss e Hennes & Mauritz (H&M) hanno annunciato che cesseranno la vendita di jeans sabbiati, “segno che un cambiamento di rotta è possibile- sostengono le associazioni-. Anche Gucci ha fornito una strategia chiara per abolire il sandblasting dai suoi stabilimenti. Mancano all’appello le altre imprese italiane contattate da Abiti Puliti che non hanno ancora espresso una posizione chiara e pubblica in tal senso come Dolce&Gabbana, Armani, Diesel, Replay e Cavalli”. Per info http://www.cleanclothes.org/news/killer-jeans%23action (ec)

 

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